Fu mio cognato, un medico, a darmi con grande angoscia la notizia che Sofia era Down. La reazione di mio marito fu: “È mia figlia, non importa, le vorrò più bene che agli altri.” E così avvenne.
Mio suocero arrivò il giorno dopo la nascita, ma non guardò la nipotina. Raccontò alle sue sorelle che era nata Sofia, ma non disse che era Down. Tutti si rallegrarono con me. Sei mesi dopo ricevetti lettere di condoglianza…
A sette mesi Sofia era una bella bambina, sorridente e molto graziosa.
Il nonno mandava lettere e cartoline ai nipotini e terminava sempre con gli abbracci per Stefania e Nicola, mai per Sofia. Le leggevo ad alta voce aggiungendo sempre il nome di Sofia finché Stefania, la maggiore andò a scuola, imparò a leggere e mi domandò perché non c’era mai quel nome.

Cercai pretesti: il postino era passato troppo presto a ritirare la posta, il nonno non aveva avuto il tempo di finire, ecc… Stefania però un giorno mi disse: “Non è vero. Il nonno non vuole bene a Sofia. Non la guarda mai, non l’ha mai presa in braccio, sa che non è come gli altri. Ne ha vergogna, mamma.”
Mi sembrò che il cuore mi si spezzasse e il giorno dopo quando lui arrivò scoppiai a piangere e gli dissi tutto quello che sentivo dentro, tutto il male che ci faceva: lui, il medico, il professore, provava vergogna di una delle sue nipoti; ne ero profondamente ferita.

Egli riprese il suo cappotto e usci senza una parola. Non ci vedemmo più.
Tre mesi dopo gli telefonai per invitarlo al compleanno di mio marito, suo figlio. Ne fu sorpreso, ma venne con un mazzo di fiori alto un metro, e mezzo. Mi abbracciò con slancio e mi chiese perdono dal fondo del cuore. Lo perdonai.
Da quel giorno si è preso cura di Sofia, l’ha stretta fra le braccia, le ha insegnato a disegnare, a fare i puzzle e l’ha portata a spasso dandole la mano anche nelle strade della sua città dove è molto conosciuto. Ci ha invitato con lei al ristorante – nei grandi ristoranti – senza alcuna vergogna. Sofia si comportava bene, non piangeva mai, mangiava di tutto, ed era più assennata dei fratelli.
Il nonno vive ancora, ha novantadue anni e ogni tanto telefona per avere notizie di Sofia. Lei gli scrive e gli vuole molto bene.

Una mamma, tratto da Ombrés et Lumiérè n. 116

Non voleva bene a Sofia ultima modifica: 1997-12-15T18:03:49+00:00 da Redazione

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