Chi siamo?
Gente qualunque, chiamata e riunita da coloro che tra noi sono i più piccoli e i più fragili.
Fede e Luce è un movimento di comunità, ognuna delle quali raggruppa circa 30 persone.
Al centro si trovano persone rese fragili da un handicap intellettivo, più o meno grave; vi sono poi i loro genitori e i loro amici.
La persona con handicap può trovare il suo vero posto nelle comunità umane e cristiane; chiamata a donare tutte le ricchezze del suo cuore, la sua tenerezza e la sua fedeltà.
I genitori possono incontrare il sostegno dell’amicizia nelle loro difficoltà, conoscere il loro figliolo in un modo diverso, scoprire la sua bellezza e la sua vocazione.
Gli amici scoprono un nuovo cammino di amicizia e impegno con le persone rese fragili da un handicap scoprendo, ciascuno nell’altro, la presenza di Dio.
Insieme, camminando al cuore della sofferenza, diventiamo portatori di speranza e di unità.
Nel linguaggio di Fede e Luce, Ragazzi sono le persone ferite nell’intelligenza; Genitori, un papà, una mamma sono i loro genitori; Amici sono le altre persone della comunità.
Cosa facciamo?
Viviamo qualcosa insieme: una sconfitta, una sfida, una speranza, rapporti di affetto, momenti di festa… “Impariamo a crescere insieme passo dopo passo, ognuno con il suo ritmo e le sue possibilità lasciando a ciascuno la libertà di avanzare o di fermarsi senza mai imporre nulla”.
Una comunità si riunisce con regolarità per:
Un tempo di incontro e di scambio
Ritrovarsi, parlare insieme, ascoltarsi a vicenda, con parole o attività comuni…stabilire relazioni personali. Scopriamo così le sofferenze e i doni di ciascuno, impariamo a conoscerci e a chiamarci per nome.
Un tempo di festa
In allegria, con affetto, si pranza, si canta, si danza, si gioca… “Si impara a godere della vita, a condividere nella pace e nella gioia, nel disagio e nel dolore”.
Un tempo di preghiera
L’incontro trova il suo compimento nella preghiera e nelle celebrazioni, così “impariamo a conoscere chi ci tiene uniti, il Signore”.
Un tempo di fedeltà (il quarto momento)
Tra un incontro e l’altro i membri della comunità continuano a tessere legami personali ritrovandosi anche per una pizza, un fine settimana, una vacanza, un pellegrinaggio… “Impariamo a sollevare con qualche gesto i genitori dal ritmo quotidiano così pesante in certi casi, a testimoniare concretamente alla persona disabile che è bello trovarsi con lei per un pomeriggio, un’uscita, accompagnamento.”
Dove ci incontriamo?
Sarebbe importante avere un luogo fisso per incontrarsi, possibilmente una parrocchia, dove ci si trova bene e che si conosce bene; ma si può andare di quartiere in quartiere, di parrocchia in parrocchia o quando altro non è possibile, in casa di qualcuno se abbastanza grande.
Le comunità, unite tra loro da legami di amicizia, da incontri, da una Carta e da una Costituzione, cercano di integrarsi nelle attività della società e della Chiesa, in modo particolare delle parrocchie.
Semi di unità
Il movimento, sorto nella Chiesa cattolica, riunisce cristiani di diverse confessioni in molti Paesi e chiunque voglia mettersi in cammino. Le comunità ecumeniche testimoniano che la persona debole e disabile può divenire seme di unità non solo nella società e nella Chiesa ma anche tra le Chiese.
Come avviare una comunità
Prendiamo due o tre persone, armate di buona volontà, di coraggio e di perseveranza, che abbiano il desiderio di “fare qualcosa”, probabilmente perchè legate da qualche filo- o corda- al mondo della disabilità mentale (un genitore, un amico, un sacerdote), che abbiano conosciuto da altri l’esperienza della comunità, che siano stati invitati ad ascoltare una conferenza di Jean Vanier, letto un suo libro e che abbiano scoperto nel messaggio di FL lo spirito che fa per loro. Queste persone cominciano a spargere la voce tra quelli che ritengono potenzialmente interessati, magari nella loro parrocchia se c’è l’appoggio del parroco. Oppure cominciano con il frequentare una comunità vicina e già avviata: conoscere altri è sempre un aiuto per avviare un cammino come questo. Potranno organizzare qualche incontro per approfondire quali scopi può avere una comunità simile; potranno leggere i documenti che ne aiutano a capire lo spirito, ascoltare la testimonianza di chi vive l’esperienza di Fede e Luce.
