Quanti bambini e ragazzi sono lasciati da parte perché considerati «non adatti» per il catechismo e non vengono aiutati a scoprire l’accoglienza incondizionata di Colui che è venuto a cercare ognuno di noi, a cominciare dal più rifiutato, dal più disprezzato, dal più povero?
Di chi intendiamo parlare?
Riassumiamo brevemente facendo qualche esempio:

  • quelli che non riescono a scuola o altri, ancora più ritardati che non parlano e scrivono e leggono pochissimo o niente del tutto…
  • bambini che sono come chiusi in se stessi, in una specie di mondo interiore senza sbocchi…
  • quelli che esplodono per un niente, che rompono tutto con violenza apparentemente senza controllo…
  • bambini dall’attenzione instabile…
  • handicappati fisici, paralizzati, mutilati, sordi o sordastri, ciechi o con gran difetti della vista, ammalati cronici o con una salute estremamente cagionevole…
  • figli di famiglie distrutte, divise, bambini sballottati, lacerati, privi d’amore…
  • bambini del terzo o del quarto mondo, figli di emigranti, bambini sradicati che difficilmente si inseriscono nel nuovo ambiente…
  • bambini cosiddetti «di strada» che sembrano privi di qualsiasi appoggio…
  • altri ancora, che subiscono tutte o quasi tutte queste situazioni, più o meno pesantemente, più o meno visibilmente…

Sono molti, migliaia, lo si sa.
Ma che cosa si fa per loro?

Che cosa si fa

Ogni tipo di handicap pone particolari problemi.
L’handicappato fisico, come il bambino privato dell’ambiente familiare, può benissimo avere un livello di intelligenza normale e anche superiore. Ma, poiché è «malato» lo si dimentica nell’istituto o a casa sua senza preoccuparsi di andare da lui o di trovare il mezzo di trasporto (l’automobile della vicina) che gli permetta di unirsi al gruppo.

Perché nessuno sia dimenticato - Ombre e Luci n.38, 1992

Quanti bambini e ragazzi sono lasciati da parte perché considerati “non adatti” per il catechismo!

Ci si scoraggia di fronte alle reazioni affettive di un bambino che manca dell’amore dei genitori o di fronte alle sue difficoltà scolastiche senza pensare che tutto ciò può dipendere da mancanza di considerazione, di incoraggiamento, e, prima di tutto, di tenerezza nella sua vita.
Si pensa che un bambino affetto da gravi disturbi visivi non possa far niente dal momento che non può leggere un normale catechismo, dimenticando che molto spesso questi bambini non sono colpevoli, ma piuttosto che ai nostri giorni è stato fatto uno sforzo notevole per «integrare» questi bambini nel normale ambiente scolastico, semplicemente fornendo loro un aiuto adeguato e preparando gli insegnanti, i compagni e le famiglie ad accoglierli. Si può addurre il pretesto che i bambini ritardati e, a maggior ragione, gli «insufficienti mentali» e gli «autistici» hanno bisogno di personale specializzato dimenticando che esistono libri in base ai quali ogni catechista di buona volontà può riuscire ad aiutarli efficacemente a camminare verso il Signore.

Si può giudicare impossibile, non integrabile nel gruppo il bambino disturbato da un punto di vista caratteriale, dimenticando che spesso questi bambini non sono colpevoli, ma piuttosto vittime dell’ambiente in cui vivono, delle sofferenze e in particolare delle frustrazioni che spesso hanno subito e di una mancanza di autocontrollo di cui non sono responsabili: le loro reazioni, spesso penose tanto per loro quanto per quelli che li circondano, sono un grido d’aiuto con cui cercano di dirci la loro angoscia e il loro bisogno di essere condotti all’amore di Colui che è «venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Qualcosa è stato fatto

Non mancano libri e riviste che si rivolgono ai sacerdoti, ai catechisti, genitori, educatori e amici di bambini e ragazzi con handicap o disadattati per aiutarli nel loro compito e tenerli al corrente delle questioni che riguardano questi bambini e delle soluzioni che vengono proposte.
E necessario fare lo sforzo di documentarsi e, prima di tutto, di cercare questi bambini, spesso silenziosi e circondati di silenzio, dei quali quasi non si parla se non quando scoppia uno scandalo.

