Viviamo in una società che si affida all’immagine e a concetti e modelli di omologazione, ma contemporaneamente sempre più multiculturale e multietnica. In questo contesto sociale, l’acondroplasia (qui una scheda informativa su questa patologia), che io definisco una condizione più che una malattia, può e deve essere vissuta come un’occasione in più per dare, ognuno di noi, un contributo importante. È sempre necessario lottare affinché possano essere superate tutte le barriere non solo quelle architettoniche.

Bisogna abbattere tutti gli ostacoli che impediscono la fruizione di molti “strumenti” di vita quotidiana quali l’utilizzo della quasi totalità dei telefoni pubblici, dei citofoni, dei mezzi di trasporto urbano ed extraurbano, delle pulsantiere degli ascensori o l’utilizzo del bancomat.

Ma soprattutto bisogna contrastare tutte le barriere sociali e culturali ancora presenti in molte realtà. Io non ho incontrato particolari difficoltà nell’inserimento, primo fra tutti quello scolastico perché probabilmente l’essere vissuto in un piccolo centro ha favorito la socializzazione. Spesso però il dramma è proprio legato all’inserimento in questa società fatta di immagini precostituite.

Io sono nato in una famiglia che mi ha permesso di accettare con serenità la mia condizione staturale.

Due genitori semplicemente eccezionali, un buon rapporto con mio fratello di un anno più grande. Dall’età di dieci anni una serie di eventi portarono i miei genitori a non farmi pesare l’inizio della mia emancipazione e con questo bagaglio arrivai all’età di 14 anni, quando avrei dovuto prendere coscienza dei cambiamenti del mio corpo strettamente legati a quelli psichici. Certo per me questi mutamenti hanno seguito delle vie diverse. Io dovevo cercare di affrontare e risolvere una serie di problemi quali sentirmi indipendente e più maturo in assenza di evidenti cambiamenti antropometrici (la mia statura) mentre comparivano i caratteri sessuali dell’adulto.

Sono nato in una famiglia che mi ha permesso di accettare la mia condizione staturale con serenità.

Non è stato molto traumatico dover percepire che io fisicamente ero diverso dagli altri. C’è stato un periodo in cui la gente poteva crearmi dei problemi per la curiosità che stimolavo, soprattutto nei bambini, ma la serenità che mi avevano trasmesso i miei genitori mi ha fatto accettare la situazione.

Il periodo tra i 14 e 16 anni evidenziò quanto fruttuoso fosse stato il rapporto affettivo e relazionale con i miei genitori. Due genitori che si sono sempre amati di un amore così profondo da arricchire la vita mia e di mio fratello.
Quanta l’influenza che gli altri hanno avuto sulle mie scelte dall’adolescenza in poi? Mi sono sempre sentito molto autonomo nelle scelte, anche se le ho sempre discusse. Certo ho avuto due genitori molto ottimisti, perché nella nostra società il diversamente abile trova difficoltà ad esercitare i suoi sacrosanti diritti, mentre per me la loro presenza è stata la garanzia per affrontare i problemi di ogni giorno.

Così ho verificato che il mio rapporto con gli altri era positivo, che negli altri per il mio modo di essere riuscivo a stimolare una risposta di simpatia e disponibilità.
Dal punto di vista del mondo del lavoro la scelta di fare il pediatra si è rivelata vincente. In realtà fino alla laurea io pensavo di dedicarmi ai pazienti adulti. Ma fu il periodo del tirocinio nel reparto di Pediatria che evidenziò l’effetto empatico della mia presenza in corsia.

Il successo con i bambini, attratti e incuriositi dal mio aspetto fisico e dalla statura, e, soprattutto, questa mia condizione mi hanno permesso di affrontare il rapporto con le famiglie dei mieî piccoli pazienti con una sensibilità diversa da molti colleghi che spesso non sono consapevoli che, nel comunicare una patologia, stanno comunicando un’intera esistenza. Oggi i miei impegni professionali e sociali mi spingono a lavorare per il raggiungimento di un obiettivo per le famiglie e i bambini con acondroplasia: né proteggerli, né cercare di farli diventare giganti, ma aiutarli ad avere una autonomia che garantisca una buona qualità di vita.

Grazie alla mia fisicità ho vissuto e vivo una esperienza della quale sono protagonista che mi ha permesso di raggiungere la posizione sociale psicologica ed etica al servizio degli altri.

Salvatore Anastasi, 2007

Componente direttivo AISAC

Per informazioni

AISAC Associazione per informazione e lo studio della acondroplasia

L’associazione si occupa di problemi derivanti dalla statura limitata. È stata voluta e fondata nel 1987 da un gruppo di genitori che, dopo faticose ricerche e dolorosi percorsi individuali, hanno dato vita a una struttura in grado di rappresentare un riferimento prezioso per gli individui di limitata statura e le loro famiglie.

Salvatore, medico pediatra, acondroplasico ultima modifica: 2007-06-03T16:10:26+00:00 da Salvatore Anastasi

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