La scoperta

Sono trascorsi due giorni dalla fine del pellegrinaggio e ancora mi sembra di sentire nell’aria i canti di Assisi. Mi ricordo quando Testate di tre anni fa, vi dissi che mi avrebbe fatto piacere conoscere la vita di Fede e Luce; mi esortaste a tener presente che molti giovani che si avvicinano a questo mondo, dopo poco se ne allontanano.
Mi rendo conto che anch’io, all’inizio, non avevo compreso fino in fondo il significato di ciò che facevo: lo percepivo con la mente, ma ancora non lo sentivo col cuore. Forse perché a volte trascuravo l’essenziale soffermandomi troppo su ciò che era visibile, guardavo lontano per trovare le parole e i comportamenti più giusti invece di scavare dentro di me per tirar fuori ciò che avevo da dare.
Col tempo ho scoperto la gioia autentica degli incontri in comunità. Il divertimento di una serata trascorsa in pizzeria a scherzare con gli amici spesso finisce nel momento in cui si torna a casa; l’allegria di Fede e Luce invece riesco a incamerarla nel cuore e rimane con me a lungo infondendomi serenità.
La sera della veglia nella Basilica di Assisi vedevo la luce blu della notte che filtrava dal rosone della facciata, sentivo quel canto sottile e corale; mi ha invaso una pace vera e profonda, ero come se conoscessi tutti coloro che erano lì. Giancarlo mi guardava, credo che anche lui provasse le stesse sensazioni.
Federica

Ora mi sento più sereno

Ho letto con molta attenzione un paio di articoli particolarmente interessanti del primo vostro numero di quest’anno.
Il primo articolo parla dell’educazione sessuale delle persone disabili. È un tema molto difficile perché molte famiglie sono incapaci di parlare di queste cose intime con i propri figli; forse anche loro sanno veramente poco su questo argomento.
Ritengo che questi articoli, oltre ad essere interessanti per i ragazzi disabili, sono utili anche ai genitori e agli operatori perché li aiutano a capire come affrontare questi argomenti tanto delicati.
Anch’io sono un ragazzo molto timido e non voglio parlare di certe cose in pubblico, ma sono contento di parlarne con voi perché trovo che tutto è più semplice e chiaro senza timori di essere giudicati male.
Sono rimasto colpito anche dall’articolo su «come si passa dall’età adolescente all’età adulta».
Da molto tempo, cercavo delle letture che potessero aiutarmi a capire e riflettere su ciò che succede dentro di me senza rendermene conto.
Grazie a questo giornale devo dire che mi sento più sereno e meno complessato ad aprirmi perché ho capito che tutto questo è un fatto naturale di cui non bisogna vergognarsi.
Vi dico grazie di cuore e un buon proseguimento di lavoro.
Donato Di Giacomo

«Mi hao ma?»

Rachelle. un’amica di Ombre e Luci , mamma del piccolo Nicolas , ci scrive da Pechino. Rachelle, di origine malgascia è vissuta in diversi paesi e a Roma, fino a quasi un anno fa.
«Adesso, dopo un mese di terapia regolare, la gente comincia a conoscerci e noi a conoscere loro. Per esempio, durante l’ora di piscina questa mattina, una mamma è venuta verso di noi dicendo il nome di Nicolas con un sorriso amichevole: “Nicolas, Nicolas mi hao ma? (come stai?)”. Ho imparato anche a rispondere:  Hao, hao, mi na?” E lei rideva contenta.
Al suo bambino piace nuotare, come al mio. Siamo talmente diverse dal punto di vista del paese, della cultura, dell’educazione, ma poi sentiamo questo forte legame fra di noi: abbiamo un bambino handicappato; tutte e due siamo in pensiero per il loro futuro e il loro sviluppo, ci chiediamo se ci sarà un posto per i nostri figli nella società di oggi e di domani.
Rachelle

I miei suggerimenti
Carissima Ombre e Luci,
esprimo senz’altro il mio più sincero apprezzamento per la rivista che trovo ottima se non altro per il cuore da cui tutto scaturisce e con cui tutto viene proposto.
Ecco dei suggerimenti.

  1. Sarebbe opportuno che, accanto alle esperienze riguardanti il modo di vivere un handicap, si fornissero delle «schede», chiamiamole mediche e di comportamento, che mettessero in luce le caratteristiche principali di un handicap oltre che i comportamenti più opportuni da tenere per far raggiungere risultati migliori al soggetto portatore di handicap.
  2. mi sembrerebbe anche opportuno che la rivista pubblicasse indirizzi di Centri specializzati relativi al particolare handicap che di volta in volta è affrontato.
  3. Potrebbero essere favoriti incontri, nelle varie zone, tra famiglie con problemi simili. A questi incontri potrebbero portare un loro contributo esperti in campo religioso, sociale e medico.
  4. Potrebbe essere incrementata la pubblicazione di esperienze di catechesi di soggetti portatori di handicap e una «auspicata pastorale» per tali soggetti.

Maria Aliano

  1. L’idea è buona, ma non riteniamo di avere la capacità professionale di dare, a partire da esperienze vissute da genitori o amici, delle regole così delineate. Speriamo però che molti trovino in queste esperienze non solo occasione di commuoversi, ma un motivo di riflessione e di incoraggiamento a provare certi modi di affrontare la situazione dei loro figli con più sicurezza e più speranza.
  2. Anche su questo punto siamo d’accordo e infatti abbiamo provato in due modi:
    • pubblicando alcuni numeri monografici su un handicap particolare;
    • proponendo ai lettori, in quasi tutti i numeri, la presentazione di un centro, scuola, laboratorio, casa famiglia, ecc. visitato da noi e ritenuto valido. Di regola nella descrizione vengono indicati i tipi di handicap presi in carico.
  3. Su questo punto pensiamo che le varie associazioni (di categoria oppure no) tipo ANFFAS, AIAS, BAMBINI DOWN, ecc. siano meglio preparate e attrezzate per soddisfare questo bisogno che ci sembra molto reale.
  4. Su quest’ultimo punto siamo ancora agli inizi anche se abbiamo pubblicato vari numeri dedicati alla catechesi delle persone disabili che potrà richiedere per telefono o scrivendo alla Redazione.

 

Dialogo aperto n. 50 ultima modifica: 1995-06-02T11:32:48+00:00 da Redazione

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