Gwenni è una bambina di dodici anni con calzettoni di lana inzuppati dalle corse sugli umidi prati del Galles e con grandi occhi verdi che interpretano con assoluta innocenza gli eventi che la circondano. Innocenza che è quasi un velo che copre la realtà, la addolcisce, la trasforma e la giustifica nella sua mente, come del resto accade alla maggior parte dei bambini, spesso per difesa, spesso per incapacità di concepire il male. È la loro chiave di lettura del mondo che li circonda, l’unica che consente loro di fermarsi sul singolo particolare e giustificarlo, senza coglierne significati ulteriori, a volte terribili ed insopportabili.

Gwenni ama molto leggere libri e scrivere storie, è convinta di saper volare e di dover riscattare l’anima della volpe di pelliccia, non ha timore del matto del villaggio, né delle tombe del cimitero, non le interessano i maschi, né le gonne larghe; alcuni dicono sia una bambina . Ogni volta questa parola fa trasalire la mamma che è incapace di cogliere l’innocenza di Gwenni, vedendo ovunque lo spettro imminente della malattia mentale che attanaglia se stessa, seppur in modo latente, e che in passato ha già portato la nonna al suicidio. Così basta il compiersi di alcuni eventi (emotivamente forti), che alterano la routine quotidiana, a rendere insostenibile la realtà e a innescare un processo progressivamente crescente che manifesta in tutta la sua violenza il male della mamma.

Il libro è un romanzo che coglie delicatamente un tempo di passaggio sia in senso fisico che figurato: dall’innocenza alla pubertà di Gwenni; il tempo dei segreti lascia il passo alla verità — presente sullo sfondo da sempre — ma che solo pian piano si disvela ai suoi occhi.

L’Autrice ha una sorprendente capacità nel delineare pacatamente un quadro familiare, probabilmente molto più frequente di quanto spesso ci si fermi a riflettere, ove i bambini, nati in seno a famiglie che convivono con la malattia mentale, sono quasi assuefatti ad atteggiamenti quotidiani allarmanti (occhiate, strattoni, scatti di nervi, parole violente) e alle modalità di cura (silenzi imposti, tempi di riposo, assenze, pasticche), senza che ciò tuttavia plachi l’immenso dolore con cui sono destinati a convivere, spesso nell’incapacità di esprimerlo.

Valeria Mastroiacovo, 2009

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.108

Sommario

Editoriali

Pensando alla nascita di Gesù di M. Bertolini
Riflessi di luce nell’ombra di R.A.

Dossier: l’intimità del corpo

Maria non ha il senso del pudore di J. e C. Santagostini
Condividere l’intimità del proprio figlio di A. Jarry
Di fronte alla nudità non è facile di Myriam

Altri articoli

Vita tra fratelli di Federico Girelli
Come il ferro con la calamita Laura Nardini
La disabilità dell’informazione E. De Rino
Ricordo di Alda Merini Pennablù

Rubriche

Dialogo Aperto

Libri

Niente giochi nell’acquario, C. Lord
In cerca del padre, G. Galeotti
La musica segreta della terra, M. Stracham
Contro l'eutanasia, L. Israèl
Ma io che c’entro?, G. Albanese

La musica segreta della terra – Recensione ultima modifica: 2009-12-10T12:58:25+00:00 da Redazione

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