Pietro ha 73 anni. Vive solo da almeno trenta. Da circa dieci anni, dopo aver dovuto lasciare la casa in affitto a Roma dove aveva abitato fin da bambino prima con sua mamma e poi da solo, ha avuto l’assegnazione di una casa popolare in un ambiente “difficile” e, soprattutto, decisamente troppo distante dalle zone a lui note o dai familiari che gli sono rimasti. Ha un lieve ritardo mentale ma è sempre stato molto autonomo. Continua a spostarsi abbastanza bene con i mezzi pubblici. Una volta a settimana, con un viaggio decisamente articolato ma ormai assimilato e difficile da modificare, raggiunge la sua vecchia parrocchia dove passa qualche ora in un laboratorio per attività che spaziano dal teatro al piccolo artigianato. Due volte a settimana, una cognata e una nipote (che abitano all’altro capo della città e non hanno un mezzo proprio) lo seguono nella cura personale e della casa, attività in cui Pietro non ha mai avuto l’attenzione necessaria. Ci sono alcuni amici che spesso lo ospitano per le feste, altri che lo aspettano per gli incontri di Fede e Luce una o due volte al mese o per un paio di settimane di vacanza d’estate… Ma, nella quotidianità, sono tutti molto distanti, fisicamente, da lui. Continua ad avere l’aspetto di dieci, quindici anni fa… a volte si rischia di non riconoscere la sua età reale. Come preservare questa sua possibile e concreta autonomia?

Teresa ha una disabilità mentale, ha lavorato fino a qualche anno fa e ora è pensionata. Il fratello Roberto e sua moglie Daniela continuano a seguirla con grande attenzione, come hanno sempre fatto da quando sono mancati i genitori, cercando la soluzione migliore per il suo futuro: Teresa ha avuto una serie di mancate risposte all’ingresso in realtà di accoglienza che il fratello aveva cercato e che continua a cercare. Ora è molto preoccupato perché entrambi invecchiano. Vorrebbe avere la tranquillità di vederla accolta in una struttura adatta a lei: il timore più grande è che, nell’emergenza, le si trovi posto solo in una struttura tipo Rsa mentre avrebbe bisogno di una residenza specifica, per persone con disabilità (Rsd) che nel Lazio mancano drammaticamente. Intanto Teresa ha bisogno, anche da pensionata, di continuare ad avere una routine che la porti fuori di casa e che stimoli i suoi interessi e le sue relazioni, soprattutto in questa fase in cui l’invecchiamento incrementa le possibili fragilità. Per ora frequenta, con molta gioia, un centro diurno per anziani fragili tre volte a settimana. Si può dare un sostegno e una tranquillità maggiore per il futuro di Teresa e dei suoi congiunti?

Paola, 50 anni con la sindrome di Down. Vive in un appartamento a fianco della sorella che, con la sua famiglia, continua a seguirla e starle vicino dopo la morte dei genitori. Lavora e frequenta diverse attività fuori casa. Anche dal punto di vista medico è sorvegliata con discrezione: qualche piccola dimenticanza si fa notare e la sorella si è rivolta alla loro associazione di riferimento in Lombardia per fare alcune valutazioni. Un amico più anziano di Paola ha dovuto essere trasferito in una struttura apposita e lasciare il centro che frequenta perché affetto da una forma precoce di Alzheimer. Purtroppo c’è una significativa presenza di questa malattia tra i portatori della sindrome, che prima non si manifestava per la durata inferiore della vita. Come sostenere le famiglie e accompagnarle verso questa attenzione necessaria?

E poi ci sono le storie di tanti altri: alcuni, quando sono morti i genitori, sono rimasti in casa affidati a badanti. A volte creando situazioni positive, a volte negative… Alcuni di questi, con l’aggravarsi di alcune patologie, hanno trovato possibilità di sistemazione – data l’età – solo in case di riposo o residenze sanitarie per anziani, a volte lontano dal luogo di residenza, trapiantati in realtà sconosciute e a volte poco appropriate per la tipologia di persona. Altri che hanno potuto rimanere nel luogo di vita familiare, con il compimento dei 65 anni hanno visto venir meno il sostegno di un’attività diurna fuori casa, unica possibilità per alcuni di continuare a mantenere relazioni, attività e svago necessari a qualsiasi persona. È possibile immaginare interventi davvero personalizzati e non calati dall’alto, soluzioni preconfezionate prese nell’emergenza di certe situazioni?

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.145, 2019

Sommario

Editoriale
Preziosi punti di vista di Cristina Tersigni

Focus: Disabilità e terza età
Storie di cui fare tesoro di Cristina Tersigni
Longevità nella disabilità di Cristina Tersigni
La casa-famiglia e l'età che avanza di Cristina Tersigni
Un anticipo di vecchiaia di Giovanni Grossi

Intervista
La curiosità di raccontare il mondo di Giulia Galeotti

Testimonianze
Storia di una promessa mantenuta di A.A.

Dall'archivio
Il mio amico Carlo di Beatrice (Trixi) Pezzoli

Associazioni
Una Piazzetta per chi diventa anziano di Annalisa Zovatti

Fede e Luce
Il pittore che aveva capito tutto di Giulia Galeotti

Spettacoli
Nuova ricetta a MasterChef di Maria Novella Pulieri

Rubriche
Dialogo Aperto n. 145
Vita Fede e Luce n. 145

Libri
Faccio salti altissimi di Iacopo Melio
Il mare non serve a niente di La Bigotta e Michele Rossi
Isacco, il figlio imperfetto di Gianni Marmorini
A good and perfect gift di Amy Julia Becker

Diari
Non ho paura perché sono l'amica del cuore di Sara di Benedetta Mattei
Io vado poco a teatro di Giovanni Grossi

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Storie di cui fare tesoro ultima modifica: 2019-05-27T13:20:55+00:00 da Cristina Tersigni

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