Avevo in mente da tempo di visitare la comunità di S. Preix. La mia amica Irene me ne parlava da tanto: Oliviero, suo figlio, ci vive da più di dieci anni.
Conobbi Oliviero quando aveva sei anni; era un bambino immerso nell’angoscia; non aveva alcuna autonomia, era molto instabile, aveva un comportamento asociale, gesti stereotipati, necessitava di continua sorveglianza. Le ricerche vane di un luogo che lo accogliesse a Roma, spinsero i suoi genitori, con la morte nel cuore, a separarsi da lui, dopo avere trovato la soluzione migliore possibile in un’altra località. Ho rivisto regolarmente Oliviero a casa sua, durante le vacanze, per i fine settimana, o a casa mia per un pomeriggio. L’ho visto diventare un giovane calmo e sorridente, capace di svolgere diverse attività.
Sa apparecchiare la tavola e sparecchiare, aiutare in cucina, sa sciare, pattinare, andare in bicicletta. Sa vivere meglio con gli altri. Tutti questi miglioramenti mi hanno stupita e meraviglieranno anche voi, soprattutto chi fra voi conosce le difficoltà di cui ho parlato. Oliviero mi ha messo la voglia di conoscere i suoi educatori, educatori nel senso forte della parola, più che una semplice etichetta professionale. Quegli educatori con i quali vive da tanto tempo, con i quali è cresciuto, ha imparato tante cose e ha acquistato l’equilibrio attuale.
Così, in settembre, ho avuto l’occasione di poterli conoscere: ho passato una giornata alla fondazione Perceval.

Il villaggio comunitario, immerso in un grande vigneto, domina il lago di Ginevra. Dalla stazione saliamo a piedi, io e un giovane amico, circondati da un bellissimo paesaggio, entriamo nella proprietà senza muri di cinta né barriere. Grandi chalet, case di stile diverso, enormi alberi, angoli di giardino, una fattoria, un grande orto. Siamo arrivati al momento della ricreazione del mattino; piccoli gruppi vanno e vengono. Ogni ospite lascia la classe o il laboratorio per una merenda in «famiglia». Ogni casa, infatti, ospita una famiglia, reale, con i propri bambini, ai quali si aggiungono bambini accolti, quattro o cinque per casa.
Inoltre, poiché Perceval è anche centro di formazione, anche gli educatori in formazione, condividono la vita di una famiglia.
Siamo stati subito invitati a pranzo in una di queste case attorno a una grande tavola rotonda e accogliente. Il mio piccolo vicino di tavola, un chiacchierone, smette di parlare per formare con gli altri la catena delle mani, prima di mangiare: gesti e parole eseguiti con molta cura; ognuno tende la mano destra aperta al suo vicino di destra e pone la mano sinistra su quella che gli viene tesa. Questo momento di raccoglimento e di unione che precede il pranzo, resterà per me il ricordo più bello della giornata.

Una casa senza muri di cinta né barriere; un lavoro scelto in modo da valorizzare al massimo ogni persona nelle sue capacità.

Il pranzo è semplice e abbondante. Il più piccolo della tavola, di circa cinque anni, mi sembra molto «perturbato» e ci vuole tutta la pazienza e l’attenzione della sua educatrice, vicina a lui, per farlo arrivare, con molto aiuto, alla fine del pranzo. Ma tutto avviene con calma e naturalezza, senza che nessuno noti o faccia notare.
Dopo il pranzo, ognuno va alle sue occupazioni: i più piccoli vanno a fare la siesta, mentre noi approfittiamo del tempo libero per fare qualche domanda al padrone di casa, seduti attorno a un caffè e a tavolette di cioccolato svizzero tradizionale, in una sala piena di calore, con i mobili di legno naturale, i colori caldi, ben armonizzati fra loro, fiori un po’ dovunque.
È proprio una vera casa, una vera famiglia, un po’ particolare, certo, ma disciplinata e insieme molto libera. Oggi, ad esempio, due ragazzi più grandi, avevano voglia di star lontani dal gruppo e hanno mangiato in cucina.
Nella scuola, che è un edificio a parte nel parco, i bambini sono divisi per gruppi di età, quale che sia il loro handicap. Dopo pranzo, per tutti ci sono attività di laboratorio.

