Cercatori d’oro credo siano le parole chiave di questo libro. Per Virgilio Rigoldi, tutti, specialmente i cristiani, dovrebbero essere cercatori d’oro, dove l’oro è l’impronta di Dio, la parte buona, preziosa, che c’è in ogni persona, uomo o donna, giovane o anziano. Buonista? Una sfida non solo di fede ma anche umana che porta a superare la superficie, talvolta sgradevole delle persone, per scoprire intelligenze, affetti, emozioni Dalle prime pagine ci si rende conto di avere di fronte un uomo dalla personalità straordinaria, che parla di certi valori non solo come concetti o frasi ma perché attuati con convinzione profonda. Don Gino racconta la sua prima esperienza a contatto con i giovani quando accettò per rassegnazione la carica di vicerettore del Collegio “De Filippi” di Varese, in seguito alla temporanea “bocciatura” come prete, perché affetto da vistosa mancanza di “spirito ecclesiale”. Queste le parole usate dal rettore del seminario di Venegòno.

Qui si trovò a misurarsi con le richieste di aiuto di tanti giovani. La scelta era tra nuotare e affogare, e nuotare significava ascoltare, dialogare, stabilire complicità utili dal punto di vista educativo… Questa esperienza gli insegnò a rileggere il Vangelo alla luce dei bisogni dei ragazzi (spesso famiglie provenienti dal Sud). Si trattava di recuperare le chiavi di interpretazione del mio voler essere prete, chiave che non aveva trovato in seminario, nei regolamenti o nei comportamenti ecclesiastici, ma che veniva alla luce quando un giovane del collegio era in difficoltà[…]. Era come se fosse avvenuta una semplificazione che aveva riordinato la scala dei valori delle cose, che secondo me un prete doveva fare, collocando al primo posto le persone e i loro bisognil[…].

La sua fedele lettura del Vangelo, paradossalmente, non gli ha reso la vita facile proprio nella parrocchia che lo accolse appena diventato sacerdote, per la sua voglia di conoscenza e confronto con le persone: non ho mai pensato di predicare il Vangelo ai “fedeli”, intesi come gli “utenti” di un servizio pubblico. Erano i primi anni Settanta e molti giovani si affacciavano con richieste non di tipo religioso; la parrocchia si affollava di barbe lunghe e di eskimo, e questo era motivo di notevole ansia nel parroco. La sua era una ricerca di una pratica pastorale nuova in risposta ad un rigido tradizionalismo degli schemi, che prevedeva catechismo e preghiere collettive. Non ho mai pensato che Gesù Cristo sia venuto al mondo per fondare una Chiesa fatta per i preti, con le sue regole liturgiche, le gerarchie, le tradizioni. Ho sempre pensato che la prima obbedienza dovesse essere verso il Vangelo.

Accetta con gioia l’assegnazione al carcere minorile “Beccaria” di Milano, dove applica questa sua visione, affermando che il sistema educativo, improntato sulla relazione sana, schietta, conflittuale e costruttiva insieme, sia la migliore delle “discipline” per i giovani. Ne scaturisce un lavoro di analisi sulle problematiche dell’adolescenza. Nel libro dialoga direttamente con le figure di riferimento del giovane: genitori, insegnati, educatori professionali, come anche sacerdoti e preparatori sportivi. È necessario stipulare un contratto con l’adolescente che deve fondarsi su valori imprescindibili: responsabilità, giustizia, solidarietà. I giovani non sembrano tenere in grande considerazione questi concetti ma anche durante gravi conflitti non si rompe il rapporto di stima con l’adulto che ha insegnato e vissuto tali ideali. È chiaro, quindi, che tali insegnamenti non possano essere solo teorici ma necessitino dell’esempio vissuto in prima persona dall’educatore.

Laura Nardini, 2007

Il male minore. Devianza giovanile, una problematica per tutti | Recensione ultima modifica: 2007-09-09T14:56:04+00:00 da Laura Nardini

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