Dal novembre 2015 sono parroco a San Rocco e a Madonna Bianca nella periferia di Trento. All’epoca Gabriele aveva poco più di 7 anni: era piccolo, velocissimo… ogni porta aperta, ogni varco aveva il solo scopo di essere attraversato senza nessun controllo. All’inizio il contatto con lui era limitato alle volte in cui Giada, la sorella maggiore, partecipava alle attività parrocchiali e alla messa domenicale dal primo banco, con la famiglia. Gabriele, che ha la sindrome di Down, non è un bambino di tante parole ma ha trovato il modo di comunicare il suo desiderio di essere protagonista: a noi tardi a comprendere, ha sostanzialmente urlato – con gesti e sguardi – «Ehi ci sono anch’io! Possibile che non ci sia nulla da farmi fare? Tutti partecipano, perché io non ho un posto?». Così ho deciso di coinvolgere Gabriele come chierichetto.

Oggi il mio “chierichetto capo” si muove con sicurezza nella celebrazione, in entrambe le chiese, riuscendo a supplire a quei piccoli disguidi che ogni tanto capitano. Quando partecipa alla messa, dopo il Confesso, recita la prima parte del Signore pietà, cui tutti poi rispondiamo; introduce la proclamazione del Vangelo e si ferma con me all’ambone fino alla fine della predica; introduce le prime parole della professione di fede; fa due preghiere dei fedeli; serve all’altare; suona le campanelle all’elevazione (e se non ci sono le campanelle, simula il suono con la voce); va con il ministro straordinario a prendere il Santissimo e poi lo riaccompagna per la reposizione; regge, seppur con minore entusiasmo, la tovaglietta durante la distribuzione dell’Eucaristia; introduce la supplica a San Rocco; saluta l’assemblea dopo la benedizione finale. Tutto ciò ha necessitato di un tempo tecnico nel quale scoprire il posto e familiarizzare con la tempistica liturgica; io cercavo di interpretare e capire cosa lui voleva fare e, se questo era possibile, realizzarlo.

A San Rocco e a Madonna Bianca Gabriele si muove con sicurezza nella celebrazione riuscendo a supplire quei piccoli disguidi che ogni tanto capitano

Una delle prime volte, al momento della Comunione, comunicati i ministri straordinari, mi sono girato per proseguire con la distribuzione all’assemblea: con grande meraviglia Gabriele era già in viaggio verso la corsia centrale con Gesù. Anche lui voleva distribuire. Questo, però, non era opportuno e ho pensato di tenerlo accanto: io con Gesù Eucaristia, lui con un passo tratto dalla scrittura intonato al tempo liturgico. Pane e Parola venivano offerti insieme, un modo per entrare sempre più nella celebrazione eucaristica.

Un tentativo di sommossa ha provato a montarsi in chi non riusciva a vedere la presenza di Gabriele come un’occasione per vivere il senso autentico di comunità e di famiglia. Da parte mia, non sarei tornato indietro dall’esperienza e l’ho spiegato in un’omelia.

Davvero il Signore chiama ciascuno a partecipare del valore inestimabile della sua amicizia. Tutti hanno la possibilità di contribuire a una celebrazione che sia non semplicemente subita, ma vissuta e partecipata. Se non abbiamo paura di esser noi stessi non abbiamo da temere alcunché. Lo Spirito Santo soffia, soffia dove vuole e chi lo vuol seguire, e azzarda con lui, scopre davvero la sua umanità e il suo cuore abitati da Dio.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.162

Copertina di Ombre e Luci n. 162 (2023)

Possibile che Gabriele non abbia un posto? ultima modifica: 2023-10-11T12:34:23+00:00 da Michele Vulcan

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