Il desiderio di un figlio è molto forte, tanto da farti credere di poter vincere ogni difficoltà.
Io, medico, sono stata sicuramente privilegiata nel rapporto con il collega che mi comunicava le brutte notizie sulla salute del bimbo che portavo in grembo. Mi sono sentita consapevole del grande potere che l’uomo ha conquistato sapendo in tempo cosa ci aspetta alla nascita, comunque, anche consapevole della intatta superiorità della “natura”, di “Dio” sulla vita.
Non credo di aver mai pensato seriamente un solo momento di non portare alla vita la bimba che cresceva in me, cresceva con un cuore che per ora non le serviva ma che, non appena “nata”, avrebbe dimostrato la sua inadeguatezza. La decisione di proseguire e di non interrompere la storia appena cominciata è stata secondo qualcuno un atto di egoismo, secondo altri la scelta sventata di affrontare “un calvario” per noi e per lei; molti infine seguivano la nostra storia con rispetto, forse incomprensione e comunque con solidarietà: la bimba doveva affrontare una operazione molto complicata, appena nata, per poter sopravvivere. Mi ricordo i disegni che il cardiologo ci faceva vedere mentre ci spiegava; sembrava una cosa impossibile, ma ci diceva che altri “casi” erano stati eseguiti con successo, che alcuni bambini erano sopravvissuti e vivevano ancora (non ho mai provato a chiedere come?) Mi sembrava che anche la più piccola speranza di vita contro la sicura morte fosse da ricercare; forse senza soffermarmi troppo sul come e sul dopo. Sapendo come sarebbe finita, immaginando la tremenda angoscia di quel bruttissimo giorno in cui ci hanno comunicato malamente che Margherita non ce l’aveva fatta… Se avessimo avuto solo la minima percezione di un dopo così schiacciante, così vuoto così povero di parole e spiegazioni, soprattutto da parte di chi (medico) ci aveva accompagnato fino a lì con premura e è speranza; se ci avessero detto (i medici) che dopo ci avrebbero lasciati soli e inermi, davanti alla sconfitta, forse non saremmo stati così decisi nello scegliere per lei l’intervento. Ma allora sì sarebbe stato per egoismo, per evitare il tremendo vuoto di quel giorno. Invece lei ci ha donato la consapevolezza di quanto valga la vita, lo percepiamo con il cuore (appunto), ad ogni marzo che passa, ogni emozione condivisa con i figli, gli amici, gli zii e i nonni, ad ogni occasione per raccontare questo frammento della nostra vita; la ragione ci devia spesso sul dolore, sulla perdita, sulla sofferenza innocente, ma il cuore ci dice che sopra tutto c’è l’Amore.
Francesca De Rino, 2006
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.94
Sommario
Editoriale
Una scelta difficile di M. Bertolini
Gravidanze a rischio: una scelta difficile
Lo shock della diagnosi prenatale
Ad ogni marzo che passa di F. De Rino
Io non sapevo di
Tecniche di diagnosi prenatale di V. Spinola
Genitori e medici davanti all’annuncio dell’handicap di S. de Kermadek
Agli amici vicini: siate disponibili di A. di Herouville
Associazione La Quercia Millearia
FANHA – Famiglie Accoglienti Nascituri Handicappati
Amare un errore intervista a Patricia Bauer
Rubriche
Libri
Madri Selvagge - Recensione di G. Galeotti
Sostegno psicologicologico in gravidanza, P.L. Righetti
Culla di parole – Come accogliere gli inizi difficili della vita, Lucia Aite Bollati
Hai mutato il mio lamento in danza - Recensione, Emanuela e Giovanni Picchi
Altri articoli
La luna nuova di casa Betania di S. Sciascia
Valeria risponde alla lettera di Monica del n. 93
“Nonno, è così brutto essere diversi?”