Avviso: inchieste promosse dall’Arca internazionale hanno accertato gravi responsabilità di padre Thomas Philippe (la prima nel 2015) e di Jean Vanier (2020) nei confronti di diverse donne. Qui il comunicato più recente che condanna senza riserve queste azioni «in totale contraddizione con i valori che Vanier sosteneva» e con «i principi fondamentali delle nostre comunità».

Deboli e forti trovano il loro posto

Un altro modo di essere con meno consumi e più relazioni, con meno successo personale, con più comunione e vita insieme
In questo periodo, ad Orval, ho capito quanto amo l’Arca e Fede e Luce. Comprendo come Dio mi abbia chiamato a vivere queste relazioni profonde di comunione, che scaturiscono dal cuore di Dio, con persone con un handicap, ma anche con gli assistenti, che sono anch’essi dei poveri.

Sono felice ora di ritrovarmi nel mio Foyer di ‘Val Fleuri’, felice di vivere con persone fragili e vulnerabili per testimoniare insieme, alla nostra società, l’importanza e il valore dei più deboli, se si ascoltano, se si rispettano e se si vuole essere in una relazione autentica con loro.

Tutto ciò mi fa pensare all’evoluzione stessa dell’Arca: una dolce evoluzione. All’inizio, desideravo vivere una comunità che testimoniasse Gesù, nella Chiesa cattolica. Volevo vivere generosamente con persone in difficoltà, vivere insieme per essere segno del Vangelo e della presenza di Gesù fra i più deboli.

Poco a poco, l’Arca ha scoperto di essere stata chiamata a testimoniare, non tanto la bontà degli assistenti e la loro fede, ma soprattutto il valore stesso di queste persone più fragili. Con il tempo, molte di loro, pur rimanendo con i loro handicap, talvolta gravi, hanno raggiunto una vera maturità umana e spirituale. La loro spontaneità, la libertà interiore, la loro gioia nelle relazioni e la gioia di vivere, la semplicità che scaturisce da relazioni autentiche, rivelano un modo diverso di vivere nella nostra società. Sento che molte persone, oggi, sono stanche di questa vita stressata, competitiva, contrassegnata da un forte individualismo e da un indebolimento dei legami di alleanza nella famiglia e oltre. Esse cercano un altro modo di essere con meno consumi e più relazioni, con meno successo personale, con più comunione e vita insieme, in una società meno piramidale dove alcune persone forti e competenti cercano la scalata sociale. Esse tendono alla creazione di un corpo dove tutti, deboli e forti, trovano il loro posto e celebrano la loro comune umanità, testimoni così di un cammino di pace.

Il fatto che l’Arca accolga uomini e donne che provengono da diverse Chiese cristiane, di differenti religioni, di diverse culture (assistenti e persone in situazioni d’ handicap) e il fatto che le nostre comunità siano presenti in molti paesi diversi, ha accentuato questa evoluzione. Tutto questo non è frutto di riflessione o di una visione intellettuale, ma è frutto dell’esperienza e della sofferenza umana universale. L’Arca non è testimone solo della fede cattolica, ma della trasformazione della debolezza e della sofferenza, in vita, per grazia di Dio. Non è per diminuire il ruolo della fede, dell’unione a Dio e di una crescita spirituale. Al contrario! Per vivere in una comunità con persone di cultura, religione, capacità od incapacità diverse, è necessario che ciascuno approfondisca la propria vita interiore, la propria fede e che questa vita di fede sia sostenuta dalla comunità. L’ Arca è una scuola d’amore dove ciascuno impara ad amare l’altro, che è diverso. Ciò comporta che ognuno compia un lavoro su se stesso. È imparare a vedere in ogni altro, una persona abitata da Dio, una persona da cui si possono ricevere dei doni, per crescere a propria volta nell’amore. Questo cambiamento richiede molta umiltà, una cérta morte ai propri interessi e la crescita nell’amore.

