Un bambino che ci aiuta a crescere

È difficile riassumere in poche righe gli eventi che ci hanno portato all’accoglienza di Francesco, i sentimenti, le emozioni, gli interrogativi, le soddisfazioni, le preoccupazioni che ci stanno accompagnando in questa esperienza.
Riguardo agli eventi siamo comunque convinti che certe esperienze che abbiamo vissuto, certi fatti che sono accaduti e che, in un primo momento sembravano insignificanti o semplici coincidenze, si sono poi rivelati come legati da un filo che sta accompagnando la nostra storia.
Sicuramente all’adozione di Francesco hanno concorso due fattori importanti:

  • il legame, che dura ormai da qualche anno, tra la nostra Comunità parrocchiale e la Tau di Arcene, legame fatto di ospitalità, di vicinanza, di amicizia, di semplici gesti di condivisione;
  • nella nostra famiglia il desiderio da parte di noi genitori di aprirci anche all’esterno per poter condividere quanto avevamo ricevuto e mettere a disposizione di altri bambini, senza alcuna presunzione, la nostra esperienza di genitori, desiderio che si è incontrato con la proposta dei nostri quattro figli, soprattutto della maggiore, di occuparci di un bambino della comunità Tau.

Così a metà Luglio nella nostra famiglia è arrivato Francesco, un fagottino di qualche mese e… qualche chilo, qualche cromosoma in più e …qualche problemino al cuore.
Francesco è un bimbo molto dolce, affettuoso, che si fa voler bene, con due occhioni curiosi che seguono tutto e tutti; è veramente buono (dorme tutta la notte!) e gli piace molto essere coccolato; per noi è già a tutti gli effetti un membro della famiglia (anche per le nonne che stravedono per lui).
Certo, Francesco ha portato qualche cambiamento nei nostri ritmi e abitudini quotidiani; ci sono anche alcuni problemi, peraltro normali quando si tratta di fare spazio (e non solo fisico!) ad un nuovo arrivato, qualche preoccupazione legata alla sua salute.
Ma Francesco ci sta largamente ricompensando con il suo affetto e ci sta aiutando un po’ tutti a crescere come singoli e come famiglia.
Con i suoi bisogni ci aiuta ad avere un rapporto diverso col tempo, ci aiuta a saperci fermare per cogliere ed apprezzare le cose essenziali della vita.
Ci sta aiutando a fidarci di Dio e delle persone che ci vivono accanto, ad avere speranza nel futuro.
Abituati ad avere la giornata già tutta programmata, Francesco ci sta insegnando a saper accettare anche gli imprevisti, gli inconvenienti.
Sta aiutando i nostri figli a responsabilizzarsi e a sentirsi sempre più partecipi e coinvolti nella vita familiare, ognuno con le proprie possibilità e caratteristiche (ci viene in mente, ad esempio, la più piccola che si mette a ballare i balli latino-americani vicino al lettino quando Francesco deve svegliarsi per la pappa).
Francesco è davvero un dono prezioso per la nostra famiglia e per la comunità in cui viviamo!
La famiglia di Francesco


La mìa storia

Forse sono stata un po’ troppo aggressiva (Vedi lettura «Serie A e serie B» a pag. 3 di Ombre e Luci n. 2-2002) e voi, comprensivi e amabili, chiedendo una mia testimonianza. Io potrei mandare tanti «racconti» a puntate della mia esistenza: da quando sono nate le mie gemelle (che ora hanno 40 anni ed erano premature e non riuscivano a mangiare tanto che «amorevolmente» la suora del reparto dell’ospedale mi disse: «Ah! Lei, con quelle due deve essere preparata in qualsiasi momento che le vengano a mancare); alla nascita travagliata di Francesca e alla sua prima infanzia. Siamo andati da dottori vari, da «santoni» e via dicendo.
In tanti anni sono stata sostenuta da mio marito che aveva un carattere eccezionale: sereno, sempre pronto a interpretare al meglio ogni affermazione anche negativa. Poi il colpo più grave: una sera di due anni fa ha cominciato a sentire dei forti dolori e in poco più di due ore — per un aneurisma all’aorta — ci è mancato. Non posso ancora descrivere il vuoto che ha lasciato in tutta la famiglia e l’abbattimento che è calato su Francesca già tanto provata per la sua situazione fisica.
Adesso ci stiamo orientando verso una casa famiglia che dovrebbe diventare operativa nei prossimi due anni. Se qualche particolare di queste varie vicende vi può interessare non avete che da chiedere ed io, lettera su lettera, scriverò volentieri anche a costo di soffrire rievocando episodi dolorosi.
Gabriella Grossi


