È uscito un secondo libro di Alexandre Jollien, “Il mestiere di uomo” edito da Qigajon. Leggendolo e rileggendo il suo primo libro, “Elogio della debolezza”, si rimane colpiti dalle sue riflessioni sull’importanza dello sguardo che posiamo sulle persone, in qualunque modo diverse da noi.
Le frasi che riportiamo sono un invito a leggere con attenzione questi suoi due testi, preziosi per tutti noi che vorremmo avere, come suggerisce la mamma polacca nella sua lettera pubblicata nel “Dialogo aperto”, “occhi nuovi, non di stupore o di commiserazione, ma occhi disinvolti, di simpatia verso ogni disabile”.

L’ho percepito, sono un anormale… I movimenti degli occhi che esaminano ogni parcella del mio essere me lo insegnano: uno sguardo fissa il mio, poi scende e si fissa dove si trova la prova che sta cercando: “l’handicappato”.

Per voler fuggire troppo la cattiveria, la crudeltà di certi incontri, mi taglio fuori dall’affetto, dal conforto. Proteggendomi all’eccesso dagli sguardi che condannano e umiliano, finisco per chiudere anche gli occhi che amano.

Così ho reso schiavo dello sguardo altrui, nego poco alla volta al mio corpo, il diritto ad essere diverso.

Ci sono sorrisi che feriscono, complimenti che uccidono… la pietà ferisce più del disprezzo. Sì, niente pietà. Ogni giorno incontro quello sguardo accondiscendente che crede di farmi piacere, forse in tutta sincerità, ma che nega la mia libertà e mi nega ipso facto.

Liberarsi dallo sguardo che ferisce esige in realtà una fiducia in se stessi che si acquisisce faticosamente e che rischia di deperire in fretta di fronte a degli sguardi insistenti.

Più volte ho constatato che quando passo in mezzo ad un gruppo di persone, queste tacciono, assumono un’aria un pò compassata, un pò come quando ci si leva il capello al passaggio di un corteo funebre. Poi una volta passato, i discorsi riprendono.

Gli occhi che vedo per la prima volta mi spiano, diventano nemici; anche se non mi conoscono, rivelano tuttavia la parte oscura ormai familiare, accettata e superata dagli amici.

La prova dello sguardo non è sempre vissuta agevolmente: troppo spesso rappresenta persino un dramma e come liberarsene rimane forse l’apprendistato piu delicato.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.86

Sommario

Editoriale

Un'Italia nascosta di M. Bertolini

Concorso

La chiesa è per tutti?

Non cercare il sale nella minestra di Tea Cabras
L’umana resistenza di Silvia Gusmano
La domenica con i disabili di V. Rossani

Articoli

Perché esiste la disabilità? di J. Vanier
Lo sguardo sulle persone diverse da noi di Redazione
Amministratore di Sostegno di S. Artero
Parla il Giudice Tutelare Intervista di Cristina Tersigni
Lavorare? Sì, grazie! di L. Nardini
Un orribile meraviglioso campeggio di O. Gurevich
Il dente del giudizio e il servizio civile di S. Gusmano
Nuovo istituto di riabilitazione nel Sud di V. Giannulo

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

Il ragazzo che amava Shakespeare, B. Smith
In autobus con mia sorella, R. Simon
Storia dell’aborto, G. Galeotti

Come guardiamo le persone diverse da noi? Le riflessioni di Alexandre Jollien ultima modifica: 2004-06-11T17:44:20+00:00 da Redazione

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