La storia dell’amicizia con Massimiliano è iniziata più di dieci anni fa. Frequentavo la comunità di San Roberto già da qualche mese, ma il mio approccio timido alla scoperta di nuove socialità, unito alla ponderatezza con cui Massi stesso sonda il terreno prima di lanciare segnali di simpatia, aveva fatto sì che osservassi solo da lontano il dondolio di quel ragazzone biondo, che amava starsene nella zona di confine tra isolamento e partecipazione.

Quel giorno, all’improvviso, ci siamo ritrovati vis-a-vis in uno dei suoi angoli d’elezione, ci siamo guardati, mi ha fatto uno dei suoi sorrisoni solari, che poi mi sarebbero diventati così familiari. “Come ti chiami?”. “Massimiliaaanoo”, altro sorriso: era cominciato il nostro percorso di amicizia che non si è più interrotto.
Ripensando a questi dieci anni, faccio fatica a fermare il tourbillon di immagini che si accavallano in ordine sparso, accomunate dalla sensazione di quotidianità condivisa, resa via via possibile dal senso di agio e accoglienza che ho immediatamente percepito nel frequentare la casa di Massi, ma anche nello stare fuori, per strada tra la gente, nei viaggi e nei locali, nel vivere assieme i campi estivi.

Fede e Luce in generale e Massi in particolare sono stati e sono per me formazione continua. Uno dei momenti centrali è stato partecipare alla preoccupazione della madre per il futuro del figlio, seguendone l’evoluzione nel tempo: la trasformazione dell’assillo in progettualità, dell’angoscia in forza d’animo, della durezza del dover immaginare anzitempo certi dettagli, in lucida e determinata capacità di cogliere l’essenza della vita, le cose importanti per la presente e futura vita del figlio fragile.
Gradualmente e naturalmente, mi sono trovato a essere parte di tale visione, basata sulla volontà di voler preservare per Massi l’attuale qualità della vita, ma soprattutto il diritto a trascorrerla nella sua casa. Forse sta proprio qui la forza e la visionarietà ambiziosa di questo progetto genitoriale: voler garantire al figlio ciò che per qualunque persona normodotata non si metterebbe mai in discussione; continuare a vivere nella propria casa, proseguire a fare le cose che danno un senso e un ritmo alla propria esistenza. Nel caso di Massi frequentare la piscina, andare a cavallo, fare musica, scrivere con la logopedista, vedere gli amici, camminare, cantare tra le mura domestiche.

Massi ha una diagnosi severa, non è autonomo, alterna periodi in cui inonda il mondo di sorrisi a giorni in cui mette seriamente alla prova la pazienza di chi gli sta vicino. La forza visionaria dunque non basta: è necessario individuare una soluzione che sia ancorata alla realtà, che permetta progettualità concreta. Lo strumento giuridico che, dopo consulti e indagini, è stato scelto per il futuro di Massimiliano è il Trust in favore dei Soggetti Deboli, istituito tramite la legge 112/2016 del “Dopo di Noi”: un atto inter vivos che permette di vincolare determinati beni nell’esclusivo interesse della persona debole secondo un documento puntuale redatto dal genitore disponente che descrive la vita che bisognerà garantire al beneficiario. Oltre agli strumenti giuridici e alla visione, servono però anche persone che facciano sì che il progetto di vita non rimanga un sogno. E quindi eccomi qua, futuro trustee, catapultato in un domani che tutti vogliamo sia il più lontano possibile; ed ecco le future guardiane che, a dispetto del nome giuridico evocante le severe guardie della rivoluzione iraniana, saranno i riferimenti con i quali confrontarsi per scegliere la strada giusta. E poi, intorno, l’humus fertile costituito da collaboratori e amici.

Sono orgoglioso, preoccupato, gratificato, timoroso e tanto altro per questo ruolo un po’ da pioniere. Ma se da sempre scambiano me e Massi per fratelli, forse una ragione c’è.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 151, 2020

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SOMMARIO

Editoriale
Nutrire talenti di Cristina Tersigni

Focus: Viaggio nell'arte
Il linguaggio dell’arte di Marta de Rino ed Eleonora Secchi
Metti da parte la fretta di Gianni Verni
Ferma lo sguardo di Cristina Tersigni
Estemporanea e personale di Giorgiana Tinazzo
Buongustaio dell’arte di Cristina Tersigni

Intervista
Il diritto a un libro vero di Giulia Galeotti

Testimonianze
Forse una ragione c'è di Stefano Nasuti

Dall'archivio
Un pomeriggio chiamato laboratorio di Francesca Polcaro

Associazioni
Museo per tutti di Cristina Tersigni

Fede e Luce
Noi, non io di Serena Sillitto

Spettacoli
Accarezzando insieme l'erba di Enrica Riera

Rubriche
Dialogo Aperto n. 151
Vita Fede e Luce n. 151

Libri
Il cuore è una selva di Novita Amadei
Il chiosco di Anete Melece
Malintesi di Bertrand Leclair
Un'esperienza personale di Kenzaburo Oe

Diari
Caro presidente Sergio Mattarella di Benedetta Mattei
Natura e musica di Giovanni Grossi

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Forse una ragione c’è ultima modifica: 2020-07-02T09:12:00+00:00 da Stefano Nasuti

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