Michel e Mary sono i genitori di cinque figli. Tra questi Igor ha una grave disabilità mentale. Michel e Mary, attori di professione, hanno messo in scena insieme «Il Paese di Igor», uno spettacolo ispirato dalla loro storia. Ripensando alle loro vite, hanno capito quanto la venuta di Igor tra loro li aveva
condotti a un «viaggio nell’imprevisto» e che Dio, con la sua delicatezza, li aveva preparati a questa avventura.

Michel
Mary, mia moglie, è inglese, nata in una famiglia cattolica irlandese. I suoi genitori l’hanno spinta a viaggiare e ad aprirsi al mondo. Così ha conosciuto Taizé, dove ha «capito» per la prima volta che Gesù era risuscitato. Nella sua vita fu un punto di svolta.
I suoi genitori erano attori e anche lei ha voluto iscriversi ad una scuola di teatro a Parigi dove ha imparato a mettere in scena le sue opere. È lì che ci siamo incontrati.

Mary
Sì, mi ricordo che un’amica parlando di Michel mi disse: «È un tipo orginale, ma credo che vi piacerete». Poco alla volta ho imparato a conoscerlo; anch’egli, come me, è nato in una famiglia numerosa che lo incoraggiava alla libertà e aH’autonomia. Era solito parlare di «sfida». Da giovane ha fatto alpinismo.
Era una specie di esploratore: tanto da arrivare ad uscire dalla Chiesa per osservarla dall’esterno. Ha cercato di avvicinarsi agli altri, ha lasciato gli studi per approdare ad una associazione che si occupa del Quarto Mondo. Dopo una serie di incontri, assetato di coerenza, ha ritrovato una fede rinnovata e rinvigorita.

Michel
Ci siamo sposati nel 1979. La scoperta della Fede condivisa fu un segno e il matrimonio un momento di grazia. Mary ha cominciato col recitare in spettacoli da clown. Questo l’ha portata a chiedersi: per quale pubblico voglio recitare? Insieme abbiamo deciso di raggiungere i più poveri con il teatro. Per otto anni abbiamo recitato nel «Théàtre de l’Oiseau», una troupe itinerante dell’ATD (Aide à Toute Détresse – Aiuto ad ogni miseria) e in questi anni abbiamo avuto i primi tre figli. Attraverso l’ATD abbiamo imparato a conoscere un mondo di esclusi, ad amarli, a cercare di decifrare il loro messaggio… Ma continuavamo ad essere dalla parte dei forti ed è a questo momento che l’handicap ha fatto irruzione nella nostra vita.

Mary
Igor è nato nel 1986. Sono sicuro che Dio non ha voluto che avessimo un bambino disabile, ma credo che si è servito di Igor per farci fare un cammino verso la debolezza, dunque verso Lui. Igor era un bambino ipotonico, ma non abbiamo capito durante il primo anno, se era o meno un bambino con difficoltà. Fu duro vivere quell’anno, giorno dopo giorno nel dubbio permanente. Quando abbiamo realizzato il suo handicap mentale siamo passati «dall’altra parte della barriera». Una cosa è andare verso «i poveri» e un’altra accettare che il proprio figlio sia «povero» e diventare «poveri» con lui.

Michel
I vicini non sapevano che atteggiamento avere verso di noi, molti cercavano di fare come se niente fosse: «Vedrete, andrà meglio!» Negazione della sofferenza. Ci sfuggivano anche con lo sguardo.
L’handicap di Igor faceva paura…

Mary
La nostra vita di vagabondi si inquadrava male con quell’esserino dal futuro sconosciuto. Andammo a vivere in una casa di accoglienza spirituale che ci proponeva un ritmo di vita e di preghiera che ci faceva bene e che ci aiutava a radicarci. Un giorno, durante la preghiera comunitaria, ho avuto la certezza che potevo concepire un nuovo bambino, senza problemi. Una gioia che superava tutto e di cui conoscevo la fonte. Gabriele, il nostro quinto figlio, nato dopo Igor, è un bambino vivace e bello.

Mary e Michel nella loro rappresentazione. «Che faremo di questo figlio? Ma è chiaro: lo ameremo!»