Angeli custodì

Carissimi,
sto leggendo un bel libro di meditazione di Anselm Grùn, che parte da 25 episodi biblici dove sono attivi gli angeli. Egli ne dà un’interpretazione in chiave psicologica, e ne escono delle riflessioni molto interessanti.
Penso che potrebbero aiutare anche chi magari non ha tanta fede in Dio, però sa cercare il lato positivo delle cose e sa che anche nelle situazioni più buie c’è un raggio di speranza.
Perché ne parlo?
Perché tutti viviamo delle situazioni in cui sperimentiamo il nostro limite: una incomprensione, un’amicizia che si è rotta e non riusciamo più a riprendere; una sofferenza che non riusciamo a consolare; un figlio che cresce e che ci crea apprensione; una responsabilità che ci pesa un po’ troppo; un amico che è lontano…Allora perché non pensare che dove non possiamo arrivare noi, lì può arrivare un angelo? E gli affidiamo quella situazione. È una iniezione di fiducia! E così, vorrei pregare perché l’angelo del Signore sia sempre vicino a ciascuno di voi, vi protegga da ogni male, vi dia pace e gioia, ci tenga uniti nella comunione.
(Dal Bollettino telematico FL. n. 91).
P. Enrico Cattaneo


Mi ha ridato la gioia di vivere

Matteo è un ragazzo con la sindrome di Williams ed ha 17 anni.
È molto affettuoso, socievole e puro. Non conosce la malizia e la cattiveria ed è incapace di provare sentimenti negativi.
Ha una sorella gemella, Ilaria, che per lui è uno stimolo continuo e che gli ha permesso, pur di imitarla, di raggiungere obiettivi importanti.
Due anni fa è stato scelto da un regista per partecipare a uno spettacolo teatrale: «L’Amore delle tre Melarance» e con mio immenso stupore ha partecipato con grande impegno e serietà. Il giorno del debutto al Teatro Argentina è stato fantastico!
Ho sottolineato la sua costanza in quanto Matteo di solito comincia le cose, ma poi si stanca e non le porta a termine, o per lo meno non vorrebbe, ma io lo spingo a continuare.
L’esperienza del Teatro lo ha fatto crescere, gli ha fatto capire che se vuole può fare tutto. Inoltre gli ha fatto acquistare sicurezza in se stesso e gli ha dato la possibilità di farsi nuovi amici. Per la prima volta non ha avuto bisogno del mio stimolo per terminare un progetto.
Poi è avvenuto l’inaspettato. La compagnia teatrale è stata invitata in Australia al Festival internazionale del teatro. Matteo non aveva mai preso l’aereo e il mio timore era che per la prima volta un viaggio così lungo lo avrebbe agitato, invece ancora una volta mi ha stupita. Eccitato e felice ha affrontato questa avventura con un entusiasmo e una serenità disarmante.
Il successo australiano è stato grande. Matteo ha conosciuto varie personalità che sono state colpite dalla sua socievolezza e loquacità. Negli ultimi due anni ha continuato questa esperienza attraverso un laboratorio teatrale a scuola e nel maggio scorso è andato in scena con il «Sogno di mezza estate».
Inizialmente mi sentivo una mamma sfortunata ma, con il passar del tempo, ho capito che avere Matteo è stata la cosa più bella che mi poteva capitare. Lui mi ha ridato la gioia di vivere; la sua sensibilità mi ha fatto scoprire quanto sia bello un tramonto, un fiore e le piccole cose della vita alle quali non avevo dato più importanza.
La mamma di Matteo

Dialogo aperto n.79 ultima modifica: 2002-09-01T09:45:18+00:00 da Redazione

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