Senza entrare nei dettagli della pedagogia particolare, è importante dire che tutte le forme dell’arte (musica, pittura, canto soprattutto, ginnastica nella sua forma specifica che chiamano euritmia) sono importanti come le classiche materie scolastiche e qui fanno parte integrante della scuola e della vita. Grande importanza vien data inoltre alla natura, al suo ritmo, alla sua bellezza. Fiori dappertutto, in casa nel giardino che ogni famiglia coltiva con amore particolare; panchine, mucchi di sabbia, biciclette, lasciano un’impressione viva di vita di famiglia. Anche l’orto fa parte di questa scelta della natura; è infatti un laboratorio importante: frutti e verdura che produce nutrono la comunità. C’è anche la fattoria con gli animali, della quale si occupano i ragazzi più grandi. C’è la scuderia e il maneggio dove assistiamo alla lezione commovente di una bimbetta di dieci anni, cieca e sorda. Sta per andare a cavallo; si avvicina con il corpicino alla bestia mentre l’educatore mette i finimenti. Sa evidentemente che il momento bello della giornata è arrivato: infatti la vediamo non solo fare il giro del maneggio come una vera cavallerizza, ma poi la vediamo allungarsi sull’animale in posizione supina, abbandonarsi con fiducia e gioia evidente al ritmo dell’animale.

I laboratori di artigianato oggi sono purtroppo vuoti, perché il gruppo degli adulti è andato alla fiera in un villaggio vicino. Il mio amico Oliviero è con loro e non potrò, ahimè!, vederlo. I prodotti dei laboratori sono venduti in un piccolo negozio al centro del villaggio di S. Preix. Sopra il negozio vive un’educatrice con qualche giovane. Gli adulti handicappati vivono in una casa vicina ma volutamente situata fuori della proprietà. Per gli adulti il lavoro è considerato fattore altamente terapeutico, ed è scelto in modo da valorizzare al massimo ognuno di loro nelle sue capacità.

Le feste poi hanno qui una grande importanza per tutti: feste di famiglia, feste religiose, feste delle stagioni, grande festa estiva con le famiglie, una volta l’anno.

Nicole Schulthes , 1989

Quest’anno Oliviero…

Per concludere, riporto una scheda valutativa della direttrice della casa che ha accolto Oliviero, relativa al suo III anno di permanenza. Con questo documento voglio dare un’idea della pedagogia e dello stile educativo del Centro.

«Durante quest’anno, Oliviero si è aperto molto. Lentamente e mese dopo mese, ha perso il suo sguardo cupo e ha preso confidenza con chi gli era vicino. Via via, cercava una carezza, un complimento da parte dell’adulto. Ci guardava spesso negli occhi con un’espressione raggiante.
Nonostante questa situazione di fiducia Oliviero ha avuto delle ricadute in alcune delle sue manie. Di nuovo ha cominciato a stracciarsi i vestiti, a giocare di notte con l’acqua, a mordersi il labbro inferiore, ecc. Eppure, anche in queste manie, si può vedere che Oliviero ha fatto un gran passo avanti, perché quando aveva stracciato un vestito lo nascondeva nell’armadio di un’altra stanza o lo metteva nel secchio dell’immondezza in cucina, o perfino lo gettava nei gabinetti e poi tirava l’acqua. Questo ci mostra chiaramente che Oliviero ha capito che, per evitare di essere sgridato, deve far sparire l’abito stracciato. Al contrario, quando Oliviero aveva strappato il bottone, ce lo riportava con un grande sorriso perché lo riattaccassimo.
Nel lavoro, Oliviero non fa, per così dire, nulla da solo. Cerca ogni giorno di rifare il letto, di mettere il copriletto, di lavare un lavandino, ma non ci riesce mai da solo. Deve essere sempre controllato e sorvegliato. Lo stesso quando asciuga i piatti. Può restare con la stessa tazza in mano per un’ora se l’educatore non lo richiama all’ordine ogni momento.
Oliviero aveva avuto sempre una forte tendenza all’obesità. Aumentava di peso al minimo eccesso di cibo e non poteva più perderlo. In questi anni abbiamo dovuto sorvegliare i suoi pasti. Ora la situazione sembra stabilita: Oliviero mangia di nuovo quanto vuole e non ingrassa più. Ha un bel fisico, equilibrato. Mangia di tutto e sempre con gioia».
E.W. (madre della casa)

Nicole Marie Therese Tirard Schultes
Ha studiato Ergoterapia in Francia e negli Stati Uniti, co-fondando nel 1961 l'Association Nationale Francaise des Ergotherapeutes, (ANFE).
Trasferitasi a Roma, incontra Mariangela Bertolini e insieme avviano nel 1971, su invito di Marie-Hélène Mathieu, le attività di Fede e Luce e partecipano all'organizzazione del pellegrinaggio dell'Anno Santo del 1975. Dal 1983 al 2004 cura con Mariangela la rivista Ombre e Luci. Per anni ha organizzato il campo estivo per bambini e famiglie sul campus della scuola Mary Mount a Roma.

Perceval, un luogo per vivere e per imparare a vivere ultima modifica: 1989-06-16T12:33:17+00:00 da Nicole Schulthes

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