Mia figlia ha quaranta anni. Fin da quando è nata e poco dopo, da quando abbiamo saputo che il suo handicap non le avrebbe mai permesso una vita completamente autonoma, l’abbiamo circondata con tutto il nostro amore e la nostra dedizione.
I miei genitori sono vissuti insieme a noi fino a quando sono morti e anche loro l’hanno sempre protetta e «viziata» in tutti i modi. Mia figlia è cresciuta perciò in un ambiente affettuoso e pieno di sollecitudine ma, d’altra parte, è cresciuta anche sotto una campana di vetro. Ora che ho quasi settanta anni e che mi rendo conto quanto il tempo mi scappa, ora che con più frequenza penso al momento in cui non ci sarò più, capisco quante cose avrei potuto insegnare prima a mia figlia per renderla più autonoma. Lei desiderava questa autonomia, ma io ero troppo ansiosa, troppo timorosa, e troppo occupata per dargliela.
Furono gli amici di FEDE E LUCE, e i campeggi vissuti da mia figlia insieme a loro, che mi fecero capire che poteva dare di più a livello pratico, e da sola , e che dovevo aiutarla in questo senso. Oggi vorrei dire a tutti i genitori: « abbiate coraggio, azzardate, siate vigili, ma fate in modo che vostro figlio impari il più possibile a «fare da sè». Ci si pensa troppo poco: questo è un grosso errore sia da parte di noi genitori che da quella degli operatori che si occupano dei nostri ragazzi.

Quando mia figlia mi disse per la prima volta: «grazie, mamma, che me lo hai fatto fare!» io capii con rammarico di avere sempre sottovalutato le sue possibilità di autonomia. Voglio dire questo anche pensando a tutti quei ragazzi che potrebbero fare molto di più se non fossero superprotetti dalle loro famiglie. Anche io sono stata una mamma «chioccia» e ce ne è voluto del tempo — sicuramente troppo — per capire che stavo sbagliando. Si dice che non è mai troppo tardi per imparare, ma questa massima non aiuta noi genitori. Ci vuole il coraggio.
Ecco i momenti del mio coraggio: mia figlia — era già grande — non aveva mai attraversato la strada da sola. Ora lo fa, ma in questo modo: abitiamo al terzo piano e abbiamo il semaforo sotto casa. Io mi affaccio alla finestra e le dico quando può attraversare. La strada è breve, ma può essere pericolosa. Ora però sta imparando e ho la speranza che tra poco possa attraversare da sola.

Lungo il marciapiede dove si trova il nostro portone ci sono vari negozi e mia figlia, pur non conoscendo il valore del denaro, va spesso a fare piccole spese. Questo le dà gioia e soddisfazione. Altri momenti significativi in cui lei si sente importante sono quando, per ragioni di salute, io ho bisogno di lei: mi aiuta a mettermi le calze, a vestirmi, mi fa massaggi, ecc. ecc. Inoltre fa il caffè, si scalda il latte per la merenda ed altre piccole cose. La sera va a vedere che il gas sia chiuso, che la televisione sia spenta.
Tutte queste cose, anche se sono poche, potevano essere state già imparate da tempo se io avessi dato a mia figlia la possibilità di mettere in pratica le sue capacità.

Una mamma, 1993

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.43, 1993

Sommario

Editoriale

Si fa sera di Mariangela Bertolini

Se la notte è agitata

Prima di andare a letto intervista a M.Réthoré
Se dorme male di D. Laplane
Di notte bagna... di P. Lemoine
Io grido verso te

Altri Articoli

Imparando a vivere bene con Jimmy di M.S. Tomaro
Viviamo da soli intervista a Romolo e Remo
Quando i genitori si rimboccano le maniche di Antonio e Milena
Ce l'abbiamo fatta di Milena

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Proviamo un'altra volta

Libri

Cammino di preghiera, M. Quoist
Esploderà la vita, AA.VV.
La cinquataseiesima colonna, M.Gillini e M.Tonni
La forza del debole, E. Robertson

«Grazie per avermelo fatto fare da sola» ultima modifica: 1993-06-21T10:51:48+00:00 da Redazione

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