Noi mamme al Sempione

Mi piace raccontare dell’esperienza vissuta al Sempione in occasione di una settimana di formazione per «Fede e Luce», alla quale, per grazia di Dio, ho partecipato.
E’ venuta alla fine di agosto, quando appagata la voglia di «vacanza», si ha il bisogno di stare con se stessi. E il luogo era ideale: intorno all’antico e straordinario Simplon Hospiz, dove alloggiavamo, facevano corona le nevi eterne dei ghiacciai che davano vita a ruscelli ricchi di acqua freschissima i quali, quando erano stanchi di capriolare in numerose cascatelle, si adagiavano in comode conche formando caratteristici laghi alpini…
Ero circondata da tanti giovani accomunati da un unico denominatore: la grande voglia di vivere ma anche la determinatezza nel voler coinvolgere in quel loro turbine gioioso anche coloro che da soli non ce la potrebbero fare. Che bellezza! E’ questa la capacità di gustare il giusto sapore della vita.
C’eravamo noi, cinque mamme impegnate a mantenere con disinvoltura il ritmo sostenuto con cui erano programmate le varie attività della giornata: dirò che non ci siamo tirate indietro neanche di fronte alla scalata della cima più alta (o quasi), nè di fronte alle danze più sostenute o ai canti dei tardi dopocena.
Eravamo simpatiche, modestamente noi mamme! Sempre con il sorriso sulle labbra e con dentro l’immagine più felice dei nostri figli lontani.
Ma soprattutto c’era la «parola» dei relatori, pacata ma sicura, forte ma dolce, con la quale siamo daccordo nel credere come sia necessario rinnovarsi ma anche come ciò sia possibile solo se alla base c’è una realtà che si fa storia, radice e per ciò stesso si fa maestra e nutrimento.

Vittoria Episcopiello – Bari


Tre tesori di fratelli

Ciao a tutti voi, amici dai mille volti e mille storie. Rileggendo le vecchie pagine di Ombre e Luci, mi è venuta la voglia di farmi conoscere.
Sono Luciana, una giovane come tante che vive l’esperienza dell’handicap in famiglia e al lavoro. Ho 29 anni e ho avuto la fortuna di avere tre tesori di fratelli: Enzo, il maggiore, salito al Padre diciotto anni fa. Giorgio di 31, e Cristina di 25. Tutti e tre handicappati gravissimi in seguito ad una encefalite postnatale.
La loro presenza è preziosa, ricca di significato, di umanità e di mistero. Sono i maestri più in gamba che abbia conosciuto. tante volte, guardandomi attorno, mi sono sentita soffocare dalla tristezza, dalla solitudine, dal dolore. Tante volte una domanda mi martellava dentro: perché così tanti? Perché proprio a me la salute?
Domande che hanno trovato risposta solo nella fede, solo nella preghiera e nell’ascolto della parola di Dio.
Quante volte ho gridato a loro: «Perché non parlate?». Ma la luce della fede mi ha fatto udire la loro voce: sì, Giorgio e Cristina sono oggi per me il Vangelo incarnato. Persone dolci, sensibili, innocenti, gioiose, che accolgono la vita come un dono, e condividono a braccia aperte la croce di Cristo.
Non pronunciano parole con la bocca, ma parlano con tutto il corpo, con sorrisi, sguardi, affetto; non cammino, ma aiutano a camminare coloro che umilmente si avvicinano, donando serenità e semplicità; non corrono, ma seguono con lo sguardo attento, profondo e umile; non si nutrono, ma danno cibo di umanità sincera a chi si siede al loro fianco; non piangono, ma soffrono in silenzio da una vita intera abbracciando un letto o una carrozzella.
Certo che la vita di questi ragazzi, come di moltissimi altri, è lunga da narrare e un libro non basterebbe, perché ogni giorno è ricco di sofferenza e di gioia, di sacrifici, di rinunce e di conquiste. La vita, così paralizzata, vista e letta sotto un’ottica di perfezionismo e di successo, può essere solo un fallimento e un’inutilità, ma guardata con Gesù, acquista significato pieno, diventa Beatitudine.
«Beati gli afflitti, perché saranno consolati, beati i miti… beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati i puri di cuore perché vedranno Dio».

