Dimitri Galli Rohl ha 33 anni, viene da Lucca, ed è un regista teatrale. Il primo, con disabilità, a diplomarsi alla “Silvio d’Amico”. Dal 2000 si muove su una sedia a rotelle, dopo che un incidente gli ha procurato la frattura di due vertebre cervicali. In 73 anni di storia dell’Accademia capitolina, nessuna persona con disabilità aveva mai ottenuto il suo risultato. “A ben guardare, i registi sono disabili per natura” racconta Dimitri, perché un regista “è chiamato a tenere sotto controllo un sacco di elementi quando decide di mettere in scena uno spettacolo; come disabile sono chiamato a pianificare meticolosamente la mia giornata se voglio arrivare alla fine limitando i disagi che la mia condizione impone al mio fisico e alla mia quotidianità. In pratica, sono il regista di me stesso”.
“Diplomarmi in regia — ne è convinto Dimitri è stata l’unica cosa sensata da fare dopo il mio incidente”. Le porte dell’Accademia, da cui ancora oggi proviene l’80 per cento degli attori e dei registi italiani, per lui si aprono nel 2005. Supera la prima selezione con lo spettacolo “Il Minotauro” (scritto e diretto per il Teatro Sant’Andrea di Pisa) ispirato al racconto del drammaturgo svizzero Friederich Durrenmatt. Poi supera brillantemente anche i provini successivi. L’ultima fatica è quella che gli è valsa il diploma, e porta il nome di “U.s.d.e. Unione sociale per una destra estrema”. Uno spettacolo che si ispira all’Amleto di Shakespeare, con una forte rivisitazione in chiave italiana e una altrettanto spiccata connotazione politica. “Usde” equivale alla storpiatura italianizzata della prima battuta dell’Amleto “Who’s there?”. “Chi va là?”, dice una sentinella che si chiama Francesco all’inizio dello spettacolo, prima che di lui si perdano le tracce. In scena l’espressione diventa un acronimo senza senso, con cui ama salutarsi, in maniera militaresca, una minoranza danese intenta a rimpiangere un passato considerato glorioso. “Ma ‘Usdè’ racconta Dimitri è anche un saluto a cui si accompagna un gesto forte del braccio destro, o una grottesca metafora vocale di quel canterino ‘Alalà’che è patrimonio genetico di ogni italiano che si rispetti”.
Lo spettacolo viene accolto con apprezzamento al Teatro Eleonora Duse di Roma. È un successo per Dimitri, che nella vita è stato anche attore, scultore, pittore, cameriere, operaio e impiegato. “Adesso vediamo — racconta se riesco a fare il regista di mestiere, riducendo la disabilità ad un hobby da coltivare nel tempo libero”.
Tiziana Guerrisi, 2009
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.106
Sommario
Editoriale
Il coraggio di osare di Mariangela Bertolini
Dossier: Il coraggio di osare
Piccoli passi in sicurezza di Comunità Tau di Arcene
Clown “Cicciola” di C. Tersigni
Dimitri, il teatro fra sogno e progettualità di T. Guerrisi
Vivere i miei limiti nella verità di A. e M. C.Taurine
Nomen omen di Redazione
Eppure splende il sole di N.B.
Sotto i riflettori, sempre senza protesi Intervista a Cerrie Burnell di L. e M. S. Bertolini
Altri articoli
Sotto l’ombrellone, per grandi e piccini di T. Mazzarotto, A. Floris
Coralmente. Le voci dell’anima di L.Nardini
Ritardo mentale nelle malattie genetiche: la ricerca di una possibile cura
Rosa di Pennablù
Rubriche
Libri
Il resto (parziale) della storia, C.De Angelis e S. Martello
Amore caro, C. Sereni
Quel puntino un po’ sfrangiato, G. Martino