I

Maria Rosaria è spastica, poliomielitica, ritardata, — ha 53 anni, ma è come se ne avesse 6 — è sorda e ha il cancro.
La mia “grande” fede è più fragile di quanto pensassi… così ho ricevuto anche un bell’insegnamento di umiltà.
Perché?
Signore, perché?

Risposta n. 1 (in ambito generale)
Gli esseri umani DEVONO soffrire. Non importa che abbiano colpe o che siano innocenti. Il dolore fa parte della vita. È essenziale, ineluttabile, come la morte. Questo perché — per i credenti il genere umano, per sua natura, si è ribellato all’amore del Creatore e usa male della sua libertà.
Ecco. Ragionando a livello di “genere umano” una risposta logica c’è.
Ma quando si guarda alle vite dei singoli individui si vede che c’è chi soffre di più e chi di meno. E spesso le persone migliori soffrono più delle peggiori.
Certamente molti di questi giudizi sono soggettivi. Nessuno può veramente valutare il più o il meno delle sofferenze di un’altra persona. C’è però un’evidenza difficilmente contestabile, come nel caso di Maria Rosaria, in cui la soglia media del dolore è oggettivamente superata e il sofferente è obiettivamente un innocente. Perché proprio a quella persona?

Risposta n. 2 — (atea)
Si potrebbe introdurre il criterio illogico e irrazionale del “caso”: se ne fa una questione di fortuna o di sfortuna.
Se si accetta questa soluzione, bisogna anche accettare il fatto che la vita umana sia governata dal… nulla (!)

Risposta n. 3 — (credente)
Ci si ostina a credere che ci sia un senso, una logica, un disegno che per gli umani è e resta un MISTERO.

II

Gesù Cristo ha dato la risposta n. 3. Rivelando inoltre che il disegno misterioso alla base di tutto è un disegno d’Amore. Un piano misterioso, ma magnifico, per tutti gli uomini. Un disegno di cui fa parte Maria Rosaria, io che scrivo, tu che leggi.
Siamo drammaticamente liberi di crederci o no e di scegliere così la speranza o la disperazione.
A diciotto anni scelsi la disperazione (anche per il fascino che i filosofi esistenziali sti/nichilisti avevano esercitato su di me).

Oggi scelgo la speranza. Perché:

  • scelgo di ascoltare e comprendere le testimonianze di tante altre persone (vive e morte, moderne e antiche, famose e ignote) che hanno vissuto questo travaglio esistenziale;
  • ho scoperto, guardando indietro, alla mia vita passata, che tante sofferenze — lì per lì inaccettabili e incomprensibili — alla luce di ciò che è accaduto in seguito, avevano un Senso;
  • ho provato il dolore e la gioia del parto;
  • ho sentito la presenza reale — ma invisibile — accanto a me di Gesù e Maria;
  • ho “sentito” la Comunione dei Santi; (non ho avuto visioni, né ho fatto miracoli, né
  • ho camminato sulle acque, tranquilli…);
  • perché voglio credere alla Parola di Dio. Tutta (i “cristiani”, cioè quelli che sono “di Cristo”, la devono accettare in modo radicale, in tutto o in niente). La Parola dice che MAI il Creatore permette che la sofferenza, il dolore, le prove della vita, siano più grandi di quelle che siamo in grado di sopportare. (Mt. 11,30; 1 Cor. 10:15).

E si ritorna al mistero: “Dove sono debole è allora che sono forte”, dice San Paolo. Maria Rosaria, con tutti i suoi handicap, è più forte e in gamba di me perché può sostenere e sopportare tutto questo.

“Scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”, “come l’agnello condotto al macello”, completa quello che manca alla Croce di Cristo per la salvezza dell’anima mia e degli uomini di buona volontà.
Perché io non ho abbastanza forza per me: ce la mette lei, per tutte e due.

III

L’8 marzo 2007, verso le 9:30 del mattino, serenamente, nel sonno, Maria Rosaria ha smesso di soffrire.
Grazie a Dio la morte non è avvenuta a seguito di una di quelle crisi respiratorie durante le quali sbarrava gli occhi celesti ingenui e impauriti, batteva i pugni, chiedeva aiuto…

Fino alla fine è stata aggrappata con le unghie e con i denti alla vita, nonostante la sofferenza.
Se tempo fa mi è passato — con orrore — per la mente che “farla” morire poteva essere una liberazione, ora sono più che mai convinta che lei assolutamente e disperatamente, comunque, voleva vivere. Il “poverino, poniamo fine alle sue sofferenze” è decisamente e sicuramente SOLO un atto egoistico interessato a porre fine al dolore (che può essere anche immenso) di chi assiste.

Oltre tutto le terapie del dolore sono in grado di lenire abbastanza bene il male fisico senza addormentare del tutto il paziente. Del resto un poeta scrisse “non sono mai stato tanto attaccato alla vita” quando si trovava faccia a faccia con la morte.