Luciana Spigolon


Vedo i miei figli tanto tristi

E’ passato tanto tempo da quando ho ricevuto la vostra gradita lettera e vi avrei dovuto rispondere prima, ma voi sapete gli intoppi che ci sono nelle nostre famiglie. Prima sono stati malati i ragazzi, poi 10 sono caduta e mi sono rotta 11 braccio destro; ora che vi scrivo sono malata, ho preso una maledetta bronchite; come si dice: al malato zoppo non mancano le mosche.
Qui da noi non ci sono ancora comunità che si occupano del nostro caso e vorrei che veramente venisse fuori qualcosa; che potessero occuparsi un po’ dei nostri figli che ne hanno tanto tanto bisogno, io vedo i miei figli tanto tristi perché si sentono abbandonati. Loro vorrebbero una macchina con un autista a loro disposizione che li portasse in giro; allora sarebbero altre persone, ucciderebbero il tempo dimenticando la loro sofferenza, ma questo è un compito da persone giovani. Mio marito ha 77 anni e poi non è capace di occuparsi del caso. Io il dieci di questo mese ho fatto 71 anni e sono sofferente di tanti guai; appena prendo un po’ di freddo mi si chiudono i bronchi e non servo proprio a niente. Ho troppo combattuto per questi figli, ho lavorato tantissimo, come una schiava, oltre a questo per trent’anni ho assistito anche mia mamma malata; ho pregato e piangevo disperatamente con il pensiero che quel mio grande esaurimento mi toglieva la speranza di compiere quella mia missione e quel mio dovere di mamma e di figlia; ma la missione di mia mamma, grazie alla Madonna che mi ha dato la forza e la pazienza, l’ho portata a termine degnamente.
Vorrei che ogni cristiano compisse il proprio dovere verso i figli e i genitori. Se ci penso mi sento impazzire con questa società di oggi così sballata, che i genitori sono abbandonati e anche tanti figli handicappati, abbandonati, trascurati come cani. Ma ci dobbiamo veramente vergognare.
Scusatemi se vi ho fatto un testamento, ma non sono io che parla ma il mio cuore.
Con la pubblicazione di Ombre e Luci, tanti ragazzini hanno scritto a Lucia e a Luigi; una famiglia di Cuneo ha mandato un pacchettino di bonbon, quelli cioccolati grossi.
Come mi dicevate che mi facevate una segnalazione presso la Caritas di Cosenza, non abbiamo visto niente. …A tutti della redazione saluti da…

Marietta Martino

Possono i nostri lettori continuare a scrivere a Lucia e a Luigi , a mandar loro delle belle cartoline? Noi continueremo a cercare una soluzione concreta d’aiuto per lei, carissima amica, e per i suoi figli.


Villaggio per vacanze di persone handicappate

Un caldo saluto a tutti voi di Ombre e Luci.
Mi ha fatto molto piacere ricevere la vostra rivista e penso che sia un ottimo appoggio a tutte quelle famiglie che convivono con il mondo dell’handicap.
Molto utili le testimonianze, i problemi, le dispersioni di queste mamme e di queste famiglie.
Ma forse quello che manca è proprio la speranza, la gioia e la serenità che si riceve da queste persone che tanto hanno da insegnare a tutti noi.
Ho avuto la fortuna di conoscere questo mondo grazie ad una cooperativa bolognese «Simpatia e Amicizia» e ringrazio sempre il Signore per questo meraviglioso incontro. Vi mando qualche notizia su questa Cooperativa e sul Villaggio che hanno potuto costruire con l’aiuto della Provvidenza.
È molto bello passarci le vacanze e magari ai nostri lettori potrebbe interessare.

– Catia

Per chi fosse interessato, ecco alcune note sul Villaggio.
Villaggio senza barriere Pastor Angelicus, voluto per le persone che portano handicap, bambini, giovani, anziani, per le loro famiglie, amici e accom pagnatori. Indirizzo: Frazione Portolani di Savigno (BO) – Tel. 051/670.61.42. È sul’Appennino bolognese a mt. 700. Sede di Bologna: Via Barberia, 24 – Tel 051/32.25.81.
Lospitalità al Villaggio viene data per tempi brevi a rotazione in ogni tempo delTanno in appartamenti arredati, con cucina, soggiorno, e servizi, nei quali gli ospiti si autogestiscono, con la possibilità di servirsi del ristorante. In particolare i soggiorni sono organizzati dalla Comunità del Villaggio nei mesi estivi e nelle feste natalizie e di Capodanno. In questi periodi si accolgono campi di scuole che condividono la vita del Villaggio.


