Federico è un ragazzo autistico di 27 anni, primo di quattro figli. A causa delle sue problematiche ha bisogno di avere e sapere quali sono i confini spaziali e temporali in cui muoversi. Una variazione inaspettata dei suoi ritmi e delle sue abitudini può essere per lui motivo di “incandescenza” difficile da gestire per chi gli sta accanto. I suoi familiari sono sempre attenti, quindi, a garantire “certezze” che rassicurino Federico anche nelle piccole cose quotidiane.

Ma è stato sempre complicato stabilire quanto tempo aspettare il pulmino che porta Federico a scuola. Anche perché Federico ha una limitata percezione del passare del tempo, e spesso queste attese vicino alla mamma trascorrono con molta difficoltà. Un po’ per caso, un po’ per disperazione, e sicuramente, per il grande desiderio di pregare, Patrizia, un paio d’anni fa, comincia a recitare ad alta voce il rosario: gradualmente, prima un’ Ave Maria, poi tre per mistero, infine il rosario completo (se il pulmino tarda addirittura anche due). Patrizia stessa ne è stupita, pensando a quanto sia difficile per ragazzi come Federico concentrarsi su una stessa attività per più di 5 minuti, e questa ne dura almeno 20!

Il rosario è una preghiera che nella sua ripetitività, nella cadenza e nei tempi ben precisi aiuta Federico a riempire un tempo poco definibile con un’attività per lui e per sua mamma molto significativa. In questo modo è divenuto anche una specie di unità di misura per lo scorrere del tempo, dato che fino a quel momento non aveva nessun significato per Federico sapere che sarebbero passati venti minuti per l’attesa del pulmino e neanche fargli vedere come si spostavano le lancette di un orologio. Significa poterlo rassicurare di fronte all’incertezza e dargli uno strumento concreto per capire quanto può durare una qualsiasi attività gli venga proposta.

È diventato anche un incentivo per scuoterlo e per spingerlo ad organizzare il suo tempo in autonomia perché, se non si sveglia in tempo e non si prepara velocemente, non si fa in tempo a recitarlo. Ed è anche un modo di essere partecipe alle cose del mondo che spesso, per questi ragazzi hanno, o sembrano avere, scarso rilievo: Federico, sgranando lui stesso la corona, decide infatti per quale persona o per quale difficoltà dedicare ogni rosario. Questa piccola conquista di autonomia l’ha portata con sé anche in vacanza riuscendo ad insegnare la recita del rosario ad un’amica della sua comunità di Fede e Luce con la quale, insieme ad altri amici, ha trascorso un periodo lontano dai suoi familiari. È attento all’atteggiamento tenuto durante la preghiera e non ammette leggerezze o distrazioni o scompostezze. Una volta la mamma faceva su e giù sui piedi indolenziti recitando il loro rosario mattutino e Federico, con sincero tono di rimprovero, le ha detto: “Mamma stiamo pregando, non facendo ginnastica!”

Inizialmente, dopo avere imparato a recitare l’intera corona, era difficile convincerlo ad interromperlo nel caso non si facesse in tempo a finire; infatti l’attività non portata a termine era per lui motivo di “disordine” e quindi di rabbia. Adesso, invece, accetta tranquillamente l’idea di finire di dirlo quando sarà possibile ricordando bene a che punto erano rimasti anche il giorno dopo. Secondo Patrizia è importante aver trovato una cosa da fare insieme che interessasse entrambi nello stesso modo: lei non trovava facilmente tempo da dedicare alla preghiera dovendo dedicarsi parecchio alla famiglia. Adesso, insieme e non solo per far passare il tempo a Federico, hanno trovato nel rosario una specie di terapia benefica per entrambi, dai risultati del tutto inaspettati.

Cristina e Huberta, 2005

Il tempo di un’Ave Maria ultima modifica: 2005-12-23T14:29:20+00:00 da Huberta Pott

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.