Lisa Krieger ha impegnato tutta se stessa, quasi come farebbe la squadra del presidente, nel programmare la prima comunione di sua figlia, Gina, che ha otto anni ed è autistica.
Mesi prima, infatti, la signora Krieger aveva reclutato alcuni bambini per provare la processione lungo la navata della chiesa con Gina, videoregistrandola perché lei potesse rivedersi e fare pratica a casa. Chiese alle suore di non cambiare posto a Gina nella fila, poiché, se messa di fronte al minimo cambiamento, avrebbe potuto gridare o deviare.

La mamma si assicurò che il vestito per la comunione non le provocasse prurito e lasciò che lei lo provasse per pochi minuti al giorno, ogni giorno, perché lei non lo togliesse quando sarebbe arrivato il momento. Ha trovato un fornitore di ostie per far abituare Gina al sapore e non farle sputare l’ostia consacrata quando sarebbe stata di fronte al sacerdote. E il grande giorno, a maggio, ha accostato le persone nella chiesa a Washington Township, nel New Jersey, suggerendo alcune istruzioni se Gina si fosse confusa. “Si è comportata perfettamente” ha detto la Signora Krieger alla fine della cerimonia, “ma ho dovuto pensare ad ogni possibile inconveniente, conoscere il luogo dove si sta entrando e cosa sta per succedere.”

Lo sforzo della signora di pianificare la cerimonia ha reso possibile quel che molti genitori danno per scontato: la partecipazione di un bambino ad attività familiari e ad eventi sociali, come un pranzo ad un ristorante o un film al cinema.

Nessuna di queste attività sono naturali per i bambini affetti da autismo […]. Solo dieci anni fa sarebbe stato impensabile condividere con un bambino autistico come Gina una normale vita familiare, ma sempre più famiglie con figli autistici si rendono conto che le tecniche che hanno sperimentato con successo nelle classi di scuola — metodi comportamentali ideati per primo dallo psicologo B.F. Skinner, istruzioni visualizzate e adattamenti dell’ambiente — possono essere tentati anche a casa, non solo per massimizzare l’apprendimento dei bambini autistici, ma anche per migliorare la qualità della vita del resto della famiglia.

Se le abilità e il comportamento del bambino autistico migliorano, dicono gli esperti, genitori e fratelli hanno maggiori possibilità di tempo libero per altre attività, e diminuisce il senso di stigma e di isolamento sociale.

“Non importa che un ragazzino possa leggere e scrivere e fare algebra se poi non è in grado di andar fuori con la sua famiglia per un pranzo, sostiene Bridget Taylor, co-fondatrice nel New Jersey di una scuola per bambini autistici che è stata modello per la vicina scuola che Gina ha frequentato la EPIC .

“A mio parere metà della battaglia contro l’autismo‘è far sì che questi bambini siano membri attivi, funzionali nelle loro famiglie e far diventare le famiglie stesse attive e funzionali.”

È un lavoro senza riposo, intenso, un compito straziante portato avanti, indiscutibilmente, dalle madri. Mette alla prova la forza dei matrimoni, la capacità di recupero dei fratelli e la pazienza delle donne stesse, secondo l’opinione degli educatori e dei medici professionisti. Per Lisa, questo ha significato accettare che la pazienza del marito con Gina sia più limitata della sua; la necessità di essere attenta a non sovraccaricare o ignorare la figlia di sei anni, Nicole e di continuare a svolgere il suo lavoro come direttore dell’ufficio delle Finanze Condivise dell’Associazione del Greater New York Hospital, per via telematica.

Negli ultimi dieci anni, il numero dei bambini autistici che hanno ricevuto servizi di educazione speciale a carico dello stato è cresciuto da 20000 a 140000, secondo il Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti. Mentre gli scienziati dibattono su cosa abbia causato l’aumento vertiginoso dell’incidenza dell’autismo negli Stati Uniti se per un reale aumento dei casi, per diagnosi più accurate o per la decisione di non istituzionalizzare i bambini autistici non c’è dubbio che sempre più famiglie stanno vivendo come quella di Gina, portando i bambini autistici a casa e tentando di adattarli alle normali routine e attività familiari. Eccetto che per il sostegno degli educatori, le risorse organizzate per queste famiglie sono scarse. Sono le madri ad avere, per lo più archivi di volantini informativi, passati di mano in mano.

I genitori con forza, tempo e denaro hanno un limite. Ilene Lainer, per esempio ha avuto la possibilità di lasciare il suo lavoro come avvocato, quando l’autismo è stato diagnosticato nel suo secondo figlio, Ari, di otto anni. Adesso è mamma a tempo pieno di un bambino autistico, preparata a trascorrere ogni momento che ha per insegnare come stare al mondo a suo figlio, che non può parlare.

Prendiamo il taglio dei capelli. La prima volta, ha portato Ari dal barbiere, come aveva fatto con suo figlio di 10 anni, Max. Il risultato è stato “un bambino isterico ed urlante” e dei commenti poco edificanti da parte degli altri clienti, del tipo “non può tenere a bada suo figlio?”.

Così, con l’aiuto dell’insegnante di Ari all’EPIC, la mamma tenta un approccio passo dopo passo. Gli spunta i capelli, una sforbiciata alla volta, fino a che può tollerare questa sensazione. In seguito procede con uno spruzzo di acqua sulla faccia tutti i giorni. Poi lascia che poche ciocche di capelli tagliati sfiorino la sua pelle. Finalmente è potuto tornare sulla sedia del barbiere.

Ma ogni loro passeggiata lontano dalla strada di casa fa trattenere il respiro. Perché una volta è capitato che Ari prendesse una televisione da una parete rompendola a poca distanza da altri bambini. Ilene mandò una cassa di vino per scusarsi. Poi cominciò un programma comportamentale di un anno per insegnare ad Ari a chiedere le cose fuori dalla sua portata, indicando, facendo suoni, o usando un computer con disegni parlanti.

A volte le ricompense che prevengono un accesso d’ira possono causarne uno se vengono meno. Una madre è riuscita a superare un viaggio di 90 minuti con suo figlio autistico promettendogli una nuotata nella piscina vicina e patatine fritte al McDonald’°s quando fossero arrivati. Ma la piscina era chiusa e il ristorante non serviva patatine fritte fino alle 11. Il bambino preso dalla rabbia tentò di superare la barriera della piscina. AI fast-food si gettò sul banco quando neanche suppliche o un’esca di 10 dollari, avrebbero convinto qualsiasi persona a servire patatine fritte.

La madre, il cui marito ha chiesto che la famiglia non venisse identificata, ha detto che il coniuge spesso insisteva perché frequentassero eventi sociali oltre la tolleranza del ragazzo. “Non accetta ancora che dobbiamo cambiare la nostra vita” ha detto la signora.

Jane Gross

(Da: International Herald Tribune 23-24 ottobre 2004)

Curare l’autismo a casa: un’opera d’amore ultima modifica: 2005-03-16T08:41:07+00:00 da Jane Gross

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