Cos’è Fede e Luce? Vuole essere un “cammino che aiuta la persona umana a scoprire Gesù”. Ma non è sempre immediato radicare questa idea nelle singole comunità, si fatica, ci si interroga, si deve sempre investire tempo per chiarire la propria identità.

A livello internazionale, oltre all’équipe guidata dal coordinatore Ghislain Du Chené, è il consiglio dei coordinatori di tutte le province del mondo a ritrovarsi periodicamente per fare il punto. Dal 5 al 10 luglio scorso, io per il Un Fiume di Pace, Pietro Vetro per Kimata e Carlo Gazzano per Mari e Vulcani, insieme con Lucia Casella, nostra vicecoordinatrice internazionale, abbiamo partecipato a Konstancin, in Polonia, poco lontano da Varsavia, a un incontro davvero ricco di spunti.

Non è facile confrontarsi per alcuni giorni in inglese o in francese, con gente che arriva dai Paesi più lontani, ma il miracolo di Fede e Luce è anche questo: ci capiamo perché condividiamo lo stesso cammino, ci scopriamo uguali anche se diversi nelle nostre culture e tradizioni. E’ sempre un appuntamento che fa bene al cuore: si parte pensando di dover vivere un impegno, si torna ricaricati da tanti scambi, incontri, condivisioni. E un grosso aiuto ce lo hanno dato i ragazzi e gli amici delle comunità polacche: ci hanno accolto offrendoci pane e sale, invitando così a rendere saporita la semplicità di quel che condividevamo; ci hanno regalato un mimo sul racconto biblico dell’arca di Noè, che terminava con l’arrivo della colomba della pace; ci hanno sostenuto per le traduzioni e fatto sentire a nostro agio in ogni momento.

Come ci invitava a fare il Carnet dello scorso anno, abbiamo vissuto “Quattro giorni mano nella mano”. “Obiettivo – ci ha detto Ghislain – è tagliare il diamante, pulire le diverse facce per arrivare all’assemblea generale del 2018 rispondendo alla domanda “cos’è Fede e Luce”. Vogliamo proporre qualcosa che possa brillare, consolidare un movimento che irradia”. E per questo abbiamo anche lavorato a modificare la Costituzione, che verrà votata poi nel 2018.

Ogni giornata è stata dedicata a un tema: sofferenza, gioia, amicizia e missione. Nei gruppi di scambio abbiamo confrontato le nostre esperienze di coordinatori, ci siamo confidati sofferenze e preoccupazioni riflettendo sul brano di Matteo che parla del giogo e del ristoro. Abbiamo ritrovato nella condivisione occasione di speranza: il legame tra noi aiuta a portare il giogo, uscendo dalla solitudine.

Fede e Luce è un dono, siamo chiamati a invitare nuovi amici e nuove famiglie. Non dobbiamo cercare solo persone entusiaste, ma anche chi è triste, perché altrove non potrebbe risplendere. Guardando al nostro ruolo, dovremmo spendere più tempo per i bisogni delle persone e meno per essere perfetti nell’organizzazione, dovremmo pensare non a fare tante cose ma a farle con amore. Dobbiamo ritrovare in comunità il gusto della preghiera insieme, non pensare che chi desidera vivere la spiritualità di Fede e Luce non ami fare festa.

Insieme, abbiamo anche ricordato i piccoli grandi miracoli di rinascita personale cui assistiamo nelle nostre comunità. Fede e Luce porta alla luce le fragilità più nascoste di ciascuno. Papa Francesco al Giubileo ci ha insegnato che bastano gesti di tenerezza per arrivare alle persone, è un incoraggiamento ad aprire gli occhi per permettere questa possibilità di vita nuova. Padre Xavier, belga, ci ha ricordato questo motto: in comunità dovete preparare come se tutto dipendesse da voi e vivere come se niente dipendesse da voi.

Nei gruppi di lavoro si sono affrontati diversi argomenti: la mancanza di assistenti e vescovi di riferimento; la necessità di avere un’associazione che supporti il movimento (l’esperienza italiana è stata presa come esempio positivo); l’importanza di puntare sulla formazione; l’attenzione alle comunità che invecchiano e sono portatrici di saggezza e preghiera; i legami con l’Arca; la scarsità di fondi e l’apporto fondamentale delle Giornate di annuncio e condivisione; il cammino ecumenico. Mentre l’ecumenismo in alcuni Paesi sembra ancora un’eresia, abbiamo vissuto momenti speciali. In particolare alla messa conclusiva, in cui gli assistenti di diverse confessioni hanno benedetto ciascuno di noi in modo diverso. E, alla fine, si sono benedetti reciprocamente. Un segno di profonda pace che rimane impresso nei nostri cuori. Una speranza per il futuro.

Angela Grassi, 2016

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.136

Quattro giorni mano nella mano ultima modifica: 2016-12-16T10:00:14+00:00 da Angela Grassi

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