Un assistente dell’Arca slo chiamerò Luigi — qualche mese fa ha testimoniato davanti ad un gruppo di persone. Era alla ‘ForestièrÈ, dove vivono persone gravemente disabili. Gli hanno chiesto di occuparsi, in modo particolare, di Francesca, che in quel foyer chiamano tutti ‘nonnina’. Ha 76 anni, un handicap molto grave, allettata, cieca, senza possibilità di comunicare con la parola. Luigi era dispiaciuto, perché non si sentiva affatto attratto da lei. Siccome gli era stato chiesto, dava regolarmente da mangiare alla nonnina, anche se lo faceva con una certa fatica. Poi, un giorno, ha messo la sua mano sopra a quella di Francesca, che gli ha sorriso È stato un momento magico, ha detto, un momento di trasformazione, di grazia. A partire da quel momento, egli è andato con gioia verso di lei. Ciò che prima trovava difficile, è diventato una benedizione. Non è forse questa la testimonianza dell’Arca e di Fede e Luce? C’è un potere misterioso che scaturisce dai cuori delle persone fragili come Francesca, che ci chiama verso una relazione ed una trasformazione del cuore che può essere all’origine di un nuovo modo di vivere nelle nostre società.

La mia salute è buona. I monaci di Orval mi dicevano che mi trovavano ringiovanito! Non so se è vero. Sento, d’altra parte, la debolezza dei miei 81 anni. Vorrei dedicare il tempo che mi resta da vivere, per annunciare questo mistero dell’ Arca e di Fede e Luce, tramite ritiri a ‘La FermÈ ed altrove. Amo annunciare il valore e l’importanza delle persone deboli che sono segno di una presenza di Dio: forse le mie debolezze mi aiutano a comprendere meglio la Buona Novella di Gesù, Lui stesso è diventato debole e vulnerabile. Tramite la sua debolezza, Egli ci dona la vita e ci chiama ad amare sempre più. Abbiamo un tesoro così grande ed io ho un tale desiderio di comunicarlo perché altri possano conoscerlo e viverlo!

Pregate per me, perché io impari ad invecchiare gradualmente, poco a poco, con gioia.

Mi sento profondamente in comunione con tutte le comunità di Fede e Luce e dell’ Arca e con tanti amici. Porto nel mio cuore e nella preghiera tutte le vostre preoccupazioni e le vostre gioie. Grazie delle vostre lettere, non riesco a rispondere a ciascuno, ma ogni lettera esprime la comunione che viviamo tra di noi tutti.

Unito a ciascuno, nella gioia di Dio,
Jean Vanier

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.109

Sommario

Editoriale

Essere mamma... di M. Bertolini

Dossier: Essere mamma

Sono in un furioso stato di accusa di S. Lutz
Che senso ha la vita di mio figlio Paolo? di M. Amelia

Altri articoli

Un crocifisso silenzioso di N. Ginzburg
Deboli e forti trovano il loro posto di J. Vanier
C’era una volta la città dei matti di Pennablù

Esperienze

Dove tutto è diverso da tutto di G. e L. Sauve
Tutti tranne uno saliti a cavallo di E. Attanasio

Libri

Quali mani asciugheranno le mie lacrime?. M. Kamara con S. McClelland
Con Cristo sulle strade del mondo, don T. Bello
Tre tazze di tè, G. Mortenson, D. O. Relin
Nuovo dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, R. Pigliacampo
Pulce non c'è, G.Rayneri

Rubriche

Dialogo Aperto
Vita Fede e Luce: Eilaboun a casa di Sammaher di Lucia, Angela e don Marco
Lo sapevate che...?
Vita Fede e Luce n.109 – Eillaboun a casa di Sammanher

Deboli e forti trovano il loro posto ultima modifica: 2010-03-16T16:27:10+00:00 da Jean Vanier

Jean Vanier
Dottore in filosofia, scrittore, leader morale e spirituale e fondatore di due importanti organizzazioni internazionali basate sulla comunità, "L'Arca" e "Fede e Luce", dedicate alle persone con disabilità, soprattutto mentale. Inchieste promosse dall’Arca internazionale hanno accertato gravi responsabilità di padre Thomas Philippe (la prima nel 2015) e di Jean Vanier (2020) nei confronti di diverse donne. Qui il comunicato più recente che condanna senza riserve queste azioni «in totale contraddizione con i valori che Vanier sosteneva» e con «i principi fondamentali delle nostre comunità».

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