“Sono qui da un mese, accanto a mio figlio ricoverato dopo un intervento in un ospedale del nord. Dormo con lui, mangio con lui, lo guardo esercitarsi ogni giorno. E penso che qui, ma solo qui, resterei ancora un altro mese o due o tutto il tempo necessario”.
Loredana è la mamma di Francesco che ha 8 anni. Da quando il bambino aveva nove mesi, cioè da quando gli fu diagnosticata la tetraparesi spastica, Francesco frequenta il centro di riabilitazione “La Nostra Famiglia” ad Ostuni, in provincia di Brindisi, in uno dei quattro poli regionali dell’istituzione fondata a cavallo degli anni ‘50 da don Luigi Monza.

Ostuni è una delle città più belle della Puglia, in collina ma a pochi passi dal mare, bianca di calce fuori, viva di arte e di turisti dentro. Ma per Loredana e Francesco e per centinaia di famiglie meridionali, Ostuni è soprattutto “La Nostra Famiglia”: l’unica possibilità nel sud d’Italia di fare riabilitazione neurologica in età evolutiva, cioè da 0 a 18 anni. “La nostra famiglia” è un ente ecclesiastico riconosciuto dal 1958, una onlus ai fini legali e ha un “braccio operativo” che è l’istituto di ricerca “Eugenio Medea” con quattro sedi, appunto: quella centrale di Bosisio Parini, in provincia di Lecco, quella friulana di San Vito al Tagliamento, quella di Conegliano veneto e poi Ostuni.

La struttura pugliese è centro di ricerca dal 1998 e da qualche mese il piano di riordino ospedaliero regionale le ha anche assegnato 20 posti letto divisi in due reparti. Nel primo si fa riabilitazione neuromotoria per le paralisi cerebrali infantili, i traumi cranici, la distrofia muscolare, le sindromi epilettiche, i trattamenti postchirurgici ortopedici (come nel caso di Francesco, operato a Dolo, vicino Venezia, per una resezione tendinea. “La Nostra Famiglia” non è attrezzata per le operazioni chirurgiche). Nel secondo si fa riabilitazione per i disturbi neuropsichiatrici: i ritardi mentali, l’ipercinesi, i disturbi del linguaggio o dell’apprendimento e soprattutto l’autismo. “Nella cura dell’autismo — ci racconta il direttore sanitario, Antonio Trabacca — applichiamo anzitutto il metodo TEACH ma cerchiamo di inserirlo in un percorso più ampio che abbiamo chiamato Spazio verde. Cerchiamo di coinvolgere in un dialogo formativo la famiglia, le agenzie educative e persino gli amici della persona autistica in modo da crearle intorno un ambiente adatto allo sviluppo”.

Loredana e Francesco hanno rischiato seriamente di non trovar posto a Ostuni subito dopo l’operazione del bambino. Avrebbero dovuto andare chissà dove, forse a Genova o in ospedali più vicini a Brindisi, dove vivono, ma certo meno attrezzati. Ecco, il punto debole de “La Nostra Famiglia” di Ostuni è proprio il numero di posti-letto assegnati dalla Regione: 20 sono considerati pochi per le richieste che vengono da tutto il Sud, dalla Sicilia fino a Campania e Molise, e anche per una gestione complessiva dei costi. Normalmente sono i medici di famiglia 0, più spesso, gli specialisti ad indirizzare verso l’ospedale riabilitativo di Ostuni e gli altri del nord Italia. Ma non è difficile mettersi in contatto con i centri di ricerca, ad esempio partendo dal sito internet che è www.emedea.it. Si sta negli ospedali de “La Nostra Famiglia” come in qualsiasi altro ospedale pubblico, cioè senza pagare assolutamente nulla. Le stanze sono doppie per ospitare il paziente e un genitore oppure singole per alcuni casi particolari.

Una visita ai nuovi reparti mostra subito che qui ad Ostuni l’attenzione verso il malato è molto forte negli aspetti materiali: l’igiene, la qualità dell’assistenza, la cura degli ambienti; ma anche in altri. “Il bene fatto per bene, era lo slogan del nostro fondatore, don Luigi Monza (presto dovrebbe arrivare per lui la beatificazione papale) — dice la direttrice del Centro, Carmen Chiaramonte — e allora abbiamo il dovere di dare qualcosa in più, non solo ai corpi, ma anche ai cuori”. Così le mamme hanno cucine e locali comuni fra loro e con i figli. Si ricrea un ambiente simile a quello familiare, aiutato anche dalla presenza di volontari che hanno il compito essenziale di far giocare i bambini. Forse anche per questo Loredana accetta di trascorrere un mese, due, tre in ospedale accanto a Francesco, lasciando a casa un altra figlia tredicenne e il papà. E per un periodo, si spera breve, la Nostra Famiglia diventa la loro famiglia.

Vito Giannulo, 2004

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.86

Sommario

Editoriale

Un'Italia nascosta di M. Bertolini

Concorso

La chiesa è per tutti?

Non cercare il sale nella minestra di Tea Cabras
L’umana resistenza di Silvia Gusmano
La domenica con i disabili di V. Rossani

Articoli

Perché esiste la disabilità? di J. Vanier
Lo sguardo sulle persone diverse da noi di Redazione
Amministratore di Sostegno di S. Artero
Parla il Giudice Tutelare Intervista di Cristina Tersigni
Lavorare? Sì, grazie! di L. Nardini
Un orribile meraviglioso campeggio di O. Gurevich
Il dente del giudizio e il servizio civile di S. Gusmano
Nuovo istituto di riabilitazione nel Sud di V. Giannulo

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

Il ragazzo che amava Shakespeare, B. Smith
In autobus con mia sorella, R. Simon
Storia dell’aborto, G. Galeotti

Ma i posti sono pochi – Il centro di riabilitazione “La Nostra Famiglia” ultima modifica: 2004-06-11T16:42:13+00:00 da Vito Giannulo

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.