Dice che i santi devono essere folli, suor Małgorzata Chmielewska. Perché solo i folli sanno vivere il Vangelo fino in fondo. Lei è sicuramente una donna che rompe gli schemi. È una suora, ma fuma, a volte dice le parolacce e per di più è anche madre e nonna. Da giovane era allegra, spensierata, amava fare lunghe passeggiate con il cane. Ha iniziato a porsi domande sul senso della vita all’università, dove studiava biologia. Ha cominciato a leggere i mistici cristiani e soprattutto il Vangelo, libro difficile da trovare nella Polonia comunista. Quando l’ha finalmente aperto ha capito di avere la risposta. Cristo esiste ed è amore, quindi non vale la pena di perdere tempo con altri amori. Dopo un periodo di riflessione ha capito anche che voleva essere santa, ma una santa con i jeans – una persona normale. Presa la decisione, ha smesso di bere e ha cominciato ad andare tutti i giorni in chiesa. Davanti a questi cambiamenti la sua famiglia e gli amici hanno detto: ecco qua, le ha dato di volta il cervello. Ma lei è andata avanti. Prima ha contattato le Piccole Sorelle di Gesù, ma non è rimasta soddisfatta perché sì, le suore vivono vicino ai poveri, offrono amicizia e sostegno, ma non cambiano la loro vita.
Continuando a cercare, per puro caso scopre l’esistenza della comunità francese Pane della Vita e fonda la prima casa per i senzatetto (oggi sono 7), in campagna dove si può facilmente assicurare a ogni abitante un’occupazione – c’è da tagliare la legna, curare l’orto, fare piccole riparazioni, cucinare, preparare le conserve. Suor Małgorzata non li chiama mai assistiti: sono fratelli e sorelle. Ha creato un metodo che viene studiato da governi e altre istituzioni. Non chiede fondi europei perché, sostiene, di quel denaro arriva a chi ha bisogno solo il 20%, il resto va alle persone e alle aziende che realizzano i progetti. Lei lo trova immorale. È così, prendere o lasciare.

E ora entra in scena Artur. Alla casa gestita da suor Małgorzata arriva prima la madre di lui, una donna senza fissa dimora. Racconta di avere un figlio di 3 anni affidato a un orfanotrofio; lo va a prendere e passano un periodo nella casa di suor Małgorzata. La donna dice di voler ricominciare. Il bambino sembra malato, ma non si riesce a capire cosa abbia. Poi un giorno spariscono entrambi. La religiosa e i suoi collaboratori li trovano in una casa dove si vende illegalmente alcol. La donna è ubriaca; il figlio divide il letto con un uomo, anche lui ubriaco, entrambi ricoperti dal vomito di lui. La stanza è freddissima, qualcuno ha provato ad asciugare i vestiti del bimbo sulla stufetta, ormai spenta, ma li ha bruciati.
Artur è terrorizzato, affamato e infreddolito. Il poliziotto che accompagna suor Małgorzata è talmente scosso che glielo affida senza una parola. Lei lo porta a casa, lo tiene in braccio tutto il tempo, quando prova a metterlo giù lui le resta attaccato. Gli abitanti della casa gli vogliono subito bene, non se ne parla di rimandarlo in orfanotrofio. Se mi date una mano – dice la suora – vedo di farlo rimanere. Rintraccia la madre naturale, ma quando Artur la vede scappa terrorizzato. E così lei, la suora, ne diventa madre affidataria.

Suor Malgorzata e Artur

Negli anni la religiosa ha cercato di bilanciare impegni e doveri ma, come dice lei, lo fanno tutte le madri senza che nessuno le chiami eroine

Anche se dopo si sono aggiunti altri quattro bambini, Artur rimane il «più figlio di tutti». Suor Małgorzata dice che non può immaginare la vita senza di lui perché è parte di lei. Dice che Dio l’ha messo sulla sua strada perché potesse imparare ad amare una persona così come è. Artur ha l’epilessia ed è affetto da autismo. La madre ha dovuto ricorrere a tutta la sua immaginazione e intelligenza per riuscire ad arrivare a lui, e non sempre ci è riuscita. La sua vita – piena di cose da fare, decidere e progettare – richiede una buona organizzazione. Artur ha bisogno di assistenza e presenza continue, è diverso dagli altri figli che crescendo sono diventati indipendenti.

In casa ci sono state tensioni, non sempre è stato facile trovare un equilibrio tra chi la voleva sempre disponibile e le esigenze dei suoi figli, di Artur in particolare. Suor Małgorzata ha camminato su un filo, cercando di bilanciare impegni e doveri. Ma – dice – lo fanno tutte le madri e nessuno le chiama eroine. Sa di aver commesso degli errori, ma la vita è anche questo. Per fortuna la comunità è una specie di tribù, la casa brulica di persone e quindi ha sempre avuto aiuto. C’era ad esempio la signora Jolanda, una vera cuoca, che preparava ai bambini cose buonissime. Era una persona calda e cordiale, ma purtroppo era anche alcolista: quando le hanno assegnato una casa, per festeggiare ha bevuto così tanto che è morta.

Anche se è un ragazzo difficile, Artur è il pupillo di casa. Ama gli accendini, li raccoglie e li infila nelle bottiglie vuote: tutti ne hanno in tasca uno per darglielo perché questo lo rende felice. È anche molto religioso, parla con Dio e ama Papa Francesco. Oggi ha trent’anni.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 152, 2020

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SOMMARIO

Editoriale
Biglietti e disegni di Cristina Tersigni

Focus: Adozione
Già nostro figlio di Paolo Catapano
Un gatto, la comunità e il nostro apartheid di Giulia Galeotti
Vangelo, immaginazione, intelligenza di Dorota Swat
Il diritto di chi? di Antonio Mazzarotto

Intervista
Quel che la Convenzione dice (e non dice) di Lars Porsenna

Testimonianze
Cosa si potrebbe imparare dai banchi monoposto? di Laura Coccia

Dall'archivio
Paolo e Chiara di Irma Fornari

Associazioni
Cosa c'è oltre la scuola? di Monica Leggeri

Fede e Luce
Guida per le comunità di Lucia Casella

Spettacoli
Riappropriarsi della propria firma di Claudio Cinus

Dialogo Aperto
In ricordo di Aldo di Maria Goffi e Flora Atlante
Periodo pesante, su spalle e cuore di Elisa Sturlese
Un dialogo aperto molto speciale!

Vita Fede e Luce n.152

Libri
Mia sorella mi rompe le balle di Damiano e Margherita Tercon
I disegni segreti di Véronique Massenot e Bruno Pilorget
Viaggio Italia around the world di Danilo Ragona, Luca Paiardi e Marcello Restaldi
Grazie, papà Don Carlo a cura di Sergio Didonè

Diari
Ho votato di Benedetta Mattei
Io non lo so cosa mi aspetto dal futuro di Giovanni Grossi

Vangelo, immaginazione e intelligenza ultima modifica: 2020-11-12T10:50:24+00:00 da Dorota Swat

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