Non mi è facile parlare della mia reazione all’esplosione dell’handicap di Michela. Quel periodo è ancora per me molto buio; le sensazioni troppo forti, confuse e sicuramente anche irrazionali agli occhi di quanti incontravo allora.
Ero un animale ferito: rigettavo il dolore odiando i sani. Mi era intollerante sentire qualche «mammina» preoccupata della modesta rinite del suo piccolo, quando mia figlia entrava ed usciva dagli ospedali; mi veniva in mente quanto disse il medico della clinica universitaria De Marchi in quel drammatico 12 agosto 1967 alla fine di quella disgraziata giornata. Seppure il tono era molto rispettoso di noi il contenuto era brutale, Michela ci avrebbe fatto tribolare per tutta la vita!
La rabbia di non essere stati ascoltati da specialisti più volte interpellati sui nostri dubbi. Cosa aveva giovato preoccuparsi ancor prima di sposarsi? Che senso aveva avuto il non prendere neanche un’aspirina durante la gravidanza?
Eravamo piombati nel tunnel dell’handicap e ci abbracciavamo piangendo. I conoscenti ci dicevano «poverini»… lo zio prete ti confida che sei stato molto provato.

Qualche amico rimane addirittura infastidito della tua vicenda, quasi temendo di venire contagiato. Dio in tutto questo dove stava?

Lui mi chiama alla pienezza della vita vera… allora Gli offro la mia incompiutezza, sapendo che domani mi sarà dato di accedere al senso del mio soffrire e alla gioia di poter correre negli infiniti spazi del paradiso

Oggi dal nostro osservatorio di 26 anni di handicap, non riesco personalmente a riprendere i ricordi dei rapporti che avevo con Dio. Ero una bestia ferita; una ferita che (non certo per compiacimento) ancor oggi è pronta a sanguinare. Le basta poco: una cattiveria del prossimo, una crisi convulsiva.
Il rapporto con Dio è quel grido, quell’agitarsi per cercare di capire; ma… non capisci nulla.
Oggi però posso dire che comunque la provvidenza ha fatto sì che alcune persone a noi vicine, aiutandoci fanno sì che il presente sia vivibile e le fatiche del quotidiano siano sopportabili per non uccidere la speranza del domani. Questo ha anche provocato la possibilità di vivere la speranza terapeutica e nei momenti passati hai avuto la possibilità di sperare che tua figlia potesse avvicinarsi alla normalità. Col tempo poi arriva la disillusione, ma in un certo senso la accetti di più. Pensando bene, in quel tempo Dio non l’ho sentito vicino a punzecchiarmi o a punirmi, o indifferente a tutto quello che mi cadeva addosso. Non so se è stato un bene od altro; oltre tutto la vita spirituale d’allora era arida e solo dopo qualche anno sono rinato alla «grazia».
Ancor oggi, pur nella rassegnazione, non sopporto di vedere soffrire Michela — mi sento impotente; ed è solo la confidenza in un Dio che per amore ha mandato il suo unigenito che attraverso la condivisione della nostra condizione umana ci ha riscattato fino alla sua morte in croce; ripeto è solo questa confidenza che fa sì che quando sono davanti al dolore di mia figlia, mi viene spontaneo pregare.
Probabilmente ho deluso qualcuno perché allora non intavolai un furioso colloquio con Dio, non reclamai a Lui quanto uno si aspetti dalla vita (vita che ha in sé un aspetto promettente per poterla vivere); al Dio creatore della vita, nel Suo Figlio che nel vangelo vuole che la nostra gioia sia piena e che invece scopriamo di essere immersi in una ingiustizia strutturale neH’umano. Ecco, oggi, pur credendo di non meritare, Lui mi chiama alla pienezza della vita vera ed allora gli offro la mia incompiutezza, fragilità, ben sapendo che nel domani mi sarà dato di accedere al senso del mio soffrire e la gioia di poter correre, tenendoci per mano, io, mia moglie, Michela in mezzo agli infiniti spazi del paradiso.
Concludendo: sono stato capace di darvi la percezione dei miei sentimenti? sono vero?. Lo spero tanto.

Giacomo Cosmai, 1994

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.45, 1994

Sommario

Editoriale

Perché ci hai abbandonato? di M. Bertolini

Dio così lontano e così vicino

Mi sentii tradita di una mamma
Ma Lui dov’era? di G. Cosmai
A scuola con Chicco in braccio della mamma di Chicco
La fede è un incontro di J. Lebreton

Altri articoli

L’armadio dei giocattoli di M.C. Chivot
Inaugurazione di Casa Loïc di A. Mazzarotto
La tenerezza di Dio Anonimo brasiliano
Convegno sulla catechesi nell’area dell’handicap

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Proviamoci un'altra volta

Libri

Due libri sulla psicologia, P. Vitz e P.Raab
Competere col dolore, F. Guglielmotti
Il mio cielo è diverso, F. Emer
Val la pena di vivere, U. Peressini

Ma Lui dov’era? ultima modifica: 1994-03-16T17:19:38+00:00 da Redazione

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