Avviso: inchieste promosse dall’Arca internazionale hanno accertato gravi responsabilità di padre Thomas Philippe (la prima nel 2015) e di Jean Vanier (2020) nei confronti di diverse donne. Qui il comunicato più recente che condanna senza riserve queste azioni «in totale contraddizione con i valori che Vanier sosteneva» e con «i principi fondamentali delle nostre comunità».

L’autista più illustre

Quei giorni trascorsi a Trosly ospiti di Jean e dell’Arca
Madonnina all'ingresso dell'Arca di Trosly

Tutto potevo aspettarmi quando Giulia mi propose di accompagnarla a Trosly da Jean Vanier (allora ero anche uno dei due coordinatori della comunità di Fede e Luce di San Roberto a Roma, figuratevi che emozione!) ma mai al mondo avrei immaginato che quell’uomo, di cui avevo sentito così tanto parlare e di cui avevo letto qualche libro, potesse farci niente meno che da autista! In macchina, mentre andavamo alla messa di una comunità di un paesino vicino, Giulia stava seduta davanti accanto a Jean che guidava, mentre io da dietro gustavo la scena di un santo al volante che parlava di “people with disabilities”, Dio e comunità con la mia migliore amica.

Spesso i santi ce li immaginiamo avvolti da un’aura mistica che quasi li stacca da terra: non è così. La santità impasta cielo e terra per fare «nuove tutte le cose» anche le più banali, le più ordinarie, quei gesti che compiamo mille volte al giorno ma che nelle mani di un santo come Jean acquistano un sapore diverso, il profumo di Dio.

«È importante non fare cose straordinarie ma cose molto ordinarie con un amore straordinario» diceva: non è uno slogan pubblicitario, questo è ciò che ho visto con i miei occhi fare a Jean Vanier in quei giorni di ferie di fine gennaio del 2012 trascorsi a Trosly–Breuil per e con Giulia. Mentre guardavamo e ascoltavamo quello che ci girava intorno in quel paesino nel nord della Francia, vedevamo i ragazzi della nostra comunità e le speranze delle loro mamme, pensavamo alla nostra realtà e a quello che c’era e c’è ancora da fare.

Al centro di tutto, l’amore, quello vero, quello di Dio per l’essere umano, quell’amore che è fatto di potenza e tenerezza insieme, che si concretizzava, davanti ai nostri occhi, nel più bel “come” possibile! Quello che avevamo letto nei libri di Jean e che gli avevamo sentito dire agli incontri, lì lo abbiamo toccato con mano, come Tommaso quando mette il dito nel costato di Gesù e lì trova la sorgente del suo essere che prorompe nella più bella professione di fede: «Mio signore, mio Dio».

Quando Jean scrive e ripete che ogni persona è importante, che ognuno di noi è un dono, tutti, nessuno escluso, anche quelli che il “mondo” mette ai margini della società, perché persone con disabilità (e attenzione: Jean non parla mai di “disabili” perché la disabilità non identifica la persona ma sempre e solo di persone con disabilità, persone appunto!), quando sostiene che a ciascuno va rivelato il suo essere unico e prezioso agli occhi di Dio, il suo essere figlio amato, ecco tutto questo noi l’abbiamo visto a Trosly. 

Quel che avevamo letto nei libri di Jean e che gli avevamo sentito dire agli incontri, lì l’abbiamo toccato con mano. Come Tommaso quando mette il dito nel costato di Gesù.

L’abbiamo visto nei laboratori dove i ragazzi lavorano la ceramica o cucinano le marmellate, ognuno per quello che può e per come può, così come nei campi dove coltivano frutta e ortaggi perché il lavoro, all’Arca, restituisce all’uomo la dignità che agli occhi del mondo il suo essere disabile gli toglie.

L’abbiamo visto a tavola, dove ognuno ha il suo compito tra apparecchio, sparecchio e lavaggio dei piatti, e il suo posto; nelle stanze dei ragazzi, tutte personalizzate e mai anonime perché l’Arca non è un istituto ma una casa famiglia dove ogni persona è accolta e amata per quello che è e rispettata nei suoi bisogni e nei suoi gusti.

L’abbiamo sentito nel foyer, dove anche le persone con le disabilità più gravi hanno la giornata scandita tra un tempo in cui stare fuori e un tempo in cui stare dentro casa, perché nessuno all’Arca è parcheggiato, nemmeno noi “forestiere” in visita, come se fosse la cosa più naturale del mondo aggiungere un posto a tavola, sedere accanto a sconosciute, parlare lingue diverse (e vi assicuro che la lingua non è un problema a Trosly: io che parlo poco e male l’inglese mi sentivo perfettamente in sintonia con tutto quello che mi circondava perché le parole parlate non sono tutto!).

E, principio e fine di ogni cosa, quel motore che ha acceso la vita di Jean l’abbiamo assaporato nella solenne pienezza della messa quotidiana, cuore pulsante delle giornate a Trosly, celebrata in una chiesetta ricavata da una stalla (ricorda qualcosa?), decorata con una piccola vetrata regalata a Jean dalla comunità di Taizè.

Nicla Bettazzi, la mamma di Massimiliano, ha scritto una volta che «Fede e Luce non è fare per ma stare con»: ecco, io non saprei descrivere con parole migliori il “come” di Jean. Lui stava. Stava con i ragazzi quando, alto com’era, li abbiamo visti a Trosly arrampicarglisi addosso. Stava con Dio quando ascoltando la messa l’abbiamo visto assorto e raccolto e trasfigurato, come se ricaricasse le batterie del suo spirito per portarsela dietro quella Parola in ogni singola ora delle sue giornate, in comunità come nei grandi eventi internazionali, per continuare a fare le cose ordinarie, come lavare i piatti, guidare, prendere il tè e chiacchierare, in un modo del tutto straordinario. Il Suo. 

L’autista più illustre ultima modifica: 2019-08-02T06:49:06+00:00 da Serena Sillitto

Jean Vanier
Dottore in filosofia, scrittore, leader morale e spirituale e fondatore di due importanti organizzazioni internazionali basate sulla comunità, "L'Arca" e "Fede e Luce", dedicate alle persone con disabilità, soprattutto mentale. Inchieste promosse dall’Arca internazionale hanno accertato gravi responsabilità di padre Thomas Philippe (la prima nel 2015) e di Jean Vanier (2020) nei confronti di diverse donne. Qui il comunicato più recente che condanna senza riserve queste azioni «in totale contraddizione con i valori che Vanier sosteneva» e con «i principi fondamentali delle nostre comunità».

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