Può un bambino di nove anni scegliere di tacere sempre? Può fingere di non vedere i compagni, la maestra, i banchi, le finestre e tutto quello che esiste in una classe numerosa di quarta elementare? Può scegliere di non sentire, o fingere di non sentire, i discorsi, i richiami, gli inviti, le urla, le risate e tutti i rumori che durante le lezioni e la ricreazione risuonano intorno a lui? Questo si chiedono i compagni di Carlo e non capiscono. Non capiscono come possa, questo loro compagno, così simile fisicamente a tutti loro, restare assorto per tanto tempo, girando fra le mani un lungo spago colorato o spezzettando la carta in minutissimi frammenti. Vorrebbero almeno sapere “se è triste” o “è arrabbiato” o “se fosse in un altro posto sarebbe più contento?” “È timido?” “È annoiato?”.
Poi capita che, un giorno, all’improvviso, sia attratto irresistibilmente da qualcosa di nuovo: le matite colorate, un cartellone diverso, un temperamatite insolito. Ed eccolo, allora, proteso, con gli occhi imploranti, con piccole grida prepotenti.
Anche i compagni più disinvolti sono intimiditi e chi ha provato tante volte a parlargli, è scoraggiato. “Maestra, non ci guarda proprio! “Non gliene importa niente di nessuno!

“Dai, non fare così… Io sto peggio se piangi”.

“Un giorno. Elisa, che piangeva con la testa sul banco per un giudizio severo al suo compito di casa, avvertì qualcosa: alzò gli occhi lacrimosi e vide altri due occhi azzurri e spalancati a un metro dai suoi, che la fissavano tristi e preoccupati come a dirle: “Dai, non fare così… Io sto peggio se piangi.” E le sue mani, sempre intente ad attorcigliare, a sminuzzare, erano ferme, come in attesa, a pochi centimetri dai suoi capelli. Elisa fu così sorpresa da quella visita inattesa, che con gli occhi ancora lacrimosi, gli sorrise. Anche Carlo accennò un sorriso e poi scappò via, di corsa verso il suo banco come un folletto silenzioso che, compiuta la sua esplorazione e ripreso il controllo del territorio, torna al suo nascondiglio.
E poi, anche per la quarta A venne il magnifico giorno della gita di primavera. Pullman, canti e confusione, risate, passeggiata, pizza e panini, coca cola e aranciate e, nel pomeriggio, il pallone: la porta, tra due alberi. Quarta A contro quarta C e le bambine a fare il tifo insieme alle maestre. Protetto dalla confusione, dimenticato nell’eccitazione generale, quella volta Carlo guardò, guardò veramente quello che gli succedeva intorno. Lasciò cadere lo spago che aveva tra le mani, si alzò in piedi, uscì dall’ombra del castagno, si diresse verso i compagni che giocavano ed entrò in campo proprio mentre Simone infilava un magnifico gol nella porta della IV C.

Pennablù, 1997

Lasciò cadere lo spago… si diresse verso i compagni che giocavano

Dedicato ai bambini: Carlo ultima modifica: 1997-12-15T17:55:10+00:00 da Pennablù

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