Ricordo molto bene il giorno che sono entrata in casa loro. In quel grande salotto lei era piccola piccola tutta presa dal suo libro parlante, seduta sulla sedia di fronte al tavolo, entrambi su misura per lei. La sua mamma mi spiegò velocemente la storia: il parto prematuro, l’anno passato nell’incubatrice, viaggi continui da un ospedale all’altro, da un dottore all’altro e i suoi occhi che non vedono nemmeno le ombre.

Mi spiegò che da un anno appena accettava finalmente di essere alimentata tramite bocca e non più con il sondino nello stomaco. Non mi fece particolari raccomandazioni, e mi disse di tornare un pomeriggio per conoscerla meglio, ma soprattutto per far sì che Silvia si abituasse a me. Infatti, non essendo abituata a stare con gli estranei, l’approccio doveva essere graduale. La mamma e il papà di Silvia sono persone molto equilibrate e amichevoli, quindi non c’è voluto molto perché io mi sentissi accolta. Con lei sono premurosi, ma senza mai soffocarla; hanno una visione oggettiva dei suoi problemi e questo li rende vigili e instancabili. Li ammiro molto e penso che Silvia sia proprio fortunata!

Così (chissà con quale cuore!) mi hanno dato fiducia e presto ci lasciarono da sole l’una alla scoperta dell’altra…

All’inizio l’ho osservata per capire come introdurmi nel suo giocare. I suoi oggetti preferiti erano e rimangono, naturalmente, quelli che suonano, parlano o vibrano, che lei può azionare a ripetizione spostandoli da una parte all’altra con le mani. Mentre quelli che non”fanno niente” sono destinati ad essere cavie da scaraventare giù dal tavolo per sentire che rumore fanno toccando terra. La mamma di Silvia mi spiegò che andava spronata la sua curiosità per il mondo circostante, e potevo tentare di insegnarle anche l’uso degli oggetti della vita quotidiana.

Come rendergliela comprensibile?

Devo dire che non è facile suscitare interesse in una bambina che non può vedere quello che la circonda, che non ha un’immagine mentale delle cose e che quindi non può avere un’idea dell’uso di queste. È logico che sono più interessanti quegli oggetti che fanno qualcosa che per lei ha un senso, come per esempio un gioco che toccato suona o vibra e che le dà un piacere immediato. Quando sono con Silvia mi chiedo come possa comprendere una cosa che le dico o una cosa che le faccio fare se non ha la stessa immagine mentale che ne ho io…Come fare quindi per rendergliela comprensibile? Per noi è normale pensare ad una cosa ed avere nella testa un’immagine di questa; quindi provo ad azzerare la mia esperienza, perché quello che per me è scontato per lei non lo è. Per questo motivo i suoi tempi sono tutti più lenti, ma è emozionante vedere che in poco più di un anno ha fatto molti passi avanti. Adesso è più curiosa, sta imparando a camminare senza appoggiarsi troppo a chi la sostiene e poi le sue vocalizzazioni assomigliano sempre di più a parole per noi comprensibili. Collabora di più nelle azioni quotidiane come mangiare, lavare le mani, il viso, i denti, cambiare i vestiti.

Sta nascendo la comunicazione

Negli ultimi tempi sorride quando mi sente arrivare e quando mi avvicino per baciarla ed abbracciarla; sembra proprio che mi riconosca. E poi mi prende la mano, la tocca e mugugna qualcosa che ha tutta l’aria di essere un discorso. Già da qualche tempo aveva preso l’abitudine di mettere le braccia intorno al collo e di stringere forte, ora lo fa molto più volentieri e per più tempo. Queste sue manifestazioni mi riempiono di gioia perché sento che man mano che passa il tempo tra noi si sta instaurando una sorta di comunicazione. Nel camminare e nel muoversi cerca sempre un appoggio per sentirsi più sicura, a volte le capita di perdere l’equilibro, ma c’è sempre qualcuno che la sostiene. Credo che, nel suo lungo cammino verso l’autonomia, lei abbia bisogno di sapere che può sempre contare su qualcuno accanto a lei che le dà la mano nei momenti di bisogno. Quello che ho appena detto è un concetto banale, ma per me non lo è più nel momento in cui penso di far parte di quella ristretta cerchia di persone su cui Silvia può contare.

Laura Nardini, 2004

Una bambina da incontrare ultima modifica: 2004-12-14T16:35:08+00:00 da Laura Nardini

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