Ho davanti a me un’altalena per bimbi piccoli, gialla e verde, che dondola tristemente vuota. La guardo da qualche giorno con una grande mestizia perché mi fa pensare ai tanti bambini non nati, ai milioni di bambini che muoiono per fame nel nostro povero mondo (uno ogni tre minuti), ai genitori che li desiderano e non li possono avere, a quelli che non li vogliono perché non è ancora il momento, a quei bambini che vorrebbero tanto un’altalena e che sono costretti a giocare fra l’immondizia, a quelli maltrattati e abusati…

E ripenso alla nascita del Bambino che presto festeggeremo (o abbiamo appena festeggiato) in quel modo sempre più superficiale e lontano da quello che Lui è venuto a insegnarci e a portarci come buona notizia.

E ripenso ad Erode e alla strage degli innocenti che quella nascita ha avuto come primo atroce effetto.

Noi — in generale — ci sentiamo vicini ai pastori e ogni anno vogliamo incamminarci dietro a loro, compagni di viaggio lontani nel tempo ma che l’emozione natalizia ci fa sentire vicini e solidali per una notte.

Erode era un malvagio. Così pensiamo perché vogliamo tenere lontano il male, almeno per questa notte.

Che cosa sembrano dirci gli occhi di quel Bambino che ci guardano pieni di immenso amore? Forse, quello sguardo che immaginiamo benevolo e pieno di tenerezza, ci invita ad andare a fondo nel nostro cuore e ci sprona a non fermarci come sempre alla parte emotiva che la Notte Santa ci ispira. Forse Lui vorrebbe che prendessimo coscienza che quasi in tutti noi alberga un po’ di Erode. Noi non facciamo il male, ma il male ci circonda ed entra nelle nostre case oggi più che mai e ci lascia sbigottiti, increduli, disgustati, ma anche inerti. Ci scusiamo: “Che cosa posso fare io? Come posso impedire che certe orribili cose non avvengano?”

Comunque sia, il più delle volte, restiamo passivi. Non con le parole — di quelle il Bambino Gesù non sa che farsene — possiamo ostacolare il male che imperversa sui piccoli bimbi che ci guardano innocenti…

Tutti noi, se ci pensiamo bene, recandoci in silenzio alla grotta, possiamo cambiare qualcosa. Siamo chiamati a seguire la luce non le tenebre che ancora l’avvolgono. E quella luce illuminerà il nostro cuore e gli mostrerà in quale modo, da subito, cambiare l’inerzia in gesti concreti di vicinanza, di “farsi prossimo”: cominciando col vivere una vita più sobria per fare uscire dalla nostre mani quel superfluo così enorme rispetto a chi muore di fame; accogliendo concretamente chi ci sembra un estraneo; prestando un po’ del nostro tempo a neo-mamme in difficoltà; a bambini soli e abbandonati negli istituti; sostenendo con regolarità associazioni come GEMMA), o altre che si occupano del Terzo mondo…

Il prossimo anno, all’avvicinarsi del Natale, potremo forse incamminarci verso la capanna di Betlemme accompagnati da questi nuovi amici che ci faranno da guida perché conoscono la strada meglio di noi.

M. Bertolini, 2009

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

Tutti gli articoli di Mariangela

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.108

Sommario

Editoriali

Pensando alla nascita di Gesù di M. Bertolini
Riflessi di luce nell’ombra di R.A.

Dossier: l’intimità del corpo

Maria non ha il senso del pudore di J. e C. Santagostini
Condividere l’intimità del proprio figlio di A. Jarry
Di fronte alla nudità non è facile di Myriam

Altri articoli

Vita tra fratelli di Federico Girelli
Come il ferro con la calamita Laura Nardini
La disabilità dell’informazione E. De Rino
Ricordo di Alda Merini Pennablù

Rubriche

Dialogo Aperto

Libri

Niente giochi nell’acquario, C. Lord
In cerca del padre, G. Galeotti
La musica segreta della terra, M. Stracham
Contro l'eutanasia, L. Israèl
Ma io che c’entro?, G. Albanese

Pensando alla nascita di Gesù ultima modifica: 2009-12-10T13:29:55+00:00 da Mariangela Bertolini

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