Michel
Nello stesso tempo, la chiamata era più chiara, più esigente. Volevamo dire la nostra speranza in maniera più esplicita: ATD. movimento non confessionale, non ce lo permetteva. Un centro di rieducazione, vicino a Chambery, poteva accogliere Igor. Così comprammo una vecchia fattoria lì vicino, con l’idea di creare noi stessi degli spettacoli su temi evangelici. E di viverne. Mary ha approntato «Berta si getta nell’acqua» attualizzando la storia della Samaritana. Chi sarebbe stata oggi quella donna? Questa ricerca l’ha portata a riflettere sullo sguardo del mondo e sullo sguardo di Gesù.

Mary
Sì, ho visto che lo sguardo di Gesù liberava. Vedeva quella donna — che non era né bella né felice agli occhi del mondo — come una donna chiamata ad essere bella, felice, libera. Egli guarda con meraviglia ciò che l’amore farà per trasformarla. Il suo sguardo va talmente più in là dello sguardo dell’uomo che si ferma all’apparenza e ai pregiudizi! Ed ecco l’imprevisto di Dio. Egli fa le cose all’inverso… E andato a scegliere questa donna completamente emarginata…ma per farne scaturire una vita più grande.
Va alla ricerca del più piccolo per parlare del più grande.

Michel
Lo sguardo sarà allora uno dei temi principali del nostro spettacolo su Igor. Igor ha una malattia genetica: gli manca un pezzettino del cromosoma 14. Ha cominciato a camminare molto tardi e fino ad oggi (ha nove anni) non ha mai detto chiaramente una parola: ha inventato un suo linguaggio di soffi e di gesti ripetitivi che, secondo la velocità con cui li esprime, ci rivelano i suoi diversi stati d’animo. È molto affettuoso e spezza tutte le barriere sociali. Giorni fa, alla messa, c’erano dei detenuti circondati da militari. Nessuno aveva osato sedersi accanto a loro. Igor è andato sulle ginocchia di uno dei detenuti. Ho visto allora l’aggressività di un volto trasformarsi in tenerezza e amore. Abbiamo fatto di tutto per guarire Igor, poi per trovargli un posto adatto. Bisogna rompere la relazione tra la madre e il bambino».

Quando cercavamo un day hospital per lui, ci è stato riferito che lo psichiatra aveva detto: «Igor deve venire qui.

Mary
Eppure, per quanto sia imperfetta, è proprio questa relazione d’amore che lo fa progredire. Tutto quanto ha imparato, si è fatto in casa; non perché nel Centro che frequenta non ci si occupi di lui, ma perché sembra che Igor capisca solo attraverso l’amore da cui è circondato e in una relazione da persona a persona.
Da quattro anni Igor va al suo Centro di rieducazione da dove rientra ogni sera. È la sua grande fortuna. Ho voglia di dire che anche i suoi tre fratelli e la sorella sono fortunati…

Il piccolo Igor, figlio di Michel e Mary, intorno al quale è costruito lo spettacolo «Il paese di Igor».

Michel
Imparano che non si vive solo per il successo o per l’efficienza, che anzi, gli occhi del debole spesso ci svelano l’essenziale. Igor è come l’errore nel calcolo, egli è dunque la vita. È vero che per noi è più difficile uscire di casa tutti insieme.Mi ricordo di una giornata calda sulla riva di un lago, l’anno scorso. C era molta gente. Alla vista di Igor, tutti sulla spiaggia si sono improvvisamente fermati. Ho piantato l’ombrellone, ma suo fratello Mikael, ha detto: «Ce ne andiamo!» Era un ordine. Abbiamo ripreso i bagagli. In macchina Mikael mi ha detto: «Ho voglio di gridare contro tutti quelli là. Non hanno mai visto un disabile?».
È stato importante per me aver potuto sentire il grido di Mikael e poi di potere parlarne con lui. I momenti privilegiati ci sostengono nei momenti duri. Un anno abbiamo noleggiato un asino per Igor, e così le passeggiate in montagna con lui sono ridiventate possibili. Penso anche al parroco di campagna che ci ha invitati a preparare la sua prima Comunione con gli altri bambini della sua età.

Mary
Igor era là vicino alla porta della canonica. Il suo soffio ripetitivo, le sue braccia che battevano per l’eccitazione come quelle di un uccellino che cerca di volare dicevano, a modo loro, che stava bene lì con noi. Gli altri bambini sono arrivati, lo hanno circondato di attenzioni, hanno persino litigato fra loro per decidere chi l’avrebbe accompagnato lungo la navata della chiesa.
Pensavo che le persone del paese avrebbero fatto delle osservazioni, ma nessuno ha detto parola. Igor si comunica tutte le domeniche. Sa di essere circondato di affetto e ci dice, con le due braccia tese verso il sacerdote, come è amato da Dio. Benedico il Signore per quella comunità dove, per una volta nella vita, Igor non è stato messo in un gruppo separato, ma posto in mezzo a tutti, semplicemente. Ed è un bene che sia stata la Chiesa a mostrare la strada.

Michel
Eravamo scossi da tutto quello che Igor ci faceva scoprire. Intanto Mary cominciava a scrivere un nuovo lavoro teatrale. Sentiva lo Spirito che la spingeva a mettere Igor al centro di questa prossima creazione: bisognava trovare il modo di dire ciò che vivevamo con Igor per raggiungere quelli che, come noi, lo vivono e gli altri che fanno così fatica a capire.

Mary
Ci sono voluti due anni per trovare il tono giusto. Bisognava trasporre la storia, trovare la distanza fra la nostra vita e lo spettacolo con un linguaggio teatrale che avrebbe lasciato il pubblico libero di farlo proprio. La prima rappresentazione del «Paese di Igor» ha avuto luogo due anni fa. Da allora, abbiamo dato questo spettacolo un centinaio di volte. Il centro della nostra storia è il senso di una vita così poco efficiente. Igor è qualcuno che non sarà mai grande. Piccolo di statura, piccolo nell’intelligenza, qual’è il suo carisma? Come reagisce il mondo davanti al debole? Questo debole, che cosa ha da dire al mondo? Partendo da tutto questo, abbiamo costruito lo spettacolo.

Con questo spettacolo abbiamo voluto dire che ogni essere, per fragile che sia, è prezioso; che il più fragile ha un messaggio per il forte…

Michel
Yokas e Estelline, due esploratori, cadono nel deserto con il loro aereo per un guasto al motore. Prima di ripartire, trovano un pacco che contiene un bimbo abbandonato. Estelline vuole portarlo con sé, Yokas rifiuta. Dopo liti e riconciliazioni, il bambino è adottato ed è qui che tutto comincia…
In fondo, raccontiamo una storia d’amore, la storia di una coppia che riesce ad unirsi attorno ad un bambino, malgrado la sofferenza. Recitiamo spesso questo spettacolo nelle scuole. Ma troviamo anche delle difficoltà. Certi responsabili ci hanno detto: «…non era una storia per bambini».

Mary
Ma osserviamo semplicemente le discussioni che ci sono dopo lo spettacolo o le lettere che i bambini scrivono a Igor: «Anche se sei disabile, non perdere la speranza. Un giorno sarai come gli altri…parlerai, camminerai». Sento la voce di Isaia: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e le orecchie dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo e la bocca del muto griderà di gioia».

Michel
Se i bambini che vedono lo spettacolo scelgono di restare a parlarne con noi per un’ora, vuol dire che solleviamo dei temi che li interessano: la diversità, ma anche l’importanza dell’amore dei genitori, la paura dell’abbandono, il grido fondamentale di ogni uomo: «Mi ami tu?»
I bambini di oggi hanno poche occasioni per riflettere su questo argomento essenziale. Un bambino mi ha detto:
«Non sono stati i medici a guarirlo, è stato l’amore che c’è fra di voi». L’amore trasforma.

Mary
Con questo spettacolo abbiamo voluto dire che ogni essere, per fragile che sia, è prezioso; che il più fragile ha un messaggio per i forti, perché Dio abita nella sua fragilità «affinché si manifesti la sua gloria». Ecco come il nostro Igor è un imprevisto di Dio. Desidero solo una cosa: che egli continui a sorprenderci.

Michel e Mary Vienot, 1997

Igor, o l’imprevisto di Dio ultima modifica: 1997-03-25T11:18:15+00:00 da Redazione

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