Quando vivevo con i miei genitori vedevo i miei fratelli e sorelle uscire, svolgere un lavoro, mentre io non avevo niente. Poi si sono sposati. Mi sono sentito abbandonato. Loro erano felici, io ero infelice. Non avevo niente di concreto nella mia vita. Gli altri decidevano tutto al mio posto, perché io non sapevo cavarmela da solo.

Da quel momento cominciai a vivere nell’angoscia. Anche i miei genitori si sentivano perduti. Non sapevano più cosa fare per aiutarmi. Ne avevano già fatte tante di cose per me ma io volevo fare a modo mio. Ero sicuramente orgoglioso ma volevo sbrigarmela da solo e non ci riuscivo. Era necessario che qualcuno mi aiutasse, ma non volevo essere aiutato. Quando, ogni tanto dovevo accettare di essere aiutato, reagivo male, mi chiudevo nel silenzio. Tutti ne soffrivano ma questo atteggiamento era la mia sola forza. Quando i miei fratelli e sorelle venivano a casa con i loro figli, io mi sentivo escluso. Mi chiudevo in camera, scrivevo lettere, poesie per dimenticare che ero solo.

Sono stato aggressivo nei confronti di tutti per degli anni interi.

Volevo sposarmi per poter amare qualcuno ma ancora di più per uscire dalla mia solitudine, per aprire il mio orizzonte. Mi innamoravo spesso, avevo colpi di fulmine quando vedevo ragazze carine, ben vestite, simpatiche. Ma a loro non rivelavo mai nulla per mancanza di fiducia in me stesso.

I miei genitori non mi avevano mai parlato della vita sessuale (se lo hanno fatto non me ne ricordo), del modo in cui nascono i bambini. Da parte mia non osavo fare domande. Ho scoperto tutto da solo, nei libri. e questo mi ha turbato, mi ha fatto del male. Prendere cattive abitudini solitarie dà un senso di tristezza e non aiuta a cambiare niente. Restano l’angoscia e il turbamento. Si continua ad essere soli.

Sono passati diversi anni ed ora io so, o per lo meno credo, che il matrimonio non è fatto per me. E necessario farsi carico di molte cose, di un’altra persona, dei bambini, ed io non potrei farlo, non ne sono capace. Ma sono ancora, spesso, innamorato. Lo sono continuamente.

Da qualche anno abito da solo in un piccolo appartamento. Per me è stata una tappa fondamentale; ci è voluto l’incoraggiamento di tutta la mia famiglia perché riuscissi a fare questo salto. All’inizio non ci credevo, mi sentivo perduto. Dovevo fare tutto da solo e ho fatto molti errori. Adesso va bene e non vorrei proprio tornare indietro. Sto bene da solo. Un po’ per volta mi sono fatto degli amici, soprattutto delle coppie. Alcuni mi aiutano a fare le mie cose, altri mi invitano a casa loro.

Avevo una televisione, guardavo qualunque cosa e soprattutto molte cose che mi turbavano sessualmente. Un po’ alla volta ho capito che questo mi faceva male. Ora non ho più la televisione.
Passo il tempo occupandomi del mio lavoro, disegnando, scrivendo lettere a diverse persone. Faccio parte di un coro e di una comunità Fede e Luce. Lì mi è stato chiesto di far parte dell’équipe che prepara le riunioni. A me questo piace molto. Hanno fiducia in me ed io posso aiutare.

Anche la mia parrocchia è un sostegno forte. Faccio l’animazione dei canti, aiuto l’équipe liturgica a decidere la scelta dei canti. A me piace moltissimo cantare, è la cosa più bella nella mia vita. Nella mia parrocchia mi sento accolto e questo mi dà il desiderio di essere generoso, aiuto a trasportare i banchi, sistemo il microfono… All’improvviso ora sono pieno di amici ma è sempre duro essere solo. Ci sono giorni in cui va bene, mi sento felice. In altri giorni rimargino dentro di me. Penso che non sono amato, che non ho una persona da amare. Non ho un rapporto di tenerezza con qualcuno. Questa situazione è difficile da sopportare. Per fortuna ho amici che mi aiutano.

– Girolamo, 2003

Amore e disabilità: una scelta difficile ultima modifica: 2003-06-23T16:49:03+00:00 da Redazione

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