Paolo ha frequentato la scuola materna ed ora va alla scuola elementare, ma l’insegnamento tradizionale a lui non basta: deve essere affiancato dall’insegnante di sostegno, a causa dei postumi permanenti di una brutta patologia congenita.

I piccoli cittadini italiani come Paolo possono già ritenersi fortunati perché hanno diritto di frequentare le scuole con i loro compagni non afflitti da malattie invalidanti, invece a quanto so in altri paese vige una diversa legislazione, che sostanzialmente prevede per loro scuole “diverse”.

Già questo solo fatto consente in Italia una migliore integrazione dei bambini come Paolo, che crescono con tutti i loro coetanei.

Inoltre, l’istituto scolastico pubblico che Paolo frequenta ha promosso la conoscenza e la divulgazione di un programma di recupero per bambini con problemi e la sua maestra di sostegno lo conosce e lo applica bene.

Anche l’assistente comunale svolge un ruolo “attivo”, conoscendo anch’ella questo programma ed essendo persona di grande sensibilità.

Ma i problemi non mancano.

Non tutto il corpo insegnante applica sempre a fondo tale metodo, all’interno del programma scolastico cui deve attenersi, fidando un po’ troppo sulla presenza della maestra di sostegno.

Tralascio i problemi “burocratici” nei quali continuamente ci imbattiamo: dal numero di ore di sostegno insufficiente in proporzione con l’orario scolastico; all’uso del computer; al dubbio se troveremo qualche sorpresa all’inizio del nuovo anno scolastico, ai problemi delle gite scolastiche, ecc..

Una delle cose più belle per mio figlio è certamente il contatto con i suoi compagni di classe.

Nel crearlo le maestre — penso anche le famiglie — sono state e sono tutte bravissime: i compagni di Paolo mostrano di volergli un gran bene, lo aiutano, lo sgridano quando serve, lo trattano con grande naturalezza, perchè ormai lo conoscono bene.

In altre parole, è uno di loro, a cui ogni tanto riservano un occhio particolare, che però non è mai né di pietà né di commiserazione, ma solo di affetto.

Probabilmente in questo sarà la grande perdita cui Paolo andrà incontro: a mano a mano che tutti i bambini cresceranno, il divario tra loro si farà più accentuato e le loro strade si divideranno.

È giusto invece aspettarsi che egli e tanti altri bambini, futuri adulti, possano avere non solo una “vita scolastica” integrata, ma anche e soprattutto una vita sociale integrata.

Forse l’esempio della scuola e delle sue “strategie”, pur tra tante difficoltà, può essere un utilissimo laboratorio da trasferire nella vita sociale per contribuire ad eliminare i tanti ostacoli che vi sono al raggiungimento di questo obiettivo.

Gianna Maria, 2005

Integrazione scolastica: per Paolo una gran perdita ultima modifica: 2005-09-19T15:29:42+00:00 da Gianna Maria

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