C’è una parte di noi stessi che conosciamo solo noi…

…e che ci è impossibile rivelare agli altri. Maria ha il cuore in subbuglio: vorrebbe gridare il male che si porta dentro da quando ha saputo che il suo bambino non sarà mai come lo ha sognato. Il medico è stato gentile, ma non riusciva ad essere chiaro. Lei però ha capito.

È successo anche in altre occasioni, più o meno difficili. Preferisce tacere. Come potrebbe far capire quello che prova? Gli altri cercherebbero di consolarla, di distrarla, di parlarle di casi simili, di darle consigli, di invitarla ad essere forte…Lei queste cose le sa, non è di queste che sente il bisogno. Vorrebbe qualcuno che le stesse vicino senza parlare; che sapesse ascoltare in silenzio il tumulto del suo cuore; che cercasse di capire che più il dolore è forte, più è inesprimibile; che quello che lei sta vivendo è legato alla sua storia personale, al suo carattere, alla sua debolezza, alla sua voglia di vivere, al suo bisogno di tenerezza, alle sue paure…

Maria sa, come un’altra Maria, che è meglio non parlare e «conservare tutte queste cose nel suo cuore».

C’è una parte di noi che vedono solo gli altri

Maria e Carlo si sono avvicinati di più da quando Giuseppe è nato. Hanno avuto momenti difficili fra loro; ci sono state tensioni, litigi, discussioni a non finire. Poi, pian piano, si sono attaccati a Giuseppe. Vivono per lui, per lui solo. Il resto conta poco. Hanno deciso che faranno per lui tutto il possibile per farlo star bene. E in parte ci riescono e sono ammirati dagli altri per la loro dedizione. Non si accorgono però di commettere degli errori, come è inevitabile del resto.

Gli altri, si accorgono dei loro sbagli: «Lo viziano troppo» «Gli son sempre addosso» «Pretendono troppo da lui». «Pensano che ci sia solo lui da aiutare».

Possibile che non ci sia nessuno che abbia il coraggio di spiegare con delicatezza a questi genitori che stanno sbagliando?

Qualcuno c’è e ha tentato. Carlo e Maria però, non pensano minimamente che gli altri possono aver ragione. Credono di essere nel vero e giusto atteggiamento e che gli altri non possono aver niente da dire che loro non sappiano di più e meglio.

Ci conosciamo tutti, noi e gli altri, ma…

Marta, Elisabetta, Fabio e Luca sono a cena da Franco. Sono amici da tanti anni. Lavorano, studiano e molto del loro tempo libero lo dedicano a un gruppo di volontariato con persone disabiìi che considerano ormai loro amici. La discussione è iniziata prima di cena ed è sempre più animata: fino a che punto possono essere «veri amici» tra loro, con i genitori del gruppo, con i ragazzi disabili?

Negli ultimi tempi infatti si è creata una forte tensione. «Tutto sembra cambiato dice Elisabetta — io non mi trovo più bene come prima. Non possiamo limitarci ad attribuire questo disagio alla mamma di R., che non è mai contenta di quello che facciamo…né dire che è colpa della stanchezza di alcuni di noi…né perché il parroco non ci aiuta…né addossare la colpa solo al responsabile del gruppo…».

Fabio è il più timido fra loro. Parìa poco, ma osserva molto. Prova a dire la sua: «È vero, ci conosciamo tutti e questo ci impedisce di ricordarci che ognuno di noi cambia: crediamo di sapere tutto degli altri, ma ci dimentichiamo che Carlo non è «forte e allegro sempre», che Marta ha dei pesi nuovi da portare e dei quali non vuole parlare, che Eugenia ora è senza il marito che l’aiutava tanto… La realtà è cambiata per ognuno di noi e all’interno di noi, ma le etichette che ci siamo incollati e i pregiudizi che ci abitano non sono mai veri».

Fanno silenzio; Fabio ha ragione. Nelle relazioni con gli altri c’è sempre da compiere un lavoro di ricerca, di verifica, di approfondimento per avvicinarci a quell’unione e a quell’armonia cui tendiamo, ma che non saranno mai raggiunte completamente.

Ci sono infine in noi «cose» che non conosciamo, né noi né gli altri

Accadono eventi, spesso subitanei — a volte preparati ma di cui non ci si rende conto — che ci lasciano smarriti, folgorati, tanto che parlandone non osiamo nemmeno pronunciare il nome delle persone care che ne sono protagonisti: una gravissima depressione; la rottura improvvisa di una coppia «modello»; il suicidio di una ragazza «normalissima»; 1’abbandono di un neonato; una giovane violentata…

Restiamo impietriti…Quali risposte di senso, di verità, possiamo dare ai mille «perché» che ci tormentano fino all’angoscia?

*     *     *

Non ci resta che chinare il capo: la vita degli uomini, di tutti gli uomini e donne, di ogni età e di ogni condizione, racchiude in sé un mistero che ci è dato solo di riconoscere, non di svelare, un mistero da contemplare come parte integrante di ogni creatura e che pur restando mistero è anch’esso una verità che solo il suo Creatore conosce e che solo a Lui va affidata.

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

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Accostarsi alla verità ultima modifica: 2000-09-28T09:47:48+00:00 da Mariangela Bertolini

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