A quasi cinquant’anni dalla nascita di Fede e Luce, una delle priorità del movimento è la “missionarietà”. Missionario è chi, per conto di alcune comunità già avviate (rappresentate dalla Provincia che raccoglie un gruppo di comunità di una stessa zona geografica accompagnata da un coordinatore), risponde a quanti chiedono di conoscere direttamente l’esperienza di Fede e Luce e non hanno comunità nelle vicinanze. La sua figura e i suoi compiti non sono menzionati esplicitamente nella Carta e nella Costituzione del movimento: l’esperienza però ha reso necessario individuare alcune persone in grado di raggiungere e seguire chi ha chiesto un contatto. Così è successo in una parrocchia di Terni dove un sacerdote si è fatto promotore della richiesta insieme alle tante famiglie con figli con disabilità che lì incontrava. Oppure in Albania, a Tirana: dalla Francia, una comunità dell’Arca ha chiesto a Kimata (una delle tre province italiane) di accompagnare un gruppo di genitori e amici, con l’assistenza di una suora, ad avviare una comunità Fede e Luce. E ancora in Puglia, nella parrocchia di un paese vicino a quello dove una comunità già si incontra da anni…

Molti sono ancora i luoghi in cui la disabilità è vissuta nella solitudine o nell’oscurità. Così seppure le esigenze delle famiglie nella nostra società sono mutate, il messaggio di Fede e Luce creare legami di amicizia tra persone molto diverse tra loro e poter vivere con gioia del tempo insieme rimane valido per tanti genitori, ragazzi, amici, a volte anche preti e suore, che non aspettano altro nella loro vita. Nel 2021 il movimento festeggerà i suoi 50 anni anche grazie alle nuove comunità nate negli anni e alle persone che hanno trasmesso la gioia di quel messaggio, che non si può tenere nascosto o mantenere tra pochi ma si moltiplica e diviene motivo di incoraggiamento sia per chi inizia a camminare che per chi ha rallentato.

Una delle difficoltà maggiori per chi porta questo messaggio è capire se il terreno dove seminare sia sufficientemente fertile. Alcuni indizi però aiutano a farsi un’idea: l’atmosfera, il desiderio di conoscersi e di stare insieme, soprattutto l’attenzione all’altro e la disponibilità alla collaborazione. Così, quando ci si ritrova al primo invito, le persone arrivano titubanti ma incuriosite, perplesse ma attente, perché il nome Fede e Luce non è associabile subito ad una categoria.

In molti luoghi la disabilità è vissuta ancora nella solitudine o nell’oscurità. Al primo invito le persone arrivano titubanti ma incuriosite, perplesse ma attente.

Ascoltano cosa non è Fede e Luce (perché è più semplice!), come è nata, le storie dei legami di amicizia con i ragazzi, i genitori e gli amici, e di come la propria vita sia cambiata dopo questo incontro. Quando il messaggio di amicizia colpisce, infiamma e supera il concetto di “fare per”, sarà poi il tempo a far capire se quel primo incontro darà vita a una possibile esperienza di comunità. Ognuno è importante e insostituibile in quel primo nucleo, e meglio ancora se, pur poco numeroso, le diverse componenti sono già presenti (amici, ragazzi, genitori, assistente spirituale). Certamente è essenziale la presenza tra loro di qualcuno fortemente motivato che si faccia carico di tenere unite le persone, una sorta di locomotrice per i vagoni di un treno che parte per un lungo viaggio il cui percorso rimane sconosciuto.

Certo non tutti gli incontri danno i frutti sperati: la speranza però non va perduta, insieme alla consapevolezza che il tempo forse non è quello giusto e che potrebbe esserci un altro momento per dare avvio concreto all’esperienza di una comunità. Non è detto neanche che Fede e Luce vada bene per tutti… ma nessun incontro avviene per caso e se la sensibilità c’è qualcosa potrebbe sempre nascere. Raccontava Mariangela Bertolini che quando ha cominciato a far conoscere Fede e Luce distribuiva bigliettini: l’invito ad essere missionari non è riservato a pochi ma è per tutti! E non ci si spaventi di non essere pronti: il manuale da studiare non esiste, bisogna sempre ricordare la gioia del nostro primo incontro in comunità e di come questo abbia cambiato la nostra vita. OL

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 149, 2020

Ombre e Luci 149 copertina

SOMMARIO

Editoriale
Se lo diceva Coco Chanel... di Cristina Tersigni

Focus: Moda e disabilità
La rivoluzione copernicana di Lucas di Giulia Galeotti
Quel che l'abito fa di Nicla Bettazzi
Vedersi in vetrina di Cristina Tersigni
Jillian, la divina di Giulia Galeotti

Intervista
Tranquilla e soddisfatta di me stessa di Francesca Cabrini

Testimonianze
Quaranta occhi puntati su di te di Silvia Gusmano

Dall'archivio
Grazie per avermelo fatto fare da sola di Una mamma

Associazioni
Sfilate da sogno di Cristina Tersigni

Fede e Luce
Chi risponde alle domande di Daniela Guglietta

Spettacoli
Il corpo dell'amore di Cristina Tersigni

Rubriche
Dialogo Aperto n. 149
Vita Fede e Luce n. 149

Libri
La nostra casa è in fiamme di Greta Thunberg
Imperfetta di Andrea Dorfman
Che cos'è una sindrome? di Giuseppe Colaneri
La bambina morbida di Maria Cristina Toccafondi

Diari
Negozi e pantaloni di Benedetta Mattei
Per le strade di Roma di Giovanni Grossi

Chi risponde alle domande ultima modifica: 2020-01-17T11:01:36+00:00 da Daniela Guglietta

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