Dalla nascita, nel 1993, in casa Betania sono passati circa centoquaranta bambini e hanno lavorato più di settecento volontari.
Col passare degli anni sono sempre più le mamme in difficoltà “extracomunitarie”, con o senza permesso di soggiorno, senza casa e lavoro o, al più, con un lavoro saltuario. Molte sono “ferite” da uomini nel cui affetto avevano creduto, da esperienza traumatiche, dal disprezzo e dallo spaesamento che stordisce un profugo molto giovane e senza protezione.
Giuseppe e Silvia Dolfini, con i loro quattro figli, posero nel 1983 il primo seme di Casa Betania accogliendo in famiglia una ragazza con il suo neonato. Con loro e con altre famiglie aperte all’accoglienza sì formò la Cooperativa Sociale “L’Accoglienza”.
La congregazione delle suore Calasanziane nel 1992 diede in comodato gratuito un edificio scolastico tra Primavalle e Pineta Sacchetti, nella periferia occidentale di Roma.
L’edificio fu del tutto ristrutturato. Uno dei volontari che vi lavorò molto fu don Antonino Ruffolo, prete operaio e sacerdote della comunità S. Francesco di Fede e Luce. Molti lo ricordano — morì infatti di tumore nel 1993 per la sua radicalità evangelica, i modi ruvidi, l’amore non filosofeggiato ma vero per le persone più “ferite”.
La casa
La Casa è strutturata e attrezzata per accogliere, oltre a Silvia e Giuseppe Dolfini (59 e 77 anni) e i loro ultimi due figli (19 e 23 anni), cinque o sei piccoli in stato di affido temporaneo o di definitivo abbandono, di solito con problemi di salute — alle volte molto gravi e con lunghe e non necessarie ospedalizzazioni alle spalle — e tre o quattro mamme accolte dall’ultimo periodo di gravidanza e fino a che potranno stare sui loro piedi.
Cucina, soggiorno e servizi sono in comune, cioè la famiglia Dolfini vive con le mamme e i bambini accolti e con i volontari. Nella casa lavorano alcuni operatori fissi e molti volontari con le mansioni più diverse, secondo le rispettive capacità e disponibilità. La casa è sostenuta nelle sue spese anche dal contributo del Comune di Roma.
A causa della missione specifica di Casa Betania, e per le conseguenze che ne sono derivate, intorno al nucleo di Casa Betania sono nate altre strutture e iniziative.
Gli appartamenti
Il primo quasi insormontabile ostacolo davanti alle mamme con bambino piccolo che escono da Casa Betania è trovare casa. Nessuno dà in affitto un appartamento, sia pure malmesso, a una straniera con bambino e senza lavoro fisso. La cooperativa “L’Accoglienza” prende in affitto appartamenti per due o tre mamme con i loro figli non lontani dalla Casa garantendo al proprietario il pagamento dell’affitto e chiedendo alla mamma un contributo proporzionato alle sue possibilità per l’affitto. Le mamme vivono circa un anno in questo modo (ma spesso il periodo si allunga), e poi incominciano a cercare sistemazioni più indipendenti lasciando il posto ad altre mamme che escono dalla Casa Betania.
Poiché le convivenze di donne con culture e storie molto diverse e spesso traumatiche, può essere difficile, ogni appartamento è “sostenuto” da una famiglia di volontari che esercitano un po’ il compito di genitori delle mamme. Sono compiti di sostegno umano e compiti pratici relativi al funzionamento della casa e all’allevamento dei bambini e che vanno dalle letture dei contatori, alle vaccinazioni, ai lavori di manutenzione e di riparazione. Gli appartamenti, che attualmente sono una decina e ospitano una quindicina di mamme con una ventina di bambini (ma i numeri variano spesso) sono pagati senza alcun contributo economico pubblico.
Centro diurno “Nido d’ape”
È stato costituito nel 2000 per i bambini che non hanno posto in nido o in asilo e, per quelli più grandicelli, in orario extra scolastico e nei giorni di vacanza mentre le mamme sono al lavoro. Guardare attraverso il vetro della sala dove giocano o mangiano una dozzina di piccoli di due, tre anni, di colori diversi, vivaci e sereni, interessatissimi all’estraneo che li guarda, è uno degli spettacoli più belli e consolanti e ricchi di significato di Casa Betania.
Esperienza affascinante, benché faticosissima, è trovarsi a fare qualche lavoro di riparazione o costruzione in casa nelle ore del pomeriggio quando rientrano i grandicelli da scuola. All’improvviso ti trovi mezza dozzina di bambine e bambini di sei-n0ve anni, di diverse nazionalità ma parlanti un perfetto incalzante italiano con cadenze romanesche, desiderosi di aiutarti e gelosi di ogni “lavoro” affidato all’altro. Il lavoro si complica e quindi si ferma, ma divertimento, sorprese e lezioni umane sono assicurati.
Durante l’anno, secondo diversi orari, il Centro Diurno è frequentato da una cinquantina di bambini.
Allora capisci
La sala riunioni di casa Betania ha una parete che è porta a soffietto. L’apri e vedi dietro il lumino rosso del Santissimo, un piccolo tabernacolo, un crocefisso e una piccola Sacra Famiglia di legno, un altarino.
Qui Don Luca celebra messa. Tutti stanno appiccicati ma “bene”, compresi i bambini assorti nelle loro tranquille cose sul tappeto. Le parole del sacerdote giovane ossuto, vestito come capita sotto la veste bianca, sono semplici e chiare e senti che sono vere. A stento passa tra le persone con il calice e il piattino delle ostie. Allora capisci profondamente che cosa è Comunione.
Laboratorio e negozio “Da Tutti i Paesi”
Per aiutare alcune mamme ad acquistare un mestiere ed un certo reddito è stato avviato un laboratorio di taglio e cucito e oggetti vari, dove, oltre a imparare, si fanno riparazioni e adattamenti di indumenti, oggetti decorativi, borse, corredi, ricordi, bomboniere ecc.
La sede, nuova e potenziata, è in via Cairo Montenotte 65.
Casa di Chala, Andrea e Miriam
I bambini disabili più o meno gravi che Casa Betania accoglie dopo alcuni anni di permanenza e cure che ne hanno potenziate le possibilità, se non sono adottati hanno bisogno di un ambiente più “familiare” e meno “movimentato” di Casa Betania. Così nel 2002 è nata una prima (ora sta nascendo una seconda) struttura familiare con tre o quattro bambini, una o due persone fisse di riferimento un gruppo di operatori professionali e di volontari.
La prima casa, vicina a Casa Betania. ospita tre bambini di 4, 6, 9 anni con gravi problemi (appunto Chala. Miriam e Andrea), che dalla vita nella nuova “famiglia” hanno tratto grande giovamento, specie nella capacità di relazioni e nell’autonomia.
Ha la sua figura di riferimento in Paola, una suora distaccata dalla congregazione per questo compito e ospita a turno alcuni operatori professionali e volontari per il lavoro e l’assistenza necessari. Gli operatori hanno una lunga esperienza di volontari in Casa Betania e sono sostenuti e formati da specialisti.
Una seconda casa simile, per quattro bambini in uscita da Casa Betania, sarà aperta quest’anno.
Volontari
Più di 700, per periodi più o meno lunghi, hanno operato fin dall’origine in Casa Betania. Senza i volontari, l’impulso iniziale della famiglia Dolfini non avrebbe avuto gli effetti che ha avuto.
Ogni volontario assume un determinato compito per un determinato tempo.
Le figure dei volontari sono molto diverse. Ragazze, ragazzi, coppie, artigiani, anziani, giovani italiani in servizio civile, straniere (12) impegnate nel Servizio Volontario Europeo…
In casa Betania la difesa della vita non è astrazione dogmatica, ma pratica faticosa, punteggiata di paure e sofferenze, eppure ricca d’amore e di lampi di “perfetta letizia”.
Qui, davvero, senza nessuna retorica — osserva un volontario dopo due ore passate a sturare a mano una fogna ti senti meglio che dopo due ore al teatro col vestito curato e l’atmosfera “bene” intorno.
Maggiori informazionei: Sito Internet
Sergio Sciascia, 2006
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.94
Sommario
Editoriale
Una scelta difficile di M. Bertolini
Gravidanze a rischio: una scelta difficile
Lo shock della diagnosi prenatale
Ad ogni marzo che passa di F. De Rino
Io non sapevo di
Tecniche di diagnosi prenatale di V. Spinola
Genitori e medici davanti all’annuncio dell’handicap di S. de Kermadek
Agli amici vicini: siate disponibili di A. di Herouville
Associazione La Quercia Millearia
FANHA – Famiglie Accoglienti Nascituri Handicappati
Amare un errore intervista a Patricia Bauer
Rubriche
Libri
Madri Selvagge - Recensione di G. Galeotti
Sostegno psicologicologico in gravidanza, P.L. Righetti
Culla di parole – Come accogliere gli inizi difficili della vita, Lucia Aite Bollati
Hai mutato il mio lamento in danza - Recensione, Emanuela e Giovanni Picchi
Altri articoli
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“Nonno, è così brutto essere diversi?”