Quali sono i sintomi dell’autismo?
L’osservazione attenta dei bambini e la testimonianza di persone autistiche che hanno l’uso del linguaggio ci mostrano l’intersecarsi di molte variabili.

  1. Il bambino si chiude in una sola stimolazione. Per esempio guarda a lungo il lampadario sul soffitto, la lampada che vi è appesa, oppure si dedica a interminabili allineamenti… Questo stimolo percepito o questa informazione integrata si annulla molto lentamente e imprigiona il soggetto in una richiesta ripetitiva della stessa sensazione.
  2. Le modalità di integrazione sensoriale e percettiva che gli permettono di rappresentarsi il mondo sono anche queste molto pericolose: sensibilità sonora esasperata, approcci visivi laterali che privilegiano il piano dell’oggetto.
  3. Molti stimoli e molte informazioni fornite simultaneamente, gli recano disagio e anche vera sofferenza. Il soggetto vive una vera invasione che scatena chiusura e paure. Le emozioni sono mal gestite: spesso sono conservate all’interno e bruscamente, per ragioni apparentemente futili, esplodono.

Tutti questi elementi producono conseguenze sullo sviluppo dell’identità, sia che si tratti della presa di coscienza del corpo, del radicarsi nello spazio, di modi di relazionarsi, della forma del pensiero ecc.

Secondo la ricerca attuale, quali sono le cause più probabili dell’autismo?
L’autismo deve essere considerato prima di tutto come un disturbo neuropercettivo. Si eliminano ora formalmente i fattori affettivi: i genitori non sono assolutamente responsabili. Anche se non bastano a spiegare tutto, si sa che ci sono cause genetiche: tra i gemelli omozigoti, il secondo ha una grande probabilità di essere colpito da autismo. Quanto ai fratelli, se c’è un figlio colpito, si rischia di averne altri se non autistici almeno con un certo numero di disturbi cognitivi.

Con la diagnosi cerebrale attuale, si vede bene che le zone cerebrali dell’autismo non funzionano bene. Durante la vita fetale noi organizziamo i circuiti neuronali con dei neuroni che spariranno a poco a poco per far posto a zone specializzate… Questo meccanismo sembra turbato negli autistici. È l’ipotesi più probabile anche se ci sono altre spiegazioni possibili.

I comportamenti autistici

Nella diagnosi di autismo si osservano i comportamenti che interessano tre aree principali:

  • Problemi del contatto e della relazione sociale. Il bambino sembra rifiutare il contatto.
  • Problemi della comunicazione, che tocca il linguaggio e la comunicazione non verbale, come l’ecolalia: ripetizione di parole o frasi… come un’eco.
  • Interessi limitati o comportamenti ripetitivi. Il bambino orienta i suoi interessi verso un oggetto escludendo gli altri.
  • Altri eventuali problemi: del sonno, sensoriali, ritardo mentale.

Perché i medici spesso impiegano molto tempo nel riconoscere l’autismo nel bambino?
Attualmente la diagnosi può essere precoce. Disponiamo infatti, per i bimbi piccoli, di mezzi di accertamento e di osservazione che permettono di scoprire sul bambino di meno di due anni anomalie di comunicazione.
Un bambino che non guarda, che tende ad avere piccoli gesti stereotipati… Si può dire se il bambino non si sviluppa bene e sembra presentare segni della serie autistica. Ma ci sono molti altri disturbi che possono dare questa impressione: la depressione infantile, i disturbi dell’attaccamento, alcuni ritardi di maturazione. Da qui la prudenza dei medici. In generale verso i due anni e mezzo possiamo dire che il bambino è nella sfera autistica e va trattato come tale.

Tutte le persone autistiche soffrono del loro disturbo?
Tutto dipende dalla profondità dell’autismo. Gli autistici molto profondi, che non arrivano a dare un senso a quanto li circonda, sembrano relativamente felici. Ma ci sono forme più leggere di autismo nelle quali il bambino ha difficoltà di comunicazione reciproca, anomalie nei modi di esprimersi, comportamenti ripetitivi. Questi giovani poco alla volta prendono coscienza che non sono come gli altri, che fanno fatica ad entrare in relazione di gioco, o farsi degli amici, che subiscono scherni a scuola. Hanno bisogno di essere sostenuti, accompagnati, rivalorizzati in modo da non trovarsi nella solitudine che li fa soffrire.

Qual è l’aspetto più difficile da vivere per i genitori?
È difficile innanzitutto accettare la parola “autismo” che fa paura, dice che qualcosa di cronico si svilupperà. Questo non significa che non si possa far nulla, ma gli autistici profondi sono persone che resteranno molto handicappate; i più lievi conserveranno anomalie della comunicazione. Le équipes di valutazione devono sostenere molto e bene; devono saper dire: Sì, è un soggetto autistico… ed evocare i problemi che questo handicap porrà, ma anche le forze che poco per volta si scopriranno nella persona, ciò che emergerà grazie ad una presa in carico educativa precoce. Tutto ciò deve essere elaborato con i genitori per portarli a capire meglio il figlio, perché non sia quell’esserino strano, quell’extra-terrestre che non si riesce a capire. Sono spesso bambini che vogliono controllare tutto, che non sopportano i cambiamenti. Vorranno sempre seguire gli stessi riti, nel modo di alzarsi, di mangiare, di seguire sempre lo stesso tragitto in macchina. Per contro, certi autistici adolescenti sono a volte violenti, impulsivi quando ci sono dei cambiamenti troppo importanti o che li turbano. Da qui la grande solitudine dei fratelli. Tutto questo richiede un gran sostegno, non solo a parole ma nel quotidiano.

Qual è il metodo educativo che dà migliori risultati?
Non esiste un metodo educativo, ma un insieme di mezzi da mettere in atto. Ciò detto, ora si parla molto del metodo Teacch, ispirato al comportamentismo. È un metodo interessante all’inizio dell’intervento e nel caso di autismo profondo. L’idea è che non ci si opporrà allo stimolo entro il quale il bambino si chiude, del tipo “girare uno spago”. Gli si accorderà questa possibilità solo se accetterà qualcos’altro. “Fa questa cosa e ti ridò il tuo spago”. Poco alla volta si varieranno gli stimoli e si cercherà di aprire il mondo di questo bambino.

Ma questo metodo non basta. Tutto ciò che è psicomotricità, packing (stimolazione di freddo), massaggio… permette al bambino di prendere coscienza del proprio corpo e di ciò che lo circonda. Ci sono poi approcci ortofonici per insegnare a indicare le cose che lo circondano. Si potrà inserire qualche bambino, che ha la tendenza a restare chiuso nel suo mondo, in piccoli gruppi che gli diano dei punti di riferimento nel comportamento. Bisogna partire da una valutazione: a che punto si trova? quali sono le forze che appaiono? C’è risposta solo personalizzata: ogni bambino è unico e particolare.

A cura di Cvril Douillet, 2005

Autismo: un altro modo di percepire il mondo ultima modifica: 2005-03-16T10:45:18+00:00 da Michel Lemay

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.