Dal 22 al 29 settembre 250 delegati dalle comunità Fede e Luce di tutto il mondo hanno partecipato all’incontro internazionale di Fede e Luce che si è svolto al centro “Mondo Migliore” di Rocca di Papa, presso Roma. Sono venuti da 75 paesi, in rappresentanza di circa 1.700 comunità, con il desiderio in particolare di vivere una straordinaria esperienza di fede. In questa settimana hanno avuto modo di confrontarsi e crescere nella formazione, guidati dal passo del vangelo di Giovanni “V/i ho scelto affinché andiate e portiate frutto”. Jean Vanier (fondatore di Fede e Luce insieme a Marie Hélène Mathieu) ha espresso così la prima ragione dell’incontro: “Siamo qui per rendere grazie a Gesù per aver trasformato le nostre lacrime in gioia”.

“Siamo qui per rendere grazie a Gesù per aver trasformato le nostre lacrime in gioia”

La settimana è trascorsa con un ritmo molto serrato di appuntamenti: le catechesi, le relazioni (tra cui quella di apertura di Marie Hélène Mathieu sul significato di Fede e Luce oggi e quella conclusiva di Jean Vanier sulla missione del movimento), la celebrazione interconfessionale nelle Catacombe di Santa Domitilla. reiezione della nuova coordinatrice internazionale — Vivianne Le Polain — gli incontri di zona e la festa con cui le comunità romane hanno salutato i delegati sabato 28 settembre.

“La persona segnata è spesso rifiutata”

Per molti delegati, rincontro di Fede Luce a Roma ha rappresentato la prima occasione di uscire dal proprio Paese e di visitare la città culla del cristianesimo. Grande è stata la commozione quando, il 26 settembre, molti nei loro colorati abiti tradizionali, sono stati accolti dal Papa a Castel Gandolfo. Un «incontro tra sofferenze» nel quale è emersa la reciproca «tenerezza di Dio».

Jean Vanier ha aperto l’udienza ricordando che “la persona segnata è spesso fonte di divisione, di scandalo, di conflitto e di tristezza. Spesso è rifiutata, ancor prima della sua nascita. A Fede e Luce, grazie a Gesù e alla sua Buona Novella, scopriamo insieme che queste persone possono diventare sorgente di vita e di unità; portano alla compassione i nostri cuori induriti e pieni di paura; ci trasformano e ci chiamano a vivere in comunità fatte di amicizia e di solidarietà”.

Il Santo Padre ha ringraziato i delegati per “la testimonianza nella nostra società — ha detto — chiamata a scoprire la dignità dei portatori di handicap, ad accoglierli e a integrarli nella vita sociale, anche se resta molto da fare affinché sia veramente rispettata la dignità di tutti gli esseri umani e non si metta mai in pericolo il dono della vita”. Il Papa ha rivolto delle parole di coraggio anche ai genitori dei ragazzi con handicap mentale: “Penso — ha concluso — anche ai genitori che, grazie a Fede e Luce, si sentono sostenuti nella loro sofferenza e che vedono la loro tristezza trasformarsi in speranza, per accogliere in umanità e nella fede i bambini handicappati”.

Toccati e liberati

Hélène Mathieu, Jean Vanier ed Enza Gucciardo (responsabile per l’Italia) hanno avuto modo di illustrare il movimento di Fede e Luce alla stampa internazionale venerdì 27 settembre. Molti i riferimenti alle esperienze personali, che sole possono testimoniare il messaggio di amore di Fede e Luce.

“Una mamma mi raccontò — ha detto M. Hélène Mathieu — che prima di fare parte delle comunità si vergognava del figlio, disabile gravissimo, e pensava che l’handicap fosse una maledizione; ora lo porta con sé ovunque, in chiesa e al mercato: una vita trasformata da quando ha capito che il bambino era amato da Dio e lo ha accolto”.

Enza Gucciardo ha sottolineato che gli amici dei disabili possono sentirsi toccati e liberati da loro che si relazionano al livello del cuore, non dell’efficienza e della razionalità. L’universalità di questo messaggio ha reso possibile la graduale trasformazione di Fede e Luce in movimento ecumenico, perché, come spiega Jean Vanier, la sofferenza è comune a tutti. “Fede e Luce è strettamente legata alla sofferenza per la nascita o la presenza di un figlio o un amico disabile mentale: la stessa sofferenza provata da cattolici, protestanti e ortodossi”. Il rispetto reciproco è poi il secondo passo: “Il nostro ideale di fondo è il rispetto della diversità, allora è naturale anche l’incontro con le altre confessioni». Le comunità di «Fede e luce» celebrano infatti liturgie comuni: «Se la celebrazione è anglicana assistono anche i cattolici ma non ricevono la comunione. Lo stesso se la celebrazione è cattolica».

La diversità, quindi, unisce e favorisce il dialogo ecumenico ed interreligioso: è l’esperienza vissuta nelle circa 1.700 comunità del movimento sparse in tutto il mondo, e presente in Italia dal 1975. Allora i gruppi erano 7, “ora ci sono 62 comunità riconosciute, in prova e nascenti”, riferisce Enza Gucciardo.

“In alcune parrocchie siamo presenti anche nel Consiglio pastorale”, ha raccontato Cristina Tersigni una dei tre responsabili del centro Italia, sottolineando anche alcune difficoltà: a volte il rifiuto o la diffidenza nei confronti dei disabili e delle loro famiglie nasce dalla “mancanza di conoscenza reciproca o da paure”.

«Spesso — racconta Marie Hélène — a fine messa invitiamo i parrocchiani a bere qualcosa con noi, perché rincontro tra persone aiuta ad abbattere i pregiudizi e a cambiare gli atteggiamenti”. Il confronto nelle comunità rappresenta un sollievo e allo stesso tempo una ricchezza per genitori e amici dei disabili mentali: “È un cammino di fede vissuto in pienezza. Avere la possibilità di condividere con altri le proprie sofferenze aiuta ad affrontare le difficoltà di ogni giorno, grazie alla forza che ci dà il Vangelo”.

A cura della Redazione, 2002

Per portare frutto – Incontro dei delegati di Fede e Luce di tutto il mondo 2002 ultima modifica: 2002-09-01T12:25:48+00:00 da Redazione

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