“C’era una volta la città dei matti”, la miniserie apparsa su Raiuno, è stata vista da cinque milioni e mezzo di persone: un risultato strepitoso dato l’argomento non proprio di intrattenimento leggero. In due sere abbiamo rivissuto la vicenda di Franco Basaglia “psichiatra dell’utopia”, interpretato da un bravissimo Fabrizio Gifuni. Non posso e non devo qui ricordare per intero tutta la sua storia, né i cambiamenti sopraggiunti nel campo della psichiatria dopo la sua esperienza umana e scientifica. E nemmeno voglio additare le innovazioni positive ma anche, gli errori e le leggerezze, commesse dopo l’applicazione della Legge180 e le recriminazioni e le condanne che ne sono derivate.

Voglio solo ripensare a quest’uomo, un medico laico figlio del suo tempo, che per primo dopo secoli ha saputo intravedere dietro lo schermo pesante della follia, la sofferenza, il disagio e la miseria che spesso ne sono l’origine; che si è battuto perché al malato fosse riconosciuta contro ogni pregiudizio e paura, la sua identità di essere umano e quindi i suoi diritti e le sue esigenze primarie, indispensabili alla vita di ognuno. Halottato, contro convinzioni secolari, perché le persone che se ne occupano, dai medici più illustri agli inservienti, vedano innanzitutto nei malati mentali un loro simile, con sofferenze da alleviare, e dignità da preservare. Mi chiedo: che cosa c’è di più aderente di questa intuizione al messaggio cristiano? Chi prima di lui ha saputo guardare dietro alla barriera della follia che da sempre ci spaventa, con intelligenza e pietà così limpidi?

Qualche giorno fa con un gruppo di amici concordavamo nell’osservare che nonostante i problemi tuttora esistenti sempre gravi e numerosi, nei confronti del mondo dell’’handicap mentale c’è innegabilmente un clima culturale nuovo, un’attenzione ed un rispetto impensabili fino a qualche decina di anni fa. Ed ora mentre scrivo, mi viene spontaneo pensare che questa aria nuova, questa cultura più rispettosa sia proprio figlia di quegli anni, di quelle lotte nate dalle intuizioni e dalle convinzioni di un giovane psichiatra pieno di umanità, e forse anche di limiti e difetti come tutti noi, ma al quale non possiamo che ripetere: grazie, grazie, e ancora grazie.

Pennablù, 2010

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.109

Sommario

Editoriale

Essere mamma... di M. Bertolini

Dossier: Essere mamma

Sono in un furioso stato di accusa di S. Lutz
Che senso ha la vita di mio figlio Paolo? di M. Amelia

Altri articoli

Un crocifisso silenzioso di N. Ginzburg
Deboli e forti trovano il loro posto di J. Vanier
C’era una volta la città dei matti di Pennablù

Esperienze

Dove tutto è diverso da tutto di G. e L. Sauve
Tutti tranne uno saliti a cavallo di E. Attanasio

Libri

Quali mani asciugheranno le mie lacrime?. M. Kamara con S. McClelland
Con Cristo sulle strade del mondo, don T. Bello
Tre tazze di tè, G. Mortenson, D. O. Relin
Nuovo dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, R. Pigliacampo
Pulce non c'è, G.Rayneri

Rubriche

Dialogo Aperto
Vita Fede e Luce: Eilaboun a casa di Sammaher di Lucia, Angela e don Marco
Lo sapevate che...?
Vita Fede e Luce n.109 – Eillaboun a casa di Sammanher

C’era una volta la città dei matti ultima modifica: 2010-03-16T16:16:10+00:00 da Pennablù

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.