Scrivetemi: sono sola

Ciao a tutti,
sono Michela, una bambina di undici anni; io non sono malata di mente, ma non posso camminare, cammino con i canadesi e attaccata al tavolo. Anch’io, come la famiglia di Silvia sono sola, non viene mai nessuno, e se qualcuno viene è per farmi la «carità» o per sfruttarmi; infatti ho conosciuto un bambino che invece di volermi bene, pretendeva il pranzo e la cena e i regali oppure ancora per impicciarsi dei fatti nostri.
Qualche volta vengono delle fanatiche di chiesa per dire il rosario e la messa cantata; mia madre chiede se possono venire le figlie a giocare con me, loro rispondono di pregare che ci pensa Dio. Ma dove sta Dio?
Io ci credo ma fino a un certo punto, perché se Dio mi volesse bene, in questo guaio non mi avrebbe messo. Infatti mio padre dice: «Pregano i morti e sotterrano i vivi».
Qualche volta sento il citofono, salto dalla gioia, ma spesso dura poco perché sono quelli di sopra senza chiavi per farsi aprire. Penso: «Perché non si fanno aprire dalle amiche, amiche per dire, perché ognuno fa comodo all’altro. Ogni «morte di papa» viene Lina, la signora di sopra; è molto fanatica sul modo di abbigliamento, parla solo di quello.
Non per dire una mia compagna ex di banco che piangeva sempre, quando l’hanno cambiata di posto non piange più.
E’ proprio per questo che ho scritto, perché vorrei che Silvia, il fratello e tutti quelli che hanno il problema fisico e che leggono Ombre e Luci, mi scrivano. Voglio tanti amici di lettera, anche stranieri che potranno avere lettere in inglese.

Michela Napoleoni

Cara Michela, grazie per la tua lettera sincera: manifesti bene la tua delusione per avere poche visite di amici della tua età. Io penso che ne verranno altre ma solo se saprai accettare gli altri con i loro limiti e i loro difetti. Nessuno è perfetto. Spero che qualche lettore giovane si faccia vivo con te.


Non potete immaginare

Non ricevo Ombre e Luci da più di un anno: motivi economici non mi hanno permesso di rinnovare l’abbonamento. Sono sempre affezionata a Ombre e Luci e ne sento la mancanza. Leggo e rileggo i numeri vecchi che conservo gelosamente.
In una mia lettera vi parlavo della mia esperienza in famiglia a stretto contatto con mia sorella Anna Maria malata già dall’età di undici anni. Cos’è cambiato da allora? I miei dubbi, i miei timori ci sono ancora; la paura del domani, dell’oggi, sentimenti molto umani però filtrati dalla fede; una fede consapevolezza del presente e certezza della presenza divina.
Questa fede mi ha dato la spinta per fare qualcosa. A fine anno la nostra Chiesa ha organizzato un congresso per i giovani. Ci sono andata con un’idea: ho preparato un piccolo stand con vendita di biglietti augurali adatti per scambi affettuosi tra i giovani cristiani. Ho raccolto 320.000 lire, ma ciò cui tenevo molto era promuovere tra i giovani la cultura dell’handicap. Per timidezza non ho parlato in pubblico, ma allo stand avevo, tra le altre riviste sull’handicap, Ombre e Luci. Non potete immaginare la mia gioia quando i ragazzi si avvicinavano per comprare e mi chiedevano informazioni sulle riviste.
Ho raccolto questi indirizzi che vi mando: sono persone che hanno espresso il desiderio di abbonarsi; altri hanno preso l’indirizzo; lo faranno personalmente.
Per finire riporto parte di una lettera che mi è arrivata qualche giorno fa da un ragazzo conosciuto al congresso. Dice così: «…e specialmente ti ringrazio per avermi fatto partecipe dell’amore che hai per i ragazzi con handicap. Sai, quando leggevo i giornalini che mi hai dato, ho pianto; quando leggevo storie di ragazzi così diversi, con tanto problemi, non riuscivo a capire come si può essere così distaccati; anch’io pensavo di essere a posto con me stesso per l’impegno che ho in chiesa nelle varie attività; intanto ho capito che sono io ad aver bisogno di lui, e che per lui posso fare molto di più. E questo è un impegno che ho preso con me stesso e con il Signore. Lui si chiama Mario e dalla nascita è sulla sedia a rotelle; non parla ma si fa capire a gesti… Per tutto questo ti sono grato dei giornalini che mi hai fatto leggere. Grazie».

Enza Cavaliere

Grazie a te per l’esempio che dai e che speriamo sia seguito da altri. Per l’abbonamento, non ti preoccupare. Sei di nuovo fra gli abbonati. A questo servono gli abbonamenti sostenitori.

Dialogo aperto n.37 ultima modifica: 1992-03-05T07:45:54+00:00 da Redazione

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