Un giorno di aprile nel 2004, mio cognato Antonio arriva a casa nostra con la madre ed una valigia. Ci comunica che l’anziana signora non può più vivere da sola a causa della veloce malattia (morbo di Alzheimer) da cui è affetta, che lui non se ne vuole occupare e quindi o le troviamo noi un luogo dove potrebbero accoglierla oppure decidere di tenerla con noi. Erano circa le 11 del mattino quando sono arrivati e solo le 15 quando mio cognato è andato via.

Ed ecco come in poche ore e senza preavviso, può cambiare la vita di molte persone. Mia suocera viveva a Lecce nella sua casa vicino ai suoi familiari. Noi a Sabaudia da poco tempo avevamo costituito la nostra famiglia. Mio cognato Antonio che continua la sua vita di sempre a Venezia con la moglie e una casa molto grande e molto vuota (i loro figli vivono autonomamente). Noi in nove in una casa di cento metri quadri! Io e Paolo (il mio compagno quasi marito) felici comunque di questa presenza malgrado “l’irruzione”, ci siamo presi del tempo per capire. Inizialmente la mamma usufruiva autonomamente del bagno e aiutava nelle faccende domestiche. Rideva e scherzava. Oggi è una donna “serena” a modo suo, che parla da sola dei tempi in cui era giovane. Ora non sa più cosa sia il bagno; non è in grado di lavarsi da sola né, a volte, di mangiare autonomamente. Lei vorrebbe stare tutto il giorno seduta, bere solo acqua e mangiare dolci. Inoltre vuole stare in macchina.

Ecco, sta tutto qui ciò che rimane di una donna forte, vivace, attiva, forse sempre convinta di non aver mai bisogno di nessuno e sicuramente poco umile, stando ai racconti di Paolo. I ricordi buoni di Paolo su di lei sono ben pochi. Tanto che a 16 anni è “scappato” in Marina per andar via da lei. Oggi, come dice sempre, “mi ha acchiappato alla fine, malgrado io sia fuggito da lei per una vita intera…’

Abbiamo deciso di tenerla con noi perché, come ci è stato detto dalla psicologa del progetto Kronos, avrebbe avuto sicuramente dei benefici stando in famiglia. E poi non vorrei mai che i miei genitori, ancora relativamente giovani finissero la loro vita in un istituto e questo vale anche per mia suocera. Abbiamo scelto col cuore questo cammino tortuoso e pieno di incognite e siamo ormai proprio soli. Il progetto Kronos non la segue più a causa dell’avanzato stato degenerativo cerebrale, per cui possiamo far capo solo al medico di base (che per quanto sia tale, con l’Alzheimer poco può aiutarci).

Ora possiamo solo volerle bene e farle fare i regolari controlli sanitari.

Ma lei non lo sente più. Non sente il nostro affetto, né le nostre piccole gentilezze quotidiane. Non si accorge di un vestito nuovo o di una torta di compleanno.

A volte pensa che il figlio Paolo sia il marito e si arrabbia se abbraccia me; a volte pensa che sia suo padre. Paolo le prime volte rideva. Ora piange. A volte ha la sensazione che non sia più sua madre e si sente in colpa perché non riesce più ad abbracciarla. E mi chiede scusa per tutte le notti insonni in cui bisogna ripulire tutta la stanza, perché la mamma si è tolta il pannolone. Lo so che tutto questo può sembrare brutale ma è la nuda realtà. Ed è il motivo per cui non c’è badante che torni dopo una prima prova e non c’è istituto che possa permetterci una tregua, anche solo 10 giorni l’anno. Personalmente riesco ad essere meno coinvolta emotivamente, ma mi fa una grande tenerezza anche se a volte occorre parlarle e riprenderla come si fa con un bambino. Purtroppo il mio dolore è rivolto a Paolo, verso cui mi sento impotente quando gli si riempiono gli occhi di lacrime. I nostri figli invece pensano che ai nonni sia normale che capiti di dimenticare, di non sapersi accudire e di dover essere imboccati, per cui la trattano come una di loro, compresi gli scherzi (che lei però non ama tanto), i balli (anche se lei non si muove quasi più) e le coccole. E anche loro vivono il disagio di Paolo. Ma giorno dopo giorno è diventata una di noi ed ormai fa parte della famiglia. I disagi sono tantissimi ma a volte la sera io e Paolo riflettiamo e pensiamo. Paolo sperava che sua madre avrebbe potuto trascorrere una vecchiaia serena… lo penso che il suo “non esserci” ora, ci mancherà tanto quando non ci sarà più davvero… e ci chiediamo cosa faremo noi da vecchierelli… ed abbiamo deciso che, se Dio lo vorrà, ci terremmo ancora sempre per mano.

Laura Broccolo, 2006

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.96

Sommario

Editoriale

Cara Nicole di M. Bertolini
Come se fosse la cosa più normale del mondo di E. Bertolini

Il Bambinello di Marija di S. Sciascia

Alzheimer: Convivere con l’insensatezza

Il passato perduto per sempre di M. Martelli
Il grande amore di sua sorella Marta di V. Giannulo
Sto diventando più umano di Jean Vanier 15
Patologie disabilitanti nell'anziano di Cristina Lo Iacono 16
...ma soprattutto è mio Nonno di Laurea Cattaneo
Così lontani e così vicini di Manrica Baldini
Ancora, sempre per mano... di Laura Broccoli
Con tutte le mie forze - Special Olympics Youth Games di Huberta Pott

Altri articoli

Il Bambinello di Marija di S. Sciascia
Dialogo aperto

Libri

In gita per il calendario! di G. Felici
Re 33 e i suoi 33 bottoni d'oro, Claudio Imprudente
Il re del mercato, G. Bernasconi
L'ardimento, Stefano Zurlo
Don zeno: obbedientissimo ribelle, Fausto Martinetti

Alzheimer: ancora, sempre per mano… ultima modifica: 2006-12-28T08:03:52+00:00 da Laura Broccoli

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