Il termine acondroplasia deriva dall’unione di tre parole di origine greca (a = senza, condros = cartilagine, plais = formazione) ed indica un mancato sviluppo armonico della cartilagine di accrescimento delle ossa lunghe degli arti, cioè di quella parte dell’osso che nel bambino non è ancora saldata e che permette l’allungamento progressivo dell’osso stesso.

L’acondroplasia interessa circa un neonato su 20.000 e nel 90% dei casi si manifesta come carattere sporadico in seguito ad una mutazione nello spermatozoo o nell’ovulo di genitori non affetti: il soggetto acondroplasico nasce in questo caso da una coppia sana senza precedenti nelle famiglie di origine e la possibilità di un secondo figlio affetto è trascurabile. Nel restante 10% dei casi la patologia è ereditaria con un meccanismo di tipo autosomico dominante, cioè uno dei due genitori affetto da acondroplasia trasmette il gene responsabile della malattia ai propri figli con una probabilità del 50% per ogni gravidanza. Nel caso poi che entrambi i genitori siano affetti da questa patologia, c’è il 50% di possibilità che il bambino erediti da uno solo dei genitori il gene responsabile e quindi ne sia affetto (forma eterozigote); il 25% che lo erediti da entrambi i genitori e sia quindi affetto da una forma più complessa (omozigote); il 25% che non erediti il gene dai genitori e sia sano.

Riassumendo, se entrambi i genitori sono affetti, le probabilità di avere un figlio malato sono del 75%.

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Il gene alterato nei pazienti acondroplasici è localizzato sul braccio corto del cromosoma 4. Pertanto è possibile la diagnosi prenatale precoce per le coppie a rischio (quelle cioè con almeno uno dei due partner affetto) attraverso l’analisi del DNA, che costituisce il primo passo verso la comprensione della funzione precisa del gene e quindi per la messa a punto di una terapia specifica (non si ipotizzano comunque tempi brevi).

L’Acondroplasia si manifesta con bassa statura di tipo disarmonico, con un rapporto tronco-arti-alterato nelle proporzioni (tronco di lunghezza normale e arti più corti, con un accorciamento di questi ultimi che interessa le parti più vicine al tronco).

Alla nascita il bambino affetto da acondroplasia ha un’altezza più o meno regolare e un peso sovrapponibile a quello di un bambino normale. La statura poi continua a mantenersi simile a quella degli altri bambini, fino al primo anno di vita, mentre successivamente comincia ad essere visibile il ritardo di crescita.

La statura media che si può raggiungere è di circa 130 cm. La circonferenza cranica, superiore alla norma al momento della nascita, cresce più rapidamente durante il corso del primo anno di vita per poi stabilizzarsi.

Per quanto riguarda le complicazioni, le più comuni sono di tipo ortopedico, come la cifosi dorsale, la lordosi lombare e un incurvamento degli arti inferiori. Più rari sono i problemi di tipo neurologico, come l’idrocefalo e la compressione del midollo a livello cervicale e lombare. Va detto infine che l’acondroplasia non comporta ritardo mentale.

Attualmente l’unica possibilità concreta per migliorare la qualità della vita dei pazienti è quella di aumentarne la statura tramite allungamento chirurgico degli arti, intervento che si tende ad iniziare tra gli 3 e i 14 anni. L’intervento interessa sia femori che tibie e la media di allungamento per segmento osseo è di circa 10 cm; ciò può consentire di raggiungere un’altezza anche di oltre 150 cm e di svolgere autonomamente attività prima precluse, come utilizzare un ascensore, prendere un mezzo pubblico ecc. È previsto anche l’allungamento chirurgico degli arti superiori.

Tutte queste tecniche in uso necessitano di lunghi periodi di relativa immobilità, un grosso carico fisico e psichico per il paziente e un impegno notevole per l’intera famiglia.

Salvatore Anastasi, 2007

Dirigente Medico Pediatra U.O. Thalassemia, Azienda Ospedaliera Garibaldi, CT Assessore alla PP.II. e Vice Sindaco del comune di San Giovanni La Punta

Acondroplasia – Scheda informativa ultima modifica: 2007-06-03T16:24:01+00:00 da Salvatore Anastasi

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