Mariangela e la parrocchia di Santa Silvia: Fede e Luce, l’Alveare, la Caritas, il Consiglio Pastorale, e tanto altro. Un filo conduttore: l’ascolto, a più livelli. Ascolto delle necessità dei più deboli e dimenticati, e ascolto della Parola di Dio, stimolo, conforto, pungolo per la propria vita e per ogni iniziativa. Entrata a San Silvia con Fede e Luce, quasi da una porta secondaria, con il passare del tempo Mariangela era diventata per molti, per esempio per i membri del Consiglio parrocchiale, un punto di riferimento. Pronta prima a intervenire su ogni tema importante (dopo aver brontolato per il tempo perso su argomenti marginali) e poi a consigliare, organizzare, farsi carico dei problemi in prima persona.

Circa quarant’anni fa, Mariangela e Paolo chiesero al parroco don Antonino di ospitare nei locali di Santa Silvia gli incontri mensili di una comunità di Fede e Luce. Don Antonino, con l’apertura e l’attenzione verso tutti che lo distinguevano, mise inizialmente a disposizione una sala per le riunioni, ma fu presto così coinvolto da partecipare personalmente a ogni “festa”, diventando, potremmo dire, il primo amico e consigliere della nostra comunità.

E i parrocchiani si abituarono a vedere, una volta al mese, Fede e Luce – ragazzi, amici, genitori – ai primi banchi della chiesa, animatrice della messa di mezzogiorno. Ma non era dovunque così, come imparammo negli incontri con altre comunità, spesso costrette a difficili e imbarazzanti ricerche di spazi fisici e di comprensione umana. Mi piace ricordare che quando nel 1987 don Antonino fu trasferito in un’altra parrocchia, Mariangela e Paolo furono inizialmente così dispiaciuti che Paolo (proprio lui, sempre rispettoso dell’autorità) si domandò se non fosse il caso di scrivere al vescovo per “protestare”. Fortunatamente, anche il nuovo parroco, don Benedetto, fu grande amico e sostenitore di Fede e Luce. In quel periodo, la Comunità Fede e Luce di Santa Silvia, divenuta molto numerosa, diede origine alla Comunità di San Gregorio, si sviluppò il laboratorio dell’Alveare, nacque la Casa-Famiglia del Carro.

Don Benedetto (e poi don Paolo) vollero coinvolgere ancora di più Mariangela anche nelle altre attività della Parrocchia, dalla commissione Caritas al Consiglio. E qui si deve subito chiarire un punto. Mariangela era sì, nel Consiglio, come rappresentante di Fede e Luce o della Caritas, ma non vedeva il suo compito come di un rappresentante “sindacale”. I suoi interventi cercavano di portare nel Consiglio quello stesso spirito che la animava e che animava Fede e Luce: il desiderio di approfondire ogni giorno di più le radici della propria fede, di motivare le proprie azioni, di saper guardare in modo speciale ad ogni persona, perché ognuno è speciale agli occhi di Dio. Mi è difficile un discorso organico, ma vorrei ricordare qualche episodio specifico.

Si discuteva della ristrutturazione della chiesa; si parlava di marmi, balaustre, banchi, cibori, e… dei relativi costi. Mariangela intervenne per dire che si poteva fare tutto, senza sprechi ed eccessi, ma che soprattutto avrebbe voluto che il pulpito fosse il più alto possibile e l’impianto di amplificazione di buona qualità: la Parola di Dio doveva risuonare chiara e forte, doveva essere ascoltata e “vista” da tutti, anche dai più bassi. E i lettori dovevano essere ben preparati!

Negli incontri di Fede e Luce ascoltava tutti e parlava a tutti. Solo lei, in certe situazioni, aveva le parole per un genitore sofferente o per un ragazzo in difficoltà. Ma ricordo anche, in consiglio pastorale, una certa insofferenza verso discorsi retorici, e verso errori di italiano da parte di studenti liceali o universitari (non era snobismo; era, direi, pretendere un certo impegno da parte di chi può permetterselo; forse la “deformazione professionale” di una professoressa).

In un Consiglio, una decina di anni fa, si parlava di nuove iniziative a favore degli anziani. Qualcuno proponeva attività ricreative, in concorrenza con il vicino Centro Anziani. Mariangela prese la parola: “Mi piace cantare, ballare, divertirmi, ma, come anziana, chiedo alla Chiesa qualcosa di diverso e di più: di prepararmi a morire bene!”

Un cruccio di Mariangela nel rapporto con Santa Silvia, che pure accoglieva con affetto Fede e Luce, riguardava la difficoltà di coinvolgere i giovani nelle attività di Fede e Luce e della Caritas. Un esempio: su sollecitazione della Caritas, don Benedetto e Mariangela proposero al Consiglio Pastorale di trasformare un ripostiglio in locale docce per persone senza fissa dimora. Non se ne fece nulla: furono sollevate obiezioni, distinguo, difficoltà logistiche. Ricordo il disappunto di Mariangela. Era in anticipo sui tempi: qualche giorno fa abbiamo saputo che il papa ha ordinato di realizzare docce in locali prossimi al colonnato di San Pietro!

Per concludere, un ricordo per me indelebile ed emozionante. Non so se fosse una riunione parrocchiale o un incontro di Fede e Luce. Mariangela reinterpretò l’Annunciazione e il Magnificat, in un coinvolgente monologo. Credo proprio l’esempio di Maria, serva del Signore, che poi esulta in lui, Salvatore, soccorritore misericordioso, che rovescia certezze e inverte priorità, fosse per lei continua sorgente di conforto e di ispirazione. Non a caso, il Magnificat è il canto preferito delle Comunità di Fede e Luce.

Stefano Atzeni, 2014

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.128

Mariangela, l’inizio a Santa Silvia ultima modifica: 2014-12-15T07:36:23+00:00 da Stefano Atzeni

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