Meno frequente, ma possibile e auspicabile, che una o più persone di una comunità già avviata decidano di “moltiplicare” – più che dividere – l’esperienza e portarla in un’altra parrocchia o in un’altra realtà.
Piano piano la voce si sparge e a quel punto da quattro si passa a otto; da otto a sedici, ed ecco che la comunità è già partita!
Fede e Luce è
Credere:
- che ogni persona, con handicap o meno, ha in sè una dignità umana e divina che va rispettata e fatta crescere.
- che il valore della persona deve essere cercato al di là della sua apparenza.
- che il valore della vita non è legato alla autonomia o alla produttività.
- che i nostri schemi di comprensione non escludono l’esistenza di altri schemi.
- che nulla più dell’amore può aiutare una persona a dare il meglio di sè.
- che i genitori, anche se forti e coraggiosi, hanno bisogno degli altri.
- che tutti, nessuno escluso, abbiamo bisogno di amare e di essere amati.
- che siamo tutti amati da Dio, così come siamo.
- che questo Amore dà un senso alla nostra vita.
Scoprire attraverso la fede nell’altro:
- che i “piccoli” mettono in noi una luce che ci rivela la nostra vera persona al posto del personaggio che credevamo di essere.
- che questa luce, ricevuta dai più piccoli, ci invita a dare alle cose il loro giusto valore e a rimettere in causa la scala dei valori.
- che la loro presenza nella Chiesa è un appello costante a convertirsi allo spirito delle Beatitudini per testimoniare nel mondo la parola di Gesù: “Beati i poveri”…
- che i piccoli ci obbligano a raggiungerli nella loro semplicità, nella loro limpidezza…
- che essi sono, dunque, un elemento di unione e di verità tra le persone
Con l’augurio che non rimangano parole.
Mariangela Bertolini – tratto da Insieme (1980)
Piccola storia
Nel 1968 alcuni genitori ed educatori, tra i quali Jean Vanier e Marie Hélène Mathieu, decisero di organizzare un pellegrinaggio a Lourdes per persone ferite nell’intelligenza, i loro genitori e i loro amici. Fu la risposta alla chiamata di una coppia, Camille e Gerard, genitori di Thadee e Loic, colpiti da un handicap mentale, ai quali era stata precedentemente negata l’ospitalità in un pellegrinaggio diocesano e in albergo proprio a causa della condizione dei due bambini. Tre anni dopo, nel 1971, si ritrovarono intorno alla grotta di Massabielle 12000 persone provenienti da 15 nazioni per la festa della Pasqua.
4000 di loro avevano un handicap mentale.
Tre giorni di preghiera, festa, di incontro senza frontiere di paese, di età, di intelligenza, di ambiente.
I pellegrini, che avevano spesso vissuto situazioni di grande sconforto, conobbero a Lourdes un’esperienza di gioia e comunione profonda. Al ritorno continuarono a ritrovarsi regolarmente in piccole comunità.
Le comunità, nel tempo, si sono diffuse e moltiplicate. Oggi sono 1500 in tutti i continenti del mondo, anche di diverse tradizioni cristiane. In Italia 59.
Nel 2015 Fede e Luce festeggia i suoi 40 anni in Italia ed un anno dal riconoscimento del suo statuto come associazione ecclesiale da parte della Conferenza Episcopale Italiana che rileva l’importanza del suo impegno per aiutare le persone con handicap mentale e le loro famiglie a trovare il posto nella vita ecclesiale e nella società attraverso i momenti che costituiscono l’essenza del suo carisma: la preghiera, l’incontro, la festa.
Lettera di Paolo VI ai pellegrini di Fede e Luce Roma, 25 ottobre 1975
Voi avete un posto particolare nel cuore del Cristo Gesù che vi dice: “Venite a me e vi consolerò… (Mt.11). Voi avete un posto scelto nella Chiesa, dove la vostra fede semplice, la vostra preghiera, il vostro sguardo in cerca di affetto, il vostro cuore generoso ricordano ai cristiani il cammino essenziale per andare a Dio.
Voi avete un posto nella società degli uomini, tra i quali, grazie a Dio, contate molti amici, legati a voi, che vi sostengono e contano su di voi.
Lettera di Giovanni Paolo II ai pellegrini di Fede e Luce Lourdes, Pasqua 1981
L’accoglienza e le cure che prestate al vostro figlio o al vostro amico handicappato vi hanno impegnato il cammino difficile ed esigente, che porta con sé ogni giorno le sue “ombre” e le sue “luci”. Voi avete compreso l’importanza che ha l’ambiente familiare per la persona handicappata o almeno, quando quest’ultimo non è possibile, di un’istituzione o di una piccola comunità che si avvicini al modello della famiglia, nella quale i rapporti personalizzati ed il calore umano permettono di soddisfare, come conviene, il suo profondo bisogno di amicizia e di sicurezza, sviluppando le sue qualità umane, morali e spirituali, nella misura del possibile.
Lettera di Giovanni Paolo II ai pellegrini di Fede e Luce Lourdes, Pasqua 1991
È tutta la società che deve, come già lo fa a volte, cambiare atteggiamento ricordandosi che sarà giudicata secondo lo sguardo che porta sulle persone più deboli. Una persona handicappata deve poter sentire che non è mai né sola né inutile. Il messaggio di Pasqua è un messaggio di Fede e Luce. Il Signore ci chiede di aprirci alla sua vita di Risorto che illumina ed irradia della sua presenza tutte le cose create perché noi possiamo dire con il salmista: “È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”. (Sal 35,10)
Giovanni Paolo II ai pellegrini di Fede e Luce Lourdes – Pasqua 2001
Con tutto il mio affetto, invoco su di voi, su coloro che vi accompagnano e su quanti non sono potuti venire, la forza del Signore resuscitato, perché renda ciascuno capace di continuare con coraggio e gioia a testimoniare l’amore di Dio nel mondo. Possiate voi, seguendo l’esempio di Bernadette, accogliere e far fruttificare sempre più la Buona Novella, di cui la nostra umanità ha tanto bisogno!
Papa Benedetto XVI all’Ass. Gen. di Fede e Luce, Lourdes, ottobre 2008
(…) “Il Papa si rallegra profondamente perché in tutto il mondo tante famiglie si danno la mano per sostenersi e offrire insieme una testimonianza attesa sul valore infinito di ogni vita umana, anche la più fragile. Possa, ciascuno, essere sempre guidato e sostenuto dalla convinzione che i discepoli di Cristo devono, nella loro missione, esprimere un amore che essi avranno prima attinto dal cuore del Salvatore.”
Papa Francesco marzo 2013
La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell’ignoranza… del pensiero, di ogni miseria. Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e si ammala… (…) La Chiesa autoreferenziale pretende un Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire. Fa pena vedere tante parrocchie chiuse, bisogna uscire, bisogna andare incontro agli altri per portare la luce e la gioia della nostra fede. Bisogna uscire sempre con l’amore e la tenerezza di Dio.
Papa Francesco 4 ottobre 2013
Il cristiano adora Gesù; il cristiano cerca Gesù; il cristiano saprà riconoscere le piaghe di Gesù. E oggi tutti noi, qui, abbiamo la necessità di dire: “Queste piaghe devono essere ascoltate!”. Ma c’è un’altra cosa che ci dà speranza. Gesù è presente nell’eucaristia, qui è la carne di Gesù; Gesù è presente fra voi: e la carne di Gesù sono le piaghe di Gesù in queste persone.
Papa Francesco, 29 marzo 2014
Ecco le due culture opposte: la cultura dell’incontro e la cultura dell’esclusione, del pregiudizio. La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella chiesa e nella società.
Beniamino Gnappi Fidenza – Kimata
Io vado volentieri a Fede e Luce perché è una specie di famiglia di Gesù che insieme svolge tante attività tipo i giochi o i pranzi. Io vado a Fede e Luce anche perché sono messaggero della gioia e ho il cuore buono. Vado lì anche perché ho imparato ad amare gli altri come Lui ha amato me.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.130