Sono rimasto davvero incantato da un libro che ho incontrato per caso nell’espositoio di un ufficio postale durante una lunga coda: “Lettera alla tua famiglia” di Vittorino Andreoli, 67 anni, nonno, una moglie e tre figlie, celebre studioso della psiche. Mi è parso una grande ‘Lettera enciclica” sulla famiglia, facile da capire, piena di umanità e di spirito religioso, benché Andreoli dica di se stesso di non avere fede sicura.

Eppure argomenta con spirito davvero religioso quanto la famiglia stabile sia il luogo naturale degli affetti che servono all’uomo per crescere e vivere. Perché il religioso e l’umano profondo in parte ampia coincidono, se non altro perché crediamo che l’uomo è creatura di Dio.

Con scienza radicata nella osservazione, davvero affettuosa e sofferta, di migliaia di storie umane e familiari, entra con semplicità e intelligenza nei problemi nelle ricchezze e nei ruoli che costituiscono la famiglia nella quale ognuno può ricevere vitale alimento di affetti e deve contribuire per la sua parte. Indirizza dunque la sua Lettera alla donna e all’uomo, al marito e alla moglie, ai figli e hai nonni. Ragiona su fattori belli e rasserenanti, come la passione breve e l’amore duraturo, l’accoglienza e la fiducia reciproca, la condivisione, la meraviglia dei bambini che nascono e crescono, l’amore da vecchi, la sacralità del matrimonio. Ci guida con simpatia nelle difficoltà e nei mali della famiglia e perciò anche dei singoli: il rapporto malsano con i soldi e i beni superflui, il lavoro infelice, il silenzio ostile, la sopraffazione, il sentirsi nulla che è una morte, “il consumo dei sentimenti ridotti a oggetti”, l’invecchiamento vissuto come premorte, la disgrazia che si abbatte, l’alcolismo, la ribellione dei figli, lo schiacciamento dei figli, i tradimenti, la depressione… Vedo tante figure grottesche di vecchie e vecchi, con i capelli e i trucchi da mezzo secolo prima, perché travolti dall’angoscia che se non si è giovani e belli non si esiste: una malattia psichica che la televisione ha diffuso come una pestilenza. E mi ritrovo nella invettiva di Andreoli. “Odio questa società che uccide chi non ha misure auree, chi non possiede chiappe da mostrare, chi non ha un ombelico scavato e modellato. Odio una società del corpo e non della mente, della testa pettinata e non importa se vuota e inutile.”

Usa parole durissime per due realtà: la violenza e la televisione.

“La famiglia è il luogo dei legami, dei legami sentimentali che ammettono variazioni, sia nelle specificità delle relazioni, sia nella intensità della partecipazione, ma non è ammessa la violenza… Nessuna condizione umana deve portare a perdere la propria dignità e, se la si perde, non si è dentro un matrimonio ma fuori dell’umanesimo.”

“Vi prego fate tacere il televisore. È una maledizione, è una disgrazia… uno strumento che vende i telespettatori alle industrie che pubblicizzano i propri prodotti.”

Per dare un’idea del senso religioso di questo dubbioso di Dio, scelgo fra tante questa frase sul bene.

“Non voglio soffermarmi sugli effetti del male, bensì cantare la grandezza del bene. Fare del bene è bellissimo e costa poca fatica, anzi, procura piacere. Se noi scoprissimo quanto è bello fare il bene, quale piacere se ne ricava, troveremmo insensato quell’atteggiamento duro nei confronti di tutti e quell’uso del dominio e dell’imperio, dell’imposizione che ostacola invece ogni comunicazione. ”

Chi ha davvero (e non occasionalmente) a cuore la famiglia deve ringraziare Vittorino Andreoli per questa sua Lettera illuminante.

Sergio Sciascia, 2007

Lettera alla tua famiglia – Recensione ultima modifica: 2007-06-03T15:30:12+00:00 da Sergio Sciascia

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.