Ho compreso… no. Non ho compreso. Ma considero in modo meno disincantato e scettico quei mistici che parlano della bellezza della Croce. Che Cristo sia la Bellezza che vincerà il mondo, va bene, ma che l’Uomo dei dolori, sanguinante e crocefisso, comunque sia sempre la Bellezza ecc., bè, questa non la potevo proprio mandare giù. Invece nelle ultime settimane di MR ho intuito qualche cosa in questo senso. Dicendo a mio figlio che se avesse voluto avrebbe potuto venire con me in ospedale, stavo per aggiungere “Certo, è una cosa brutta”. Invece mi sono interrotta: “ No, non è una cosa brutta. È triste, molto triste. Fa anche male al cuore, ma non è “brutta”. La contemplazione di Cristo in Croce è comunque BELLEZZA.

Non mi chiedete di spiegare di più.
Non riuscirei.

Assistere un innocente che soffre è esperienza profondamente mariana. Non è necessario soffrire in prima persona per “portare una croce”. Assistere alla sofferenza di qualcuno che ami, specie se innocente, fa tanto male. Chissà cosa ha sofferto Maria sul Golgota. Oserei dire che forse il dolore della Madre è stato più grande di quello del Figlio…

Ho ricordato quando i miei figli, da piccoli, sono stati male. Anche un semplice mal di pancia o mal d’orecchio strazia la madre più del figlio. Il bimbo urla, si dispera, la mamma non deve lasciarsi andare. Deve restare lucida per agire e fare ciò che può essere necessario. Deve essere lì, presente, anche se non può fare niente.

Tutto questo più che centuplicato di fronte a una persona cara che soffre come MR. E tutto questo elevato all’ennesima potenza sul Golgota.
Anche se non comprenderemo mai il mistero del dolore dell’uomo, certamente sappiamo che l’hanno sperimentato tutto, fino in fondo hanno bevuto il calice, Lui e sua Madre.

IV

Non era un angelo, in vita. Anzi era una persona determinata e testarda (e anche gelosa!). Se poteva imbrogliava anche, pur di ottenere quello che riteneva giusto. E se non riusciva ad imbrogliare, ti chiedeva, per favore, di imbrogliare tu, contro te stessa, per far vincere lei…

Fra più simpatica che dolce. Non esitava a comandare e guai se il comando non veniva eseguito a puntino! Del resto le persone che amava erano “sue”. Poi, a conoscerla bene, nell’intimità, si rivelava dolce ed indifesa. Come quando si lavava i denti. O si vestiva e diceva che voleva fare da sola. (E faceva da sola. Tutto.)

Cosa ho imparato da Maria Rosaria?

Da lei ho imparato l’amicizia vera. Ho imparato cosa vuol dire voler bene in modo gratuito.
Da lei ho imparato a parlare con poche parole. Più a fatti che a parole
Da lei ho imparato la pazienza.
Da lei ho imparato un sense of humor più unico che raro.
Da lei ho imparato la fedeltà.
Da lei ho imparato a vedere belle le persone (me stessa compresa) a prescindere dall’aspetto fisico.
Da lei ho imparato a cantare senza suoni.
Con lei mi sono sempre divertita.
Di lei mi porterò sempre nel cuore il sorriso.
La cosa più atroce è stata che questa malattia le aveva tolto il sorriso.

Francesca R. Poleggi, 2007


Carissima Francesca,

il dolore, la sofferenza, la disgrazia, la calamità (nomi diversi per indicare le ferite dell’uomo singolo e dell’umanità), si presentano a noi come ‘“nemico”, come qualcosa che non dovrebbe esserci, ma con cui dobbiamo fare i conti perché esiste. Interrogarsi sul dolore è importante, e per questo le tue riflessioni sono importanti. Prima di tutto per te che vi hai lavorato su, e poi per quelli che leggono, perché a loro volta ne sono stimolati e possono essere ulteriore occasione per pensare.

È chiaro che, se per tutti il dolore rimane un “mistero”, per noi credenti
viene a essere illuminato dalla croce, che pure resta “mistero” ma un “mistero pieno di speranza”.
Maria Rosaria (alla quale sono stato chiamato a dare il sacramento dell’Unzione degli infermi) durante il rito è stata tranquilla, mentre prima aveva mostrato qualche segno di scostamento, e alla fine ha dato un bacio ardente al crocifisso. Maria Rosaria e il Crocifisso uniti in un abbraccio: è qui che troviamo — come tu stessa dici — una luce non dico per capire, ma per intuire il valore redentore del dolore…

Un fraterno saluto

Padre Carlo , 2007

Perché il dolore? Qualche riflessione ultima modifica: 2007-06-03T15:30:51+00:00 da Francesca Poleggi

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