“Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”. Questo è il giuramento dell’atleta Special Olympics che abbiamo di nuovo potuto sentir recitare da circa 1500 atleti da tutta l’Europa e Eurasia qui a Roma durante gli Special Olympics European Youth Games.

È stato l’evento più grande che il nostro paese abbia mai ospitato dedicato alle persone con disabilità intellettiva. Abbiamo seguito con grande piacere l’invito ad assistere all’apertura della manifestazione avendo ancora nel cuore l’atmosfera gioiosa dello scorso anno in occasione dei giochi italiani (v. O.L n.3/05).

Stavolta però c’erano atleti di altri paesi, di lingue e culture diverse, atleti dell’Ucraina, della Turchia, di Malta, della Russia…, ma la gioia e la festosità erano le stesse, perché venivano dal cuore.

Durante la cerimonia di apertura mi avevano colpito la parole di un politico che diceva: “Avete già vinto stando qui…” Lì per lì mi hanno infastidito queste parole, le trovavo superficiali e piene di pietismo e compassione, esattamente quello che questi atleti non vogliono suscitare. Questi sportivi si preparano duramente e seriamente durante l’anno per poi confrontarsi con altri coetanei.

Sono seguiti da istruttori e tecnici specializzati ed esperti come ci spiega la prof.ssa Paola Mengoni, direttore tecnico di Special Olympics Italia. Spesso gli allenatori e tecnici sono ex atleti oppure insegnanti di educazione fisica (con titoli di studio come ISEF) che seguono dei corsi di formazione e specializzazione per poter meglio accompagnare gli atleti non soltanto dal punto di vista sportivo ma più importante forse ancora dal punto di vista umano. La formazione generale è paragonabile con la preparazione sportiva giovanile e il tutto va modulato pensando che si lavora con persone adulte con le quali cambia il modo di relazionarsi. Tra tecnico e atleta, come ci si può immaginare, si istaurano fortissimi legami basati su amicizia profonda, fiducia reciproca e piena collaborazione. Lo sport — dice sempre Paola Mengoni — è quasi una scusa, anche se preparato in modo serio, per far fare un percorso di autonomia al ragazzo. In effetti poi vedendo nei giorni a seguire le varie gare e chiacchierando con diversi genitori degli atleti mi sono ricreduta sulle parole del politico e mi sono convinta che davvero loro hanno già vinto stando qui. Hanno vinto non soltanto qualche gara ma hanno vinto in modo particolare una loro autonomia personale. Sono partiti da casa, lasciando spesso i genitori, per vivere in posti sconosciuti e convivere con situazioni nuove, affrontando situazioni impreviste.

Huberta Pott , 2006

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.96

Sommario

Editoriale

Cara Nicole di M. Bertolini
Come se fosse la cosa più normale del mondo di E. Bertolini

Il Bambinello di Marija di S. Sciascia

Alzheimer: Convivere con l’insensatezza

Il passato perduto per sempre di M. Martelli
Il grande amore di sua sorella Marta di V. Giannulo
Sto diventando più umano di Jean Vanier 15
Patologie disabilitanti nell'anziano di Cristina Lo Iacono 16
...ma soprattutto è mio Nonno di Laurea Cattaneo
Così lontani e così vicini di Manrica Baldini
Ancora, sempre per mano... di Laura Broccoli
Con tutte le mie forze - Special Olympics Youth Games di Huberta Pott

Altri articoli

Il Bambinello di Marija di S. Sciascia
Dialogo aperto

Libri

In gita per il calendario! di G. Felici
Re 33 e i suoi 33 bottoni d'oro, Claudio Imprudente
Il re del mercato, G. Bernasconi
L'ardimento, Stefano Zurlo
Don zeno: obbedientissimo ribelle, Fausto Martinetti

Con tutte le mie forze: Special Olympics Youth Games ultima modifica: 2006-12-28T08:03:17+00:00 da Huberta Pott

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