Perché nessuno sia dimenticato - Ombre e Luci n.38, 1992

Il quadro tuttavia non è completamente negativo. Numerosi sacerdoti e laici hanno speso tempo e fatica per aprire gli occhi su questa situazione e per conoscere sia i problemi posti dalla presenza, in mezzo a noi, di questi «dimenticati», sia gli elementi di soluzione offerti dai vari metodi che vengono presentati attraverso molteplici mezzi di formazione (libri, riviste, sessioni, corsi, giornate di studio).
Questi sacerdoti e laici meritano la nostra ammirazione, non fosse che per la loro tenacia perché si trovano spesso a lottare contro l’indifferenza, l’incomprensione, a volte l’ostilità di molti, su molti fronti; sia che si tratti di genitori, talmente persuasi dell’incapacità dei propri figli che neppure chiedono per loro una catechesi e l’accesso ai sacramenti, sia che si tratti di un clero che si dice sopraffatto, incompetente, sconcertato.

Si dovrà intervenire presso certe “autorità” che dimostrano disinteresse o persino repulsione verso bambini handicappati.

Ma quanti ancora pensano che non ci sia niente, che non si faccia e non si possa fare niente! Molti genitori accettano passivamente che nella tale parrocchia non esista nulla che possa aiutare il loro bambino, e non reagiscono di fronte a sacerdoti che si rassegnano a negare al bambino handicappato qualsiasi capacità di vivere una vita cristiana, o che lo ammettono ai sacramenti senza nessuna preparazione, soltanto «per far piacere ai genitori».

Che si può fare in pratica?

Non è possibile indicare qui, in maniera dettagliata, i mezzi per catechizzare i bambini che sono vittime dei diversi handicap che abbiamo ricordato prima.
L’essenziale è non dimenticarli.

Bisogna essere persuasi dell’importanza di questo compito.
Le nostre motivazioni reali hanno un peso fondamentale. Se facciamo qualcosa solo per «far piacere ai genitori» o perché «bisogna darsi un po’ da fare per questi poveri piccoli», non andremo molto lontano, né come durata né come qualità del nostro lavoro.
Se invece siamo convinti che ogni bambino, anche il più handicappato e il più miserabile, è una persona umana a pieno titolo, un vero figlio di Dio in atto o in potenza, allora andremo verso di lui con tutto il nostro amore, con tutta la nostra attenzione, con tutta la nostra considerazione, con tutto il nostro rispetto. Ricorderemo poi in modo particolare che Gesù ha prediletto quelli come lui, ai quali viene sempre data, nel piano di Dio, una priorità speciale. Soltanto a questa condizione la chiesa sarà pienamente, veramente, la chiesa di Cristo.

Bisogna poi darsi i mezzi concreti per agire con efficacia.
Anche qui la buona volontà non basta. E necessario andare da questi bambini, cercarli attivamente come la pecorella smarrita del vangelo, anche a costo di abbandonare un po’ il resto del gregge. Si nascondono e vengono tenuti nascosti, abbiamo detto. Un parroco che conosco ha scoperto un giorno con grande stupore che nel territorio della sua parrocchia cerano molti handicappati di cui nessuno sapeva nulla e di cui lui stesso non sospettava neppure l’esistenza. Il medesimo stupore ho visto in un insegnante che ha scoperto, per caso, la miseria morale e materiale in cui viveva un bambino che gli stava davanti tutti i giorni in classe e con cui si spazientiva regolarmente per il cattivo rendimento scolastico… E si potrebbe continuare.

Bisogna poi fare in modo che questi bambini vengano accolti bene, perché fin dal primo momento ricevano una testimonianza il più concreta possibile dell’amore di Dio nostro padre, attraverso l’atteggiamento della chiesa di Cristo nei loro confronti. Bisogna nello stesso tempo, documentarsi e prepararsi con l’aiuto dei mezzi di cui parlavamo prima. Questi richiedono, come è normale, un certo impegno, ma non sono così difficili da risultare inaccessibili. Sarebbe eccessivo esagerarne le difficoltà; ma sarebbe altrettanto deplorevole pretendere di farne a meno, affidandosi unicamente alle proprie intuizioni pedagogiche e pastorali.

Siamo convinti che ogni bambino, anche il più handicappato è una persona umana a pieno titolo, un vero figlio di Dio in atto o in potenza

Infine, ripetiamolo ancora una volta, non si dovrà accontentarsi di concedere a «quei bambini» il locale o i catechisti che nessuno vuole. «Quei bambini» più di molti altri, hanno bisogno di essere trattati nel modo migliore e di essere messi nella situazione più adatta ad attenuare le conseguenze del loro handicap. Più di molti altri, hanno bisogno di catechisti dinamici e il più possibile competenti.

Bisogna infine fare opera di sensibilizzazione e chiamare in causa i principali responsabili

In genere è difficile, all’inizio, fare in modo che l’ambiente parrocchiale, scolastico, catechistico, assuma un atteggiamento adeguato. Molti di questi bambini (che ne soffrono più di quanto non si creda) vengono «guardati», a volte rifiutati e a volte fatti oggetto di un’eccessiva protezione che contribuisce a metterli da parte, a «emarginarli» quasi tanto quanto l’atteggiamento opposto. Dovranno essere, in primo luogo, i responsabili della pastorale e della catechesi ad assumere l’atteggiamento giusto e a farlo condividere anche agli altri: un atteggiamento fatto fondamentalmente di stima per ogni bambino, per il suo valore, per le sue capacità sia pur limitate, per la sua dignità.
Precipitarsi a dare una caramella a un bambino, perché porta un apparecchio ortopedico o perché sembra un po’ «ritardato», può fargli del male e innazitutto umiliarlo, tanto quanto mettersi a prenderlo in giro, anche se, nel primo caso, l’intenzione può essere buona.
Si cercherà dupque — per prima cosa con l’esempio — di trattare questi bambini e ragazzi il più possibile come gli altri, pur tenendo conto delle loro particolari difficoltà. In alcuni casi si dovrà anche intervenire con energia presso certe «autorità», che dimostrano disinteresse o persino repulsione nei confronti dei bambini handicappati, o che sono indifferenti, se non apertamente ostili, alla loro educazione religiosa e alla loro vita cristiana. In questi casi i responsabili della catechesi con l’indispensabile fermezza e con il «sacro fuoco» che non dovrà essere altro che quello dello Spirito, non esiteranno ad intervenire e a tener duro, finché non avranno vinto la loro battaglia.

Bisogna che ricevano una testimonianza concreta dell’amore di Dio, attraverso l’atteggiamento della Chiesa nei loro confronti.

Per finire siamo tutti responsabili. Non scarichiamo la nostra responsabilità sulle spalle di alcuni specialisti, il più delle volte ipotetici e in ogni caso incapaci, dato il loro numero molto ridotto, di far fronte in modo efficace a un problema tanto vasto quanto multiforme. E ripetiamo anche che in moltissimi casi questi bambini «troppo dimenticati» devono semplicemente potersi unire, prima o poi alla catechesi di tutti; devono potersi unire alla comunità di tutti i cristiani, che è la loro e che deve accoglierli tutti, integrarli tutti, cosciente di aver bisogno di loro forse ancora di più di quanto loro stessi non abbiano bisogno di noi.

Questi bambini “troppo dimenticati ” devono potersi unire alla comunità di tutti i cristiani , che è la loro e che deve accoglierli tutti.

Henri Bissonier, 1992
(Tratto da «Pedagogia della fede» di , E.D.P, pag. 153-162)

Il Padre Henri Bissonier è senza dubbio un’autorità nel campo della catechesi delle persone con handicap mentale.
Ha scritto molti libri e articoli, ha insegnato in numerose università, ha fondato e diretto Movimenti nazionali e internazionali di persone con handicap.
Ma non ha fatto solo teoria: provato, fin da bambino, nella malattia, a diciannove anni scopre, nei grandi sanatori delle Alpi, l'esclusione sociale e la desolazione spirituale del mondo dei malati.
Fin dalla sua ordinazione nel 1935, impegna tutta la sua vita di sacerdote in una lotta quotidiana per la difesa dei diritti delle persone con handicap, per il riconoscimento della loro dignità, per il loro inserimento nella vita sociale e nella comunità cristiana.
È stato il pioniere in Francia della catechesi delle persone handicappate entrando con tutta la forza della sua speranza e la sensibilità del suo cuore nel mondo triste e chiuso di un ospedale pubblico dove «vivevano» delle giovani e delle ragazze handicappate mentali.

Henri Bissonier

Sacerdote

Perché nessuno sia dimenticato ultima modifica: 1992-09-12T13:11:21+00:00 da Henri Bissonier

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