Marco ha trentaquattro anni e ha un lieve ritardo mentale. Ha parlato e camminato a più di tre anni ed è stato molto lento in tutte le fasi della crescita. Di carattere chiuso e silenzioso, ha sempre avuto difficoltà di comunicazione. Cosciente della sua diversità, si è spesso tenuto in disparte, rimuginando la sua inadeguatezza con scoppi improvvisi di ribellione. La zia ricorda ancora con commozione il momento in cui Marco le portò una delle ultime pagelle della scuola media. Mentre la leggeva lui si nascose sotto al tavolo e lì si mise a girare a quattro zampe continuando a ripetere «Marco è bravo! Bravo, bravo!» I suoi problemi erano numerosi. Fu seguito da uno psicologo, passò poi a un altro terapeuta, poi a un’altro ancora. È cresciuto in una famiglia affettuosa e paziente che per lungo tempo non ha voluto riconoscere il suo handicap pensando a un problema di carattere che si sarebbe risolto con il passare degli anni. A vent’anni è stato visitato da uno psichiatra che lo ha definito un ragazzo «labile»: ha aggiunto che il tempo prezioso per una educazione specifica era ormai passato e che non rimaneva che metterlo al lavoro. Ma quale?

Dopo il servizio militare che, malgrado tutto, si svolse senza incidenti, Marco iniziò alcune attività semplici, come aiutare in pizzeria, nei traslochi, o fare il commesso. Era forte e volonteroso, ma cambiò spesso datore di lavoro.

Il padre, un alto dirigente d’azienda, desiderava per lui una scuola alberghiera. La prova andò male. Marco continuò a fare il commesso.

Fu allora che incontrò Daniela. Avvenne circa otto anni fa: Marco andava a portare le ordinazioni del negozio di alimentari dove lavorava e, quando le portava a lei, si fermava a chiacchierare sul pianerottolo. E chiacchierava davvero! Daniela era un pò simile a lui: forse anche di lei il famoso psichiatra avrebbe detto che era «labile». Era una ragazza molto povera che la mattina presto andava a pulire la sala di un cinematografo e poi stava in casa ad aiutare la madre anziana. Anche lei aveva sorelle più «intelligenti», tutte sposate. Anche lei si sentiva emarginata e scontenta. Fu un amore grande, un’incontro vero tra due persone che si capivano. Marco si trasferì in casa di Daniela. Il padre di lei gli procurò un posto di scaricatore di camion.

Oggi Marco lavora di notte e dorme di giorno sul divano del soggiorno di Daniela. È contento. Spesso ritorna a casa sua per una cena o una festa e porta con sé la sua ragazza. I familiari sperano che ritorni definitivamente perché non hanno mai veramente accettato Daniela. Ma Marco probabilmente non tornerà. L’amore e un lavoro soddisfacente hanno dato un indirizzo chiaro e positivo alla sua vita.

Maria Ricci, 1998

Marco e Daniela ultima modifica: 1998-03-04T09:47:51+00:00 da Redazione

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