Elena: Mi trovo sola di fronte al medico che mi esamina; mio marito è stato trattenuto da un impegno di lavoro. Resta completamente in silenzio, poi lascia andare: “c’è un problema di chiarezza alla nuca; scenda a pagare, poi le spiegherò…”.

Dopo aver pagato, aspetto… ma quel medico (“coraggio, filiamo!”) non verrà mai. Una segretaria mi prende in carico e mi fa fretta perché prenda un nuovo appuntamento per esami complementari. “Quali esami?” — “Esami… complementari’“Vuol dire un’amniocentesi?”“Si” — “Ma ci si può rifiutare, vorrei parlarne prima con mio marito”. Si presenta allora la dottoressa responsabile delle amniocentesi che, davanti alla resistenza, vocifera in piena sala d’attesa: “Lei è un’irresponsabile, una trisomia 21 è molto pesante, bisogna sapere subito per decidere in fretta.

Stupore, sideramento di fronte ad una decisione medica già presa (l’aborto) senza aver avuto né spiegazioni, né ascolto, né conforto. Riesco a fuggire senza aver preso l’appuntamento (istinto materno animale, istinto di sopravvivenza).

Francesco: Arrivo dopo questa prima battaglia. La mia ignoranza è totale: “Cos’è un’amniocentesi?”. Per fortuna, mia moglie sa molte cose, ha lavorato con bambini con handicap. Telefonate a medici amici per decifrare il resoconto: nostro figlio ha una malformazione cardiaca grave e probabilmente una trisomia 21. L’amniocentesi non può portare possibilità di cura e può uccidere il bambino in un caso su 100 (esperto di statistiche, calcolo che è un rischio cento volte superiore a quello che potrà avere in macchina ogni anno).

Grazie a questi medici amici che ci sanno ascoltare, finalmente piangiamo…

Lo shock della diagnosi prenatale ultima modifica: 2006-06-21T11:24:17+00:00 da Redazione

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