Sono appena tornata da Lourdes insieme ai giovani della nostra diocesi di Malines Bruxelles. Abbiamo abbiamo partecipato alle celebrazioni presiedute dal Papa. Al fianco di ognuno di noi stava un malato della ‘ nostra diocesi che noi accompagnavamo.

Sono tornata con tre scene scolpite nel cuore:

Prima scena: l’arrivo del Papa alla grotta, sabato a mezzogiorno. Egli è letteralmente senza forza, s’inginocchia e piange lungamente con grandi singhiozzi:”Madre mia, abbi pietà di me, abbi pietà di me che mi dono interamente a te”, parafrasando le parole di santa Bernadette. Il suo corpo sembra venir meno per un istante, poi egli prega intensamente con le mani sul volto. Noi piangiamo e preghiamo intensamente con lui. È giunto al limite estremo di ciò che si può sopportare. Si vorrebbe correre verso di lui, prenderlo tra le braccia, lentamente, teneramente e accompagnarlo con precauzione fino alla Foresteria. Poi il Papa ci dice:”Vorrei stringervi affettuosamente tra le braccia, uno dopo l’altro, e dirvi quanto vi sono vicino e quanta solidarietà sento per voi. Vi sono vicino come un pellegrino vicino alla Madonna, faccio mie le vostre preghiere e le vostre sofferenze. Vivo insieme a voi un periodo pieno di sofferenza fisica, ma non per questo meno fecondo nel disegno di Dio.”

Seconda scena: la preghiera individuale del Papa prima della partenza, sempre alla grotta, la domenica sera. Il silenzio assoluto di migliaia di pellegrini durante la preghiera del Papa. Per almeno venti minuti il tempo sembra fermarsi: non pare lungo nè corto. Si prega intensamente, con lui, per lui, per la Chiesa e per il mondo. Poi il Papa si rialza con dolcezza e non osiamo rompere il silenzio prodigioso e il grande rispetto che esso contiene. Le sue mani si tendono, si congiungono verso di noi e si manifesta la gioia, la liberazione: l’applaudiamo fortemente e gli gridiamo che gli vogliamo bene. Tra le due scene, la celebrazione dell’Eucarestia dell’Assunzione. Il Papa soffre dopo l’omelia che ha letto con grande chiarezza. Chiede aiuto almeno tre volte (bevande, medicine) poi recita la preghiera eucaristica. Mette in moto tutte le sue energie e non riesce a cominciare. Martella il bracciolo dellpoltrona con le dita, per far capire che vuol dirla, la preghiera. Con lo sguardo supplica che l’aspettino. I concelebranti cominciano a salmodiare la preghiera senza di lui. Egli tenta parecchie volte di attaccarsi al treno, ma invano: il ritmo è troppo rapido per lui. Il Santo Padre vive l’abbandono. Noi lo viviamo con lui.

Per noi che eravamo là è stata un’esperienza di incontro intimo con Dio e con una persona umana, il Papa Giovanni Paolo II. Abbiamo sperimentato una presenza mai vissuta, una preghiera intensa, una comunione umile, sobria, nella debolezza e nel silenzio: perchè, a parte l’omelia della domenica, non abbiamo praticamente capito niente delle parole del Papa.

Le parti più deboli, quelle meno presentabili, sono necessarie e devono essere onorate” ha scritto San Paolo. Aiutaci, Signore ad accogliere le nostre povertà e il povero che rappresentano la tua presenza nel cuore del mondo.”Siamo stati creati per volerci bene” dice Jean Vanier riflettendo sul 3° luminoso mistero del Rosario, quello del sabato, nell’Annuncio del Regno.

Vivere al ritmo dei più piccoli, è una sfida immensa.

I giorni di Luordes resteranno nel mio cuore fino all’ultimo momento della mia vita. Concretamente ho vissuto l’esperienza di una Chiesa la mia Chiesa che amo tanto debole, debole nel suo Capo, sorgente e segno, per ogni persona del mondo intero, di una presenza di Dio e di un’umana comunione con Lui.

Fabienne Clinquart (animatrice dei giovani nell’incontro), 2004

tratto da (da Alleluja Arche)

La Chiesa debole nel suo capo sorgente e segno della presenza di Dio ultima modifica: 2004-12-14T15:43:34+00:00 da Fabienne Clinquart

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