Ciao, mi chiamo Pietro, Bigari Pietro. Sono nato nel 1945, anzi nel quarantacì… mese? settembre, settembre. Il giorno… eh, il quarantacì!! Che importanza ha il giorno, chissà perché tutti mi chiedete il giorno.

Abito a Santa Palomba, da solo. Ho una bella casa, con la loggia dove posso prendere il sole, ma non posso fumare il sigaro, perché poi i miei vicini mi strillano. Ho la lavatrice, fuori, nella loggia ed anche la caldaia, fuori nella loggia. Ho una bella cucina, una zuccheriera nuova, perché quella vecchia, una mia amica me l’ha rotta…, Silvia, mica l’ha fatto apposta, ma chissà a cosa pensava! Era bella quella zuccheriera.

La mia vita a Santa Palomba non ha tempo

Ho molti calendari, quello della Casetta, quello normale, coi numeri rossi che è quello che mi ricorda quando devo andare a prendere la pensione. Ho un cellulare, con lo sportello, me lo ha regalato mio fratello, in realtà mi hanno detto che l’ho pagato io, ma me lo ha regalato mio fratello. Prima c’erano le ciliegie sul telefono, adesso c’è una foto mia e di spilungo, ma non si vede bene. Io volevo il telefono della Sip, uno è venuto a casa mia e mi ha detto che me l’avrebbero messo. Gli ho dato un foglio verde, 100mila lì.., ma poi non me l’hanno messo. Io però so leggere i numeri e il telefono lo so usare. Io prima abitavo a Santa Silvia, con mia mamma, però è morta, gli è scoppiato un calcolo, e io sono rimasto solo. Pagavo la piggione, ma poi il padrone di casa doveva metterci sua figlia e mi ha buttato fuori. Per me è stato molto brutto, tutte le cose buttate per strada, mi hanno detto che dovevo andare in ospedale. Mia sorella per fortuna mi ha preso a casa sua, ma non aveva tanto posto e quindi stavo sempre in giro. Però tornavo sempre a Santa Silvia, a via dell’Imbrecciato, da Ricò… ci vado ancora adesso. In effetti lì mi sento ancora a casa. Dopo un po’ di tempo mi hanno chiamato per venire ad abitare qui a Santa Palomba. E’ lontano, tanto lontano. C’è un autobus, lo 044 che mi porta a Laurentina, anzi adesso a Eur Fermi. E’ lontano, certe volte mi addormento sull’autobus.

La mia vita a Santa Palomba è pericolosa

Io non amo parlarne perché mi dispiace. Qui ci sono tante persone che non mi vogliono bene. Una volta hanno rotto tutte le buche delle lettere, ‘sti disgraziati. Prendono le lampadine sul pianerottolo ed io ne compro sempre nuove perché sennò non ci vedo a mettere la chiave nella porta. Tante volte mi fanno gli scherzi, mi vogliono prendere le buste della spesa, mi fanno prendere paura con i cani. Qui tutti hanno i cani, piccoli e grandi, una volta uno mi ha mozzicato. Altre volte io corro veloce, più veloce dei cani. Altre volte mi nascondo, perché loro mi nasano e poi hanno i denti cattivi, mordono. Quando prendo l’autobus spero sempre che alla fermata non ci siano quei ragazzacci, alcune volte vogliono i soldi, che non lo sanno che non ce li ho? Questa cosa dei soldi è una cosa complicata, mia cognata Bice me li da un po’ per volta. Lei prende insieme a me la pensione e quando mi servono me li da. Certe volte si arrabbia perché incontro delle persone e poi va a finire che i soldi spariscono. Una volta ho incontrato un poliziotto in borghese ed un impiegato dell’INPS che mi hanno detto che mi avrebbero mandato un assegno dell’INPS ma dovevo dargli dei soldi. Ma l’assegno mi deve arrivare. Allora Bice mi dice che non mi darà più i soldi, ma quello era un poliziotto!! Mi ha anche preso la carta d’identità.

La mia vita a Santa Palomba è difficile

Io guardo la televisione, fino alle otto, perché poi i vicini mi sgridano. Ho una televisione in camera da letto, ma certe volte finisce il colore. Mi piace fumare il sigaro Garibaldi. Costa 5mila lire, è aumentato. Lo fumo dentro casa perché sennò da fastidio, allora io lo fumo e poi piano piano apro la finestra. Il sabato mia cognata e mio fratello vengono a stare un po’ con me. Bice è molto brava, fa la lavatrice e poi pulisce, mi fa il bagno e poi mi cucina delle cose. Io non esco quasi mai. Il giovedi vado al laboratorio, io la chiamo casetta, ma li facciamo delle cose insieme a Bice, un’altra Bice. Prepariamo una scena per il teatro, ma io devo andare via presto perché abito lontano. Io mi sono abituato a stare da solo, non parlo mai con nessuno. Però per strada mi piace parlare con le persone.

La mia vita a Santa Palomba ed i miei amici

Io ho degli amici. Non lo so che significa bene cosa è un amico, ma io ho delle persone che mi chiamano per fare delle cose insieme e penso questo significhi avere degli amici. Io i nomi non me li ricordo, mi scoppia la testa quando mi domandano “chi sono?” “come si chiama questa persona?”. Mi danno gli appuntamenti, mi vengono a prendere, mi accompagnano, vogliono sapere come stò… e come stò? Mi portano in gita, nelle marche mi piace. C’è coccia pelata, la sposetta, la signora marchetti, titti, la moglie di titti, la sora rosa, il figlio della sora rosa, bice della casetta, stefano spilungo. Poi c’è Pippo, che sta in campagna. Io ci sto bene in campagna, ho raccolto le olive… ma non mi ha dato una lira! Ah, si, l’olio, ma l’ho dato a mio fratello. In effetti conosco tanta gente, ma non mi ricordo i nomi, le facce qualche volta si. Qualche volta vado da stefano spilungo. Io ci so andare fino a casa sua, fino alla porta di casa se trovo aperto il portone e poi suono il campanello, anche se non so leggere. Guardiamo un film, poi usciamo insieme a cascino e a ragazzoni, certe volte. Poi stefano mi accompagna a casa… mi lascia sul vialetto, io cammino svelto, ci sono i ragazzacci ed i cani, e poi arrivo davanti al portone, mi giro e lo saluto, mi sbraccio per fargli vedere che è tutto a posto. Lui allora mi saluta ed io vado a casa.

Stefano Di Franco , 2013

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.123

La mia vita a Santa Palomba ultima modifica: 2013-09-13T16:00:04+00:00 da Stefano Di Franco

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