1. «Io e mio marito lasceremo a nostro figlio handicappato il nostro appartamento. Non potrebbe vivere qui dopo la nostra morte con qualcuno che abbia cura di lui?
Tutto è possibile e questo sembra essere il desiderio di molti genitori. L’idea però presenta alcune difficoltà: chi è la persona che vivrà e avrà cura di lui? Sarà disposta a dare tutto il suo tempo — notte e giorno, vacanze comprese — a questo servizio? Come essere sicuri che questa sia la soluzione più gradita per vostro figlio? Qualora ciò fosse possibile, bisognerà prevedere e garantire il ricambio eventuale della persona e affidare comunque il controllo e la tutela morale, organizzativa, economica ad uno stretto parente o persona amica di cui si abbia fiducia illimitata.

2. «Noi vorremmo lasciare il nostro appartamento affinché nostro figlio continui a vivere nel suo ambiente con qualche coetaneo con handicap simile al suo».
Perché si costituisca una mini-casa famiglia è prioritario sapere chi assumerà la funzione dei genitori. Degli operatori sociali a turno, coordinati e seguiti da una persona fidata e competente? È possibile, ma anche in questo caso, perché ci sia continuità e garanzia, bisognerà che la persona che coordina l’assistenza (spesa, andamento della casa, vita di relazione, attività…) sia nominata da un’Associazione di cui si abbia fiducia e che sia l’ultima responsabile della vita della casa, della gestione finanziaria, della tutela dei beni degli ospiti… Il costo poi, di questo progetto — a detta di chi l’ha sperimentato — è molto alto (se si tratta di una convenzione standard).

3. «Attualmente mio figlio beneficia dell’assistenza domiciliare per tot ore e tot giorni Non è pensabile che le stesse persone prolunghino questa assistenza per l’arco dell’intera giornata?
Cioè 24 ore su 24, feste comprese. Chi garantirà il proseguimento di questa assistenza,chi controllerà, chi si farà carico di tutelare il tenore di vita, le cure in caso di malattia?…
La spesa per gli stipendi di questi operatori che dovranno essere numerosi per una sola persona è enorme e non proporzionata al servizio reso. È poi sicuro che questo figliolo voglia passare la sua vita da solo passando di mano in mano, senza riferimenti fissi e figure stabili che gli diano sicurezza ed affetto?

4. «Dopo tanti anni che vive qui con noi, come farà a staccarsi? Ad abituarsi ad altro ambiente, ad altre persone?»
Per questo non bisogna aspettare troppo. Sarà bene comunque, come avviene con ogni figlio «normale», che lo si abitui a frequentare un centro, un posto di lavoro, un’associazione giovanile dove svolgere qualche attività e dove potrà trascorrere anche alcuni giorni. In ogni caso sarà necessario che frequenti altra gente, diversa dai genitori e senza la presenza dei genitori.
Questo distacco iniziale per alcuni è molto difficile, ma è necessario per tutti, soprattutto per i più gravi, se non si vuole far loro provare un trauma che diventa terribile soprattutto se avviene in condizioni di urgenza.

5. «Mio figlio ha un handicap lieve. Non mi sembra giusto che debba vivere con altri più handicappati di lui».
Questa preoccupazione è umana ma è più dei genitori che dei ragazzi. Alla sua origine c’è la paura che il figlio peggiori stando con i più gravi di lui. Questo è possibile in qualche caso, soprattutto in età infantile o evolutiva. Ma la nostra esperienza, le situazioni che abbiamo conosciuto, il parere di esperti conferma che gli adulti con handicap possono vivere senza traumi in piccoli gruppi con persone più handicappate di loro se trovano un ambiente sereno, allegro, dinamico; se sono ascoltati nelle loro domande, educati ad avere rispetto e tenerezza per chi è più colpito. Anzi, molti di loro trovano in questa attenzione un modo per sottolineare la loro identità, per sentirsi importanti, all’altezza di rendersi utili e questo li farà certamente migliorare e progredire.

6. «Come possiamo trovare altri genitori disposti a preparare con noi il futuro dei nostri figli?»
Questa domanda è molto importante e richiederebbe un capitolo intero. Cercheremo di dare qualche suggerimento senza la pretesa di essere esaurienti.

  1. Se il figlio con handicap frequenta una scuola, un centro o un laboratorio… avrà attorno a sé un gruppo di altri ragazzi come lui o quasi. Sarà bene conoscere gli altri genitori, incontrarsi per vedere se hanno la stessa preoccupazione, se sono capaci di dialogare e di preparare qualcosa con voi. Sarà bene forse:
    1. Parlare di questo progetto anche con i loro educatori per chiede re il loro parere e aiuto.
    2. Proporre di passare qualche fine settimana insieme (genitori, ragazzi con handicap, qualche operatore, qualche amico…).
    3. Proporre una settimana o più di vacanza in comune (ragazzi, qualche operatore, o amico o genitore).

    Se si vede che il gruppo si amalgama, e soprattutto, se i genitori cominciano ad intendersi fra loro, si può cominciare a buttar giù le basi del progetto.

  2. Si può scrivere ad un’associazione che ha tra i suoi fini quello di far sorgere comunità alloggio e chiedere in particolare se possono mettervi in contatto con altri genitori e appoggiarvi nel vostro progetto.
  3. Il gruppo di genitori che vuole mobilitarsi per un progetto può essere formato da «genitori amici» o conoscenti fra loro. È sufficiente essere in due o tre coppie bene affiatate. La cerchia poi si allargherà e farà spazio — speriamo — a ragazzi con handicap gravi privi di genitori o con famiglie in gravi difficoltà. Lavorare per gli altri, oltre che per se stessi, dà sempre maggior carica.
  4. Chi vive in paesi piccoli o lontani da centri urbani, dovrà parlarne ai servizi sociali di zona, chiedere senza stancarsi, essere messo in grado di preparare il futuro del proprio figlio, con l’aiuto degli stessi servizi o di altri organismi o associazioni esistenti nelle zone vicine.
  5. Chi fa parte di un’associazione di genitori (ANFFAS, AIAS, UFHA, ecc.) si può far interprete presso l’associazione dell’urgenza di dar vita a comunità alloggio, offrendo la propria disponibilità di tempo, di beni, di capacità, ecc.

Redazione, 1991

Domande e risposte sul domani dei nostri figli ultima modifica: 1991-12-28T10:38:21+00:00 da Redazione

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