Quando ho visto il modo in cui il Vescovo ci accoglieva durante la cerimonia e come, dopo, tranquillamente scherzava con tutti, ho capito che il cerchio si era realmente chiuso e che tutto era andato bene; meglio forse di quanto avremmo potuto sperare.
Assistendo alla scena di gioia semplice e di comunanza di quegli amici attorno all’ altare ho pensato a tutto il cammino che aveva portato a quel giorno. Le discussioni, gli incontri di preghiera e di preparazione, le esortazioni, i dubbi, gli scherzi, la soddisfazione. E così mentre il piccolo Stefano impugnava con orgoglio e divertimento la pastorale e mentre il Vescovo salutava con attenzione e semplicità Elena, Mario ed Enzo mi sono tornate in mente le prime volte che tra noi abbiamo parlato della cresima e del progetto di prepararci insieme nel nostro gruppo.
Tutto è cominciato quando un giorno ci siamo accorti che un po’ di noi nel gruppo dovevano ancora cresimarsi: qualcuno da poco si era riavvicinato alla Chiesa, qualcuno non ci aveva mai pensato, qualcuno aveva «promesso» prima di sposarsi, qualcuno progettava di sposarsi, qualcuno rimandava, rimandava. E così è venuto naturale proporre: perché non a Fede e Luce, insieme? tutti? Abbiamo poi scoperto che molti di noi pensavano: «Se non la faccio a Fede e Luce probabilmente non la farò mai». Chissà se accade qualcosa di simile anche negli altri gruppi, ma da noi al gruppo del Don Orione per molti questa prospettiva di preparazione comunitaria è stata la molla decisiva per intraprendere questo cammino.
Questo fatto mi sembra proprio una cosa bella e tipica di Fede e Luce: a volte si va per aiutare e spesso ci si trova non si sa bene come spinti ed aiutati. Nel corso dei nostri incontri spesso ci chiedevamo come coinvolgere di più nelle preghiere e nella preparazione i ragazzi, ma ora riguardando indietro ci troviamo a constatare che probabilmente sono stati loro i primi a coinvolgerci in tutta questa storia.

C’è un programma sperimentato
La prima riunione organizzativa vera e propria si è svolta con diversi gruppi di Roma che avevano avuto la stessa nostra intenzione di prepararsi alla cresima. Questo primo incontro ci ha permesso di chiarirci un po’ le idee sulle precedenti esperienze di preparazione per la cresima già presenti nella storia di Fede e Luce. In questa sede abbiamo scoperto l’esistenza di un programma alla cresima, frutto di un anno di lavoro di alcuni amici di Fede e Luce di Roma già utilizzato con altre persone nell’ambito di alcune comunità. Questo programma, che con noi sembra aver funzionato molto bene, indica in lunghe linee gli argomenti da trattare in una serie di nove incontri; alcuni consigli sono dati anche in relazione ai brani della Bibbia da leggere ed alle modalità con cui svolgere gli incontri.
Non esistevano invece, o almeno qui a Roma non ci è risultato, esperienze di preparazione di un gruppo così numeroso di ragazzi e amici. A questo proposito ci siamo chiesti in che modo riuscire a preparare alla cresima con uno stesso cammino persone con caratteristiche diverse. Persone che sanno leggere e persone che non lo sanno? Persone che sanno parlare ed altre che non lo sanno? Come conciliare nella preparazione le nostre diversità e il nostro bisogno di affrontare questo cammino insieme?

Con loro bisogna vivere più che parlare
Probabilmente la risposta a questo punto dovrà essere diversa caso per caso a seconda delle caratteristiche delle persone che si dovranno preparare, ma a noi è sembrato importante svolgere tutte le nostre riunioni insieme, anche se qualcuno di noi non riusciva a partecipare come gli altri alla discussione. In altri casi abbiamo pensato forse sarebbero state necessario delle giornate di preparazione particolari che si adattassero alle specifiche esigenze dei ragazzi. Ma nel nostro gruppo la presenza di due ragazzi con handicap grave ci ha spinti a prediligere un cammino sempre unitario. Ci siano detti: se Mario e Elena non possono leggere e capire nel nostro modo il Vangelo, la loro famiglia e noi tutti cercheremo di farlo per loro e con loro. Il discorso, lo so, non è molto chiaro ma per noi quelle riunioni tutti insieme hanno avuto un significato reale e la presenza di ognuno di noi credo sia stata molto importante. Bisogna dire che con Mario ed Elena la comunicazione è sicuramente difficile. Con loro anche intendersi anche su cose banali significa pazienza e attenzione da un lato e reale soddisfazione da un altro. Ma «parlare» del Vangelo con loro è, credo, impresa impossibile. Non rimaneva che cercare di «vivere» il Vangelo con loro. Ed è paradossale che questa scelta, che inizialmente ci era sembrata una po’ di ripiego, ora, a cose fatte, ci appare come la più importante che bisogna cercare di fare. Elena e Mario con i loro modi a volte un po’ prepotenti ci hanno ricordato molto bene che parlare e pensare il Vangelo può essere importante, ma viverlo lo è sicura- mente molto di più.
Avendo deciso di incontrarci la sera, una volta a casa di Elena e una volta a casa di Mario, tra di noi si è venuta a creare un’atmosfera familiare e di amicizia che non poteva che essere frutto della presenza di ognuno: l’eccitazione di Elena, un po’ stupita da quelle invasioni serali, l’accoglienza di Mario, i cui tanto attesi segnali di soddisfazione creavano subito felicità anche in ognuno di noi, i racconti di Riccardo sulla sua oramai mitica nonna ogni giorno a messa per supplire la non sufficiente fede dei suoi nipoti, le domande di Letizia, spesso in grado di arrivare dritte al cuore dei problemi. Ognuno di noi ha svolto un ruolo e anche le mamme con i loro ricordi, e la loro accoglienza (anche gastronomica) hanno dato un contributo determinante. Tutti sono stati importanti per accrescere il senso delle nostre riunioni. Come dimenticare ad esempio quell’incontro in cui la nostra traccia di discussione rimase lettera morta perché l’agitazione di Elena, in una delle sue giornate negative, non ci permise in pratica di parlare. Uscimmo da casa sua quella sera un po’ silenziosi, riflettendo sulla insufficienza del nostro programmino scritto, sull’importanza della presenza di tutti noi e sul pericolo che il nostro cammino rimanesse fatto solo di parole.
L’altra domanda che ci siamo posti nella fase di progettazione aveva una natura più profonda: che senso dare al fatto che una persona con un handicap grave riceve la cresima? Ed è giusto farlo? Noi tendevamo un po’ ad allontanare questa domanda, ma la lucidità di alcune mamme ci ha spinto a parlarne.

Perché anche a loro la Cresima
Innanzitutto ci siamo detti: chi è tra noi che realmente «capisce» il mistero della fede? Ci è subito sembrato che la nostra intelligenza non potesse determinare da sola una maggiore comprensione di Dio. Se San Paolo dice «l’intelligenza di questo mondo è stoltezza agli occhi di Dio», forse dobbiamo accettare che la nostra razionalità possa finire per costituire un ostacolo nel nostro cammino di fede. Che senso ha cercare di ritornare bambini per avvicinarsi a Dio e poi dubitare del fatto che chi non è dotato di «sufficiente intelligenza» possa accostarsi al sacramento della cresima? E poi non è forse vero, ci siamo detti più o meno scherzando, che in tutto il Vangelo gli Apostoli non fanno altro che non capire, fraintendere, arrancare dietro a tutte le incomprensibili verità che gli venivano rivelate; e che quando intuivano qualcosa Gesù gli ricordava: «non sei tu che hai capito; è mio Padre che te lo ha rivelato!». Se erano in difficoltà loro che avevano Gesù al loro fianco che gli parlava ogni giorno, di che cosa dovremmo preoccuparci noi se non «capiamo» qualcosa? In tutte le nostre discussioni chiaramente nessuno pensava di avere qualcosa da dire di realmente definitivo e certo sull’argomento; ma in verità ci siamo sentiti sollevati quando abbiamo realizzato che in verità nessuno di noi aveva niente di definitivo e certo sull’argomento; ma in verità ci siamo sentiti sollevati quando abbiamo realizzato che in verità nessuno di noi aveva niente di definitivo e certo da dire su ognuno dei sacramenti da lui ricevuto sino a quel momento. Abbiamo pensato: questo punto rimane solo uno dei tanti misteri di fede di cui è fatta l’esperienza di ognuno di noi con Dio.
Rimane, certo, il problema della libertà di scelta del singolo. Una persona può essere consapevole di non capire e scegliere lo stesso di fare. Ma chi non può manifestare la propria volontà? Non ci siamo nascosti questi dubbi, abbiamo pensato al Battesimo dei neonati, ai sacramenti per i moribondi ed ai tanti modi di influenzare le decisioni di persona in teoria perfettamente in grado di scegliere. Tutte considerazioni vere queste, ma, crediamo, che una risposta definitiva su questo genere di cose non ci sarà mai. Rimane il fatto che i genitori e i familiari che vivono affianco a persone gravemente handicappate, acquisiscono necessariamente il compito e la responsabilità di aiutarli in molte delle loro scelte, in tutti i campi. E anche scegliere di non fare, finisce per essere una scelta da prendere per loro…

Un po’ cavie, un po’ pionieri
La preparazione è stata fatta attraverso una decina di incontri serali tenuti tra noi cresimandi. Siamo stati seguiti spiritualmente da due amici importanti del nostro gruppo: da Padre Paul Gilbert, docente dell’Università Gregoriana, nonché assistente spirituale di Fede e Luce di Roma, che da un po’ di anni segue la crescita spirituale della nostra comunità, e da Davide Gasparini, seminarista presso l’Istituto Don Orione. Agli incontri erano presenti pure Nicoletta e Luisa, mamme di Mario e Elena. Paul fin dall’inizio ci ha proposto di seguirci, forse anche con l’intenzione, credo, di usarci un po’ come «cavie» per poter fare un’esperienza da ripetere negli altri gruppi. Chiaramente questo ruolo di «pionieri» ha rappresentato per tutti un ulteriore elemento di responsabilizzazione e di stimolo.
A noi si è aggiunto Enzo, un ragazzo del gruppo di S. Giacchino, che si è preparato, seguendo lo stesso programma, a casa con i suoi genitori insieme a due amici del gruppo e ad un seminari sta e negli incontri. domenicali insieme a tutta la comunità.

Tra noi o in parrocchia
Dopo le sere di preparazione abbiamo iniziato a pensare alla cerimonia: era necessario decidere dove e con chi celebrarla. Le ipotesi erano sostanzialmente due: la prima prevedeva una messa da tenere con tutti i gruppi di Fede e Luce in cui si trovavano persone che dovevano cresimarsi; la seconda prevedeva invece una messa da celebrare insieme a qualche altro gruppo parrocchiale di cresimandi. L’ipotesi di fare una messa esclusiva di Fede e Luce aveva tanti aspetti positivi e si pensava anche alla maggiore tranquillità per ognuno di noi. Qualcuno era infatti impensierito dal fatto che nel giorno della cresima ci si dovesse preoccupare soprattutto del rendere compatibile il nostro usuale «disordine» con i ritmi della «normale» funzione parrocchiale. L’altra ipotesi, quella della unione con gli altri gruppi di cresimandi, era preferita invece perché considerata una possibilità di allargare la nostra esperienza anche ad altre persone.
A questo punto è venuto in soccorso Padre Danilo, parroco di San Gioacchino, la cui calorosa accoglienza ci ha tranquillizzato ed ha fugato i nostri dubbi. Le sue parole ci hanno chiarito subito che non c’era nessun problema per eventuali rumori e disordini e che non c’era nessun problema per eventuali rumori e disordini e che anzi la nostra presenza era una risorsa per la gente della parrocchia. Il gruppo dei cresimandi della Parrocchia San Gioacchino ha mostrato subito interesse per la proposta di unire le nostre strade; questo ci ha rincuorato sulla possibilità di aprire l’esperienza di Fede e Luce alle comunità parrocchiali.
Abbiamo così deciso di fare insieme, noi del gruppo e i ragazzi della parrocchia, non solo la cerimonia della cresima ma anche la giornata di ritiro prima della funzione.
Da otto che eravamo ci siamo ritrovati in venti!

Essere con «gli altri» è stato molto positivo
Penso che tutti noi serberemo un buon ricordo della giornata di ritiro. Noi otto cresimandi del gruppo, i ragazzi della parrocchia, i catechisti e Padre Danilo ci siamo ritrovati insieme in una giornata in cui un sole caldo e luminoso (un po’ inaspettato dopo un lungo periodo di pioggia) ha «benedetto» l’incontro di questi due gruppi. La giornata è stata per noi proprio la giusta conclusione delle serate dell’anno precedente, superate le prime timidezze abbiamo potuto condividere questo momento importante anche con l’apporto di tutte queste nuove persone. Questo tipo di incontro con comunità parrocchiali, che non avevamo previsto, all’inizio, penso sia una strada da ritentare anche nel futuro. Consiglierei anche ad altri gruppi che intendono prepararsi alla cresimo a Fede e Luce di pianificare questi scambi, magari prevedendo anche incontri «intermedi» in comune. I ragazzi che si preparano alla cresima credo siano molto interessati ad un’ esperienza come la nostra ed anche noi come Fede e Luce spesso abbiamo bisogno di un maggiore intere- scambio con le Parrocchie.
Infine la cerimonia! È il 13 ottobre 1996, sono le 10,30 e tutti noi, un po’ più emozionati di quello che ammettiamo, siamo di fronte alla chiesa piena di gente, amici e familiari che ci aspettano. Il Vescovo ci ha salutati e ci ha incoraggiato; il canto e gli sguardi delle persone in chiesa che ci guardano entrare in processione ci fanno percepire la solennità e l’importanza del momento.

Tommaso Bertolini, 1996

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Il nostro cammino ultima modifica: 1996-12-15T14:40:49+00:00 da Tommaso Bertolini

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