Quaranta occhi puntati su di te. Una lavagna super tecnologica, mai vista prima, alle tue spalle. Dieci ore a settimana, per nove mesi, da trascorrere con quei piccoli sconosciuti pieni di aspettative.

È dirompente l’impatto con l’insegnamento: un secondo primo giorno di scuola che non scordi più. Il giorno in cui inizi ad imparare ciò per cui nessuno ti ha preparata: cosa fare dietro una cattedra e come farlo. Non una volta per tutte (magari!), ma ora per ora, materia per materia (nel mio caso, italiano, storia e geografia); classe per classe (alle medie arrivano bambini ed escono adolescenti); e soprattutto alunno per alunno, famiglia per famiglia, problema per problema, talento per talento. Un mare magnum da capogiro in cui cerchi disperatamente punti di riferimento: colleghi competenti, indicazioni ministeriali comprensibili e poco altro.

Io, che ho iniziato cinque anni fa, tuttavia, sono una privilegiata, perché ho avuto una maestra d’eccezione: Fede e Luce. Una maestra discreta: ho impiegato un bel po’ di tempo a riconoscere il suo zampino in tante decisioni e strategie che ritenevo frutto dell’intuito. Una maestra a più livelli. Prima di tutto, per gli alunni con disabilità. Ne ho avuti fino a tre nella stessa classe. Alunni che non riescono a star seduti, fermi o in silenzio per più di dieci minuti; che all’ultima ora gattonano per l’aula; che non possono in alcun modo seguire la lezione di grammatica o di storia che hai programmato per quel giorno. Che si fa? Ovviamente non sei a una casetta in comunità, l’ambiente dentro, ma soprattutto fuori, è ben più ostile, eppure ricordare i tanti cerchi che hai preparato, i pomeriggi domenicali di giochi e il risveglio in vacanza accanto a Pippi, a Minni, a Simona o a tanti altri, ti è di grandissimo aiuto: le attività vanno calibrate anche sulle loro esigenze e costruite a partire dai loro gusti, dai loro punti di forza. Non sempre, sarebbe impossibile, ma spesso! E così, come ho imparato nella mia vecchia scuola a Monterotondo (eSpazia) largo ai laboratori, ai lavori pratici o di gruppo, alla realizzazione di prodotti in cui ciascuno possa mettere il suo: disegnando, scrivendo, rimando, suonando, cantando, dicendo barzellette, giocando a pallavolo, coltivando, inventando, mascherandosi, danzando, raccontando. Tutto questo, chiaramente, al netto di spazi, risorse e tempi che sono e saranno sempre insufficienti.

E veniamo al secondo livello in cui Fede e Luce è stata maestra ante litteram, perfettamente in linea con le direttive ministeriali attuali. Valorizzare abilità, interessi e caratteristiche dei singoli, non è solo la strada da seguire con gli alunni con disabilità. È la strada per insegnare. A meno di non voler rendere la scuola un’esperienza piatta, noiosa e in alcuni casi dolorosa. Se una comunità funziona, tutti si sentono accolti e tutti hanno un loro spazio per esprimersi e mettersi in gioco. Premessa indispensabile è l’attenzione reciproca. Conoscere una classe è come misurarsi con la mappa di una metropoli mai visitata prima. Per me, che non ho senso dell’orientamento, servono tempi lunghi e pazienti e un’osservazione profonda che continuamente passi dall’analisi del dettaglio alla visione d’insieme. A volte, infatti, sono proprio i dettagli a fare la differenza. Piccoli indizi che ti permettono di orientarti. La richiesta di un alunno può celarsi nella frase sgrammaticata di un tema o in una battuta urlata nel chiasso della ricreazione. Le sue passioni, i suoi desideri, le sue difficoltà non sempre sono facili da scovare, ma quando li individui, se li tieni a mente come punti di riferimento, la mappa diventa familiare e ti muovi nella classe con più disinvoltura, non come una turista sprovveduta.

Altro discorso è incoraggiare loro ad essere attenti e gentili gli uni verso gli altri. È difficile per noi adulti, sempre di corsa e così attaccati alle nostre certezze…figuriamoci per degli adolescenti: hanno un’età in cui al centro del mondo ci sono loro stessi e hanno spesso modelli assai lontani da valori come solidarietà e rispetto reciproco. In questo, i ragazzi con disabilità sono maestri d’eccezione. La loro presenza in classe, se ben mediata (un grande se!), consente agli altri di sperimentare quotidianamente i frutti di una relazione attenta e sincera. Ricordo la gioia di Andrea quando Olivia, che a causa della balbuzie e di un lieve ritardo, rifiutava di parlare davanti a tutta la classe, ha deciso in terza media di recitare al suo fianco nei panni di Perpetua: era riuscito a convincerla, laddove noi adulti avevamo sempre fallito.

A fronte di esperienze felici e successi raggiunti, naturalmente, ci sono lunghi elenchi di flop clamorosi e tragici errori. E ci sono i giorni in cui la pazienza è poca e fai un urlo a chi non dovresti o liquidi in fretta un alunno che ti vuole parlare perché devi finire un verbale. Dubbio e senso di inadeguatezza sono compagni fedeli dell’insegnante che però impara presto, soprattutto se ha frequentato Fede e Luce, che non dobbiamo essere perfetti per valere.

Infine, Nicla: l’ultimo livello, il più prezioso. Un’amica e mamma di Fede e Luce, insegnante di lettere delle medie, che mentre io vivevo il mio secondo primo giorno di scuola, iniziava ad assaporare le gioie della pensione dopo quarant’anni dietro, o meglio davanti, a una cattedra. Di fronte al mio spaesamento, non ci ha pensato due volte: “Vengo io in classe con te – mi ha detto – conosco i ragazzi e facciamo un bel progetto ad hoc su di loro: vedrai in due è tutto più facile!” Da allora non mi ha più mollata, mi ha seguita fuori Roma, in tutte le classi più difficili, un progetto nuovo sempre in tasca e all’uscita di scuola, davanti al meritato caffè, lo stesso immancabile commento: “Che ragazzi carini, proprio un bel gruppo, vedrai che faremo un gran lavoro!”.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 149, 2020

Ombre e Luci 149 copertina

SOMMARIO

Editoriale
Se lo diceva Coco Chanel... di Cristina Tersigni

Focus: Moda e disabilità
La rivoluzione copernicana di Lucas di Giulia Galeotti
Quel che l'abito fa di Nicla Bettazzi
Vedersi in vetrina di Cristina Tersigni
Jillian, la divina di Giulia Galeotti

Intervista
Tranquilla e soddisfatta di me stessa di Francesca Cabrini

Testimonianze
Quaranta occhi puntati su di te di Silvia Gusmano

Dall'archivio
Grazie per avermelo fatto fare da sola di Una mamma

Associazioni
Sfilate da sogno di Cristina Tersigni

Fede e Luce
Chi risponde alle domande di Daniela Guglietta

Spettacoli
Il corpo dell'amore di Cristina Tersigni

Rubriche
Dialogo Aperto n. 149
Vita Fede e Luce n. 149

Libri
La nostra casa è in fiamme di Greta Thunberg
Imperfetta di Andrea Dorfman
Che cos'è una sindrome? di Giuseppe Colaneri
La bambina morbida di Maria Cristina Toccafondi

Diari
Negozi e pantaloni di Benedetta Mattei
Per le strade di Roma di Giovanni Grossi

Quaranta occhi puntati dritti su di te ultima modifica: 2020-02-28T10:01:46+00:00 da Silvia